La metamorfosi di un artista. Da Palmiro Togliatti e i CCCP Fedeli alla linea, ora con Giuliano Ferrara e Benedetto XVI… E chi votare? Ovvio, Pdl e Lega Nord
L’Emilia, si sa, è terra rossa. E Reggio Emilia, se possibile, ancora di più. Cerreto Alpi, a pochi chilometri da Reggio, probabilmente non è da meno. Soprattutto se si considera che in quelle terre appenniniche è nato, nel 1953, il fondatore del punk filosovietico, della musica melodica emiliana o, più semplicemente, dei CCCP Fedeli alla linea: Giovanni Lindo Ferretti.
Sono come tu mi vuoi
Sicuramente un esempio di fedeltà, di compattezza, di Ortodossia, per citare il nome del loro primo cd. Ortodossia verso il regime sovietico, la madre russa, il grande Pcus, Partito comunista dell’Unione sovietica. CCCP, infatti, è la traslitterazione cirillica dell’Urss, Unione delle repubbliche socialiste sovietiche.
Erano loro i suoi maestri, gli “imperatori”: Stalin, Kruscev, Breznev, un po’ meno Gorbaciov. Persino il meno noto segretario del Pcus Jurij Andropov, in carica dal 1982 al 1984, fortemente reazionario e conservatore, dunque stalinista, riusciva a entrare nelle sue simpatie. Tanto che quando questi diede l’ordine di abbattere un aereo di linea coreano, pensando che fosse una spia americana, scatenando un putiferio internazionale, il vecchio compagno Lindo pensò di dedicargli la canzone, Spara Jurij.
Amava Mosca, amava Berlino (Est), amava i piani quinquennali, odiava le sale da ballo, non studiava, non lavorava, non vedeva la tv, non andava al cinema, non faceva sport. Voleva solo rifugiarsi sotto il Patto di Varsavia.
Amava, o comunque ha amato, anche il buddismo, l’ebraismo e persino l’islam, tanto da cantare Allah è grande e Gheddafi è il suo profeta.
Appunti di un viaggiatore nelle terre del socialismo reale
Viaggiava molto, comprendeva e dissentiva quando era necessario. Non tollerava alcuna divergenza. A questo proposito, il suo manifesto politico lo possiamo individuare nella canzone Cccp. In questo pezzo critica aspramente la “revisione” proposta dal nuovo segretario Michail Gorbaciov, ironizzando sulla sua figura: “L’uomo nuovo, sensazionale, la malattia della pelle localizzata, l’irripetibile chance”. Critica la Glasnost, l’apertura, la trasparenza, ancora una volta in tono satirico: «Indicare con una crocetta la qualità, la quantità desiderata». Concludendo con il suo solito motto, la sua parola d’ordine, il suo credo, la sua risposta all’occasione propizia: «Fedeli alla linea, anche quando la linea non c’è, quando l’imperatore è malato, dubbioso, perplesso».
Illuminante anche la canzone Manifesto, nella quale critica ed elogia il comunismo russo pieno di tante contraddizioni, ma inossidabile, imbattibile, imperituro: «I soviet più l’elettricità non fanno il comunismo, anche se è un dato di fatto che a Stalingrado non passano».
Insomma uno “alla vecchia”, uno di cui ci si può fidare. Uno che non ti tradirà mai. Uno che tanto non è mai abbastanza. Uno fedele alla linea.
Libera Me Domine
Ma a un certo punto arriva sulla “strada per Damasco”. E lì non c’è scampo, per nessuno, neanche per Lindo. Si cambia. E chi non lo fa? Solo gli sciocchi!
Così, quando Avvenire gli ha chiesto chi sia oggi Lindo Ferretti, lui: «Nel Te Deum può scoprirlo. Sono uno che iniziò a curiosare tra i libri dell’allora cardinal Ratzinger per capire perché molti ne parlassero male. E ora che sono tornato a casa, Benedetto XVI è il mio maestro». E la tua storia? «Ho un grande affetto per la mia storia, ma mi sento un poco coglione. Ho perso del tempo, ho fatto cose sciocche, però è la mia vita, non posso rinnegarla».
Assume posizioni clericali, filopapali e anche antiabortiste: «L’aborto è un crimine incredibile che si commette con una leggerezza credibilissima. Io non posso far altro che ribadire quello che credo: nessuno ha il diritto di uccidere un innocente», ha detto a L’Osservatore romano.
E da qui il passo è breve. Prima collabora con Comunione e Liberazione, poi con Giuliano Ferrara, poi con Silvio Berlusconi e, infine, poche settimane fa, vota Lega Nord.
Altroché uomo nuovo!
