Rispetto della libertà individuale, valorizzazione del piacere, pienezza della vita, onestà intellettuale e senso di responsabilità (anche nell’uso del linguaggio) sono tra le peculiarità che distinguono i non credenti rispetto ai clericali
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Ma che cos’è questa laicità di cui tanto si parla e si sparla? E perché alcuni sentono il bisogno di qualificarla come “sana” o “positiva” facendo sottintendere che ve ne sia una malsana o negativa? E come mai nessuno si dice contrario alla laicità? E poi, per aggiungere alla confusione, il laicismo è buono o cattivo, anzi pessimo?
Taluni lo definiscono “ottocentesco” quando non “fondamentalista”, mentre altri, come la sottoscritta, lo considerano invece una concezione del mondo e della società liberale, egualitaria e solidaristica. La differenza fra laicismo e dottrina morale cattolica è proprio questa. Per noi laici (gli inglesi usano la parola humanist) esiste una sola vita cui noi stessi diamo senso e scopo a esclusione di ogni riferimento trascendentale. Vita che va vissuta in modo pieno, responsabile e gratificante; e ciò è tanto più vero quanto più contribuiamo alla felicità degli altri. Siamo contro le imposizioni e contro le mortificazioni, e pensiamo che il piacere vada riabilitato in ogni sua forma purché non leda la libertà e la dignità altrui.
Nel nostro Paese il “principio supremo della laicità dello Stato” è affermato nella sentenza 203/1989 della Corte costituzionale. I valori della laicità e del laicismo sono presenti nella nostra bella Costituzione nonché nella Carta europea dei diritti fondamentali e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e li ritroviamo, tradotti in linguaggio politico e istituzionale, nei princìpi dello stato di diritto. Ricordate le parole di Beppino Englaro quando la Corte di Cassazione riconobbe finalmente il diritto di Eluana a morire nella dignità? Disse «viviamo in uno stato di diritto», cioè in uno stato le cui istituzioni applicano i princìpi stabiliti dalla legge, e quindi operano nella legalità costituzionale. Se così fosse sempre, se la separazione fra Stato e Chiesa, fra dogma e legge, fosse sempre rispettata dai nostri politici e dalle nostre istituzioni, la laicità sarebbe garantita. Ma sappiamo che così non è, perché c’è chi ha interesse ad aggirare questi princìpi. Non potendolo dichiarare lealmente e ad alta voce, a queste persone non rimane altro che cercare di snaturare la laicità apponendovi degli aggettivi fuorvianti.
Ciò che i nemici della laicità temono e spesso combattono si colloca a due livelli, quello pubblico e quello privato. Quello pubblico riguarda gli innumerevoli privilegi di cui godono la Chiesa cattolica e il suo indotto fatto di scuole, ospedali, strutture di ogni genere, mentre quello privato riguarda la libertà di pensiero e l’autonomia della persona nelle proprie scelte di vita e quindi anche di morte. Insomma, l’opposto di quello che la Chiesa cattolica intende con “l’indisponibilità della propria vita”. La posizione ufficiale del Vaticano consiste nel dirsi d’accordo con la separazione tra sfera ecclesiastica e sfera statale in tutto, “salvo per i valori morali”, chiamati anche eufemisticamente “questioni eticamente sensibili”. Ma, attenzione: queste altro non sono che i diritti fondamentali della persona che lo stato laico deve far valere in modo uguale per tutti, credenti e non credenti, omosessuali ed eterosessuali, stranieri e italiani. Come vedete, l’onestà intellettuale e il senso di responsabilità traspaiono anche dall’uso che viene fatto delle parole.
Vera Pegna – dall’archivio di NonCredo. La cultura della ragione, «volume bimestrale di cultura laica»
(LucidaMente, anno VIII, n. 92, agosto 2013)
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