Nel suo saggio “Regressione suicida” (Bonfirraro editore), Salvatore Massimo Fazio, discepolo del filosofo di Lentini, mette a confronto i due scomodi pensatori
Chiariamo subito con forza che Emil M. Cioran (1911-1995) e Manlio Sgalambro (1924-2014) sono tra i nostri scellerati quanto gaudiosi punti di riferimento spirituali (vedi Libri maledetti e Film maledetti). In campo filosofico aggiungeremmo senz’altro Albert Caraco (vedi «Gli uomini sono come una lebbra»), a comporre una perfetta trilogia saturnina e luciferina antiaccademica contro ogni buonismo religioso o progressista, ogni pia illusione, ogni dio, se non funesto demiurgo. Insomma, un vaccino valido per ogni idiota ottimismo.
Pertanto, abbiamo letto con particolare interesse il saggio Regressione suicida. Dell’abbandono disperato di Emil Cioran e Manlio Sgalambro (Bonfirraro editore, pp. 184, € 15,90), uscito qualche settimana fa. Ne è autore il catanese Salvatore Massimo Fazio, discepolo del filosofo di Lentini e fondatore della corrente del nichilismo cognitivo. Completano il libro una Prefazione di Luigi Pulvirenti, una Postfazione di Gianluca Runza, più due contributi di Angelo Scandurra ed Enzo Cannizzo. Fazio divide la propria opera in tre capitoli, con una Conclusione finale. Nei primi due esamina separatamente le opere e il pensiero dei due filosofi; nel terzo li mette a confronto. Moltissime sono le citazioni esemplificative tratte dalle opere dei due pensatori. Nel primo capitolo il saggista definisce l’opera di Cioran Una