Ma forse è tutto un trucco, tutta una provocazione. Forse ci siamo cascati tutti. Forse ha soltanto finto. Per vent’anni ha meravigliosamente soppresso la sua innata spiritualità. Sempre a L’Osservatore: «Non sono mai stato ateo e ho sempre avuto una visione carnale della dimensione della creazione. Quando mi sono distaccato dalla chiesa cattolica non ho abbandonato l’idea della creazione».
Forse era solo una follia giovanile, un’intemperanza adolescenziale, un’esplosione ormonale. Quasi lo ammette, nel suo libro: «Giovanotto sono stato succube e agente di un’ideologia falsificante che estirpava, in baldanzosa marcia, ogni legame organico». Forse è così. Ma lasciamoci il beneficio del dubbio.
L’immagine: Giovanni Lindo Ferretti durante la presentazione di un suo libro (foto di Valerio Agolino).
Simone Jacca
(LM MAGAZINE n. 10, 15 maggio 2010, supplemento a LucidaMente, anno V, n. 53, maggio 2010)
Ho visto il documentario di Germano Maccioni solo qualche giorno fa, in tarda serata, al Lumière, con pochi altri spettatori. Lontano, quindi, dal clamore di quella folla che, alla prima di “Fedele alla Linea”, aveva sollecitato la mia curiosità. Più che per il personaggio in sè, incuriosita lo ero stata per non averlo mai sentito nominare, mentre, se non altro per ragioni di vicinanza geografica e anagrafica, avrei “dovuto” conoscerlo. Il presente articolo è per me di particolare interesse per fare un ulteriore passo verso la comprensione della personalità, davvero singolare e originale, di Giovanni Ferretti, del quale il documentario di Maccioni presenta un ritratto parziale, avendo scelto di sondarne il lato più intimamente umano. Ne ho colto, dapprima, un dato di coerenza che si conferma più volte, nell’arco della sua vita, e che si manifesta nell’inquieta ricerca di un punto fermo cui fare riferimento….che male c’è?! Anche il maestro Battiato cercava “un centro di gravità permanente” e aggiungeva “che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente…”. Pare, invece, che Giovanni Ferretti cambi ora idea, come si deduce dall’esauriente articolo “Da veterocomunista a Lindo Ferretti” e come emerge da tante altre pubblicazioni. Perché Lindo Ferretti concede interviste e parla tanto, spiegando le sue posizioni, quelle che persistono dagli inizi e quelle che sono o sembrano cambiate. Illustra le sue ragioni, con onestà e caparbia semplicità, ad un variegato pubblico che lo segue nelle nuove apparizioni, vuoi per umano affetto, vuoi per curiosità o per capire se c’è ancora motivo di riconoscersi in lui o se, al contrario, la delusione per il suo cambiamento sia davvero definitiva. Ferretti si chiede, e anch’io, chi sono e cosa si aspettano da lui le persone che lo acclamano, o lo assecondano, oppure lo contestano anche categoricamente e, in questo attuale stupore, a mio avviso, c’è comunque continuità con il precedente bendarsi agli spettacoli, quando il bisogno di rivolgersi alla propria interiorità prevaleva sulla necessità di condivisione con gli altri. La continua ricerca di una risposta alle proprie inquietudini sembra sfociare, di volta in volta, nell’adozione di una condotta che sia una buona rotta, una “linea”, insomma, forse efficace quanto un’altra, o forse solo temporaneamente, a quietare dubbi esistenziali pressanti. Per il momento lui ha deciso “Ogni anno mi metto ad un tavolo, tiro giù cifre per prevedere di quanti soldi avrò bisogno e quindi decido il numero di date per Giovanni Lindo il cantante”. E’ sincero, Lindo Ferretti, ma risulta inevitabilmente sfuggente, indefinibile, per un pubblico alla ricerca, a sua volta, di risposte, sicurezze, di una “linea”, insomma, che somigli maggiormente a una certezza.
Andropov reazionario e stalinista? Vabbè, ciaone.
Secondo me Ferretti è sempre stato più o meno velatamente cattolico, mi pareva che si capisse anche ai tempi dei CCCP quando sparava canzoni come Madre o Pax in Jerusalem (ancor di più nell’epoca dei CSI). Chiaramente negli ultimi anni c’è stata una degenerazione in proposito, con l’abbraccio ad un cattolicesimo bigotto e oltranzista.
Per quanto riguarda la conversione politica credo che a lui di politica non freghi più niente ormai da molti anni, interessano solo il cattolicesimo, i cavalli e le montagne, e da buon qualunquista non vota più a sinistra (che probabilmente vede ancor oggi come “militante”) ma si divide tra destra e astensionismo.
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto.