L’antologia “Storie felsinee”, edita da Il Foglio, contiene ben 34 racconti inediti, ambientati a Bologna, di narratori contemporanei. Al suo interno vi è anche un “giallo-horror” del nostro direttore, Rino Tripodi…
Con una recensione (vedi Racconti bolognesi) avevamo già segnalato sulla nostra rivista l’antologia Storie felsinee. I 34 racconti di Bologna (A cura di Giovanni Modica, Edizioni Il Foglio, Piombino 2021, pp. 374, € 16,00). Una serie di intriganti racconti di vario genere e stile, che mostrano il capoluogo emiliano da molteplici angolature. Alcuni degli autori sono ormai da tempo famosi a livello nazionale. Tra i testi pubblicati ve n’è anche uno del nostro direttore, Rino Tripodi, dal titolo Corte 9, orrore alla Cirenaica. Ambientato nel noto rione bolognese, è un breve “giallo-horror” intriso di ironia e citazioni cinematografiche. Per gentile concessione dell’editore, proponiamo ai lettori l’inizio del racconto.
L’estate del 2023 fu una delle più calde e afose vissute da Bologna. Ma essa sarà ricordata soprattutto per i misteriosi fatti avvenuti intorno a Ferragosto nel rione Cirenaica.
Giovedì 10 agosto, notte, ore 2,17, temperatura 26°, umidità 61%. Su Rai 4 trasmettevano il film horror Neverlake, mentre su Iris era programmato Le notti del terrore.
Un pensionato insonne per il caldo estivo, Matteo Russo, 82 anni benissimo portati, abitante in una bella palazzina di edilizia residenziale pubblica della Corte 9 del rione Cirenaica, era coricato ma pronto a sorbirsi, dalla tv posta davanti al letto, l’ennesima pellicola scollacciata, magari con Alvaro Vitali o Renzo Montagnani ed Edwige Fenech o Nadia Cassini. Ma, una volta tanto, non riusciva a trovarle negli innumerevoli canali in chiaro. Allora, facendo zapping fra quegli altri due strani film, sospirò, rivolgendosi alla moglie Paola Gamberini, stesa accanto a lui, grondante sudore come il marito, ma già mezz’addormentata: «Ma csa i é par in televiṡiån stanòt? A n ò brîṡa capé».
Venerdì 11 agosto, ore 2,12. Il calore della giornata non si era attenuato. Anzi, sembrava che marciapiedi, strade, mura, emanassero ancora la vampa accumulata ormai da giorni.
«Nel 2023 io non so se vivrò, / ma il mondo cambierà. / Il sole scenderà su di noi. / Dio verrà sulla Terra fra di noi / per giudicare se è il momento ormai /di pronunciare la parola “fine”. / La terra nella notte tremerà, / in quel momento l’uomo avrà paura, / avrà paura di morire».
Su Rai 2 andavano stancamente in onda vecchi filmati di attori, comici e cantanti di decenni prima. In quel momento, in bianco e nero, l’artista calabro-italo-egiziano-francese Dalida stava eseguendo un suo celebre hit, Nel 2023.
Un mezzo addormentato Marco Nanni, anni 74, pensionato, abitante da solo in una palazzina della Corte 9, ascoltava disattento quella canzone del 1969, che ricordava ancora un po’:
«Gran gnòca… un pôc sacca… mo che tribolaziòn quassta canzån!».
Poco dopo le 6 di venerdì 11, la signora Paola Barbieri, che gestiva un chiosco di generi alimentari nel mercato di via Sante Vincenzi, aperta una delle cancellate che venivano serrate al termine degli orari di vendita, si trovò di fronte a un brutto e inatteso spettacolo. Il corpo di Nanni, con la testa stritolata, giaceva accartocciato presso il chioschetto di macelleria della Barbieri.
«Óddio mé! Duv êl al comisariè pió avṡén?».
L’incarico delle indagini di Polizia giudiziaria sull’omicidio fu affidato a un commissario bolognese della Polizia di Stato. Era Giuseppe Castaldi, eternamente sul punto di andare in pensione, dunque abbastanza anziano, disincantato e stanco, ma ancora tamugno, che arrivò sul luogo del delitto poco prima delle 11, quando ormai la maggior parte dei rilievi era stata effettuata. Era accompagnato dall’assistente capo Nicola Panunzio, anche lui un sessantino, pugliese.
«Sgnåura Barbieri, cum vela?» chiese Castaldi alla donna che aveva rinvenuto il corpo senza vita e, per di più, massacrato.
«Benessum!» fu la sarcastica risposta della donna.
«È sicura di aver trovato chiuse entrambe le cancellate del mercato?».
«Sicura, commissario, come ogni mattina. Sono stata io ad aprirne una».
Tra sé e sé, Castaldi si disse:
«Ma, allora, l’assassino – o gli assassini – avevano le chiavi. Ma perché si son dati tanta pena di aprire e poi richiudere? Oppure, se i cancelli non sono stati né aperti né sfondati, come c’è finito dentro il povero Nanni, così maciullato? Neppure dall’alto, visto che il mercato è coperto».
Le immagini: alcuni scorci “reali” del rione nel quale è ambientato il racconto di Tripodi.
Edoardo Anziano
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 192, dicembre 2021)