È in forte ascesa un cieco, folle odio ideologico, distruttivo, assurdo, verso la civiltà più aperta e tollerante, mentre le altre non hanno mai riconosciuto i propri orrori e li perpetuano. Ma, attenzione, non è un movimento da sottovalutare: è un pericolo reale, sostenuto da potenti forze e dal neocapitalismo
Come traduciamo lo slogan Cancel culture? Cultura della cancellazione? O, piuttosto, cancellazione della cultura? Beninteso, unidirezionale. Sotto accusa è l’intera civiltà occidentale, con la sua cultura, arte, storia, religione, costumi… Tutto compreso. E bisogna non solo scusarsi, ma vergognarsi di tutto. Da Omero a Dante, da Colombo a Cook, da Giulio Cesare a Napoleone. E non è sufficiente neppure questo. Occorre autoflagellarsi, autodistruggersi. Per essere sostituiti non solo da altre culture, ma, fisicamente, etnicamente, da altri popoli.
Ora, ammettiamo pure per assurdo, che tutta – tutta – la cultura occidentale e le sue espressioni siano condannabili, esecrabili e violente. Ma questi fanatici si rendono conto che esiste la bellezza, che le opere dell’ingegno umano non si valutano per chi le ha scritte o per i contenuti “politici”, ma perché esteticamente sono straordinarie, struggenti, divine? Questa gente sa cogliere la poesia, l’armonia, la grandezza di un libro, di un dipinto, di una sinfonia? O il coraggio e l’eroismo di un’ardita impresa? Ancora. Le altre culture sono esenti da guerre, massacri, razzismo, schiavismo, ingiustizie? Assolutamente no. L’unica, quanto sostanziale, tragica differenza, è che da sempre le menti più elevate dell’Occidente e, ormai da decenni, tutta la cultura di massa occidentale, hanno riconosciuto i propri orrori. Persino la Chiesa cattolica ha chiesto perdono per discriminazione delle donne, schiavismo, colonizzazione, guerre, ecc. Dalle culture “diverse” si è mai prodotto il riconoscimento di eventi storici terribili quanto indiscutibili quali il genocidio degli armeni?
E la sottomissione violenta di tutta l’Africa mediterranea e subsahariana, parte dell’Europa mediterranea, mezza Asia fino all’Indonesia? E il razzismo tribale e la schiavitù nell’Africa araba e nera? E la completa discriminazione delle donne in qualunque cultura, ben peggiore che in quella occidentale? E l’infibulazione e la clitoridectomia? E la condanna a morte degli omosessuali? La questione centrale, forse, è che la stragrande maggioranza delle persone, ieri e oggi, non è laureata in Letteratura o Filosofia o Storia, è priva degli strumenti culturali e umanistici per essere tollerante e nonviolenta. Le masse di qualunque cultura tendono alla violenza, all’odio, all’intolleranza. Certo, i politici e i capi religiosi cavalcano l’aggressività e la brutalità insita negli uomini come un peccato originale o un marchio di Caino. Anzi, solo in Occidente, dopo un lungo travaglio, si sta assistendo a un addolcimento dei costumi, a una maggiore consapevolezza verso animali e ambiente, al riconoscimento della parità uomo-donna, all’accettazione di ogni “diversità”.
Ma, per gli squadristi del Black lives matter e del Cancel culture, occorre distruggere proprio la civiltà più tollerante e aperta! Da secoli siamo abituati a vedere dei punti fermi e inossidabili nella cultura classica greco-romana, in quella umanistica, in Dante, nei grandi filosofi, artisti e musicisti, incontrati e amati a scuola (quando ancora si poteva chiamare tale). Pertanto, sottovalutiamo il rischio della Cancel culture. Sarebbe un errore imperdonabile. Seppure chi sostiene tale aberrante ideologia fosse solo una minoranza chiassosa, non dimentichiamoci che essa è sostenuta dai nuovi padroni del mondo: dal turbocapitalismo al circo mediatico di giornalisti-docenti-attori-cantanti-star-influencer vari, dai tycoon della Silicon Valley ai grandi gruppi finanziari, dalle multinazionali del food delivery alla gig economy. Le loro motivazioni sono certo strumentali e consumistiche. Ma oggi si abbatte una statua in una piazza e si proibisce la lettura dei classici in qualche università statunitense o inglese, domani…
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 186, giugno 2021)
… che c’entra, il “neo capitalismo”? (O si tratta del vero vostro s-proposito?).
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto.
Il neocapitalismo ha tutto l’interesse ad annullare la cultura classica, le culture identitarie, le vere “diversità”, per un mondo di consumatori indifferenziati, ignoranti, sradicati e infelici, ma pronti a tutto per comperare l’ultima stupidaggine di moda e, per farlo, a farsi sfruttare dalla gig economy.
L’ignoranza è sempre funzionale al potere. La cultura potenzia individui e popoli.
Guardi semplicemente le pubblicità che dominano in tv (es., Zelando): più manifesti ideologici (pro donne, gay, incroci etnici, “diversi”, giovani) che réclame di prodotti. Secondo lei, tali aziende (tute) spendono milioni di investimento pubblicitario per nulla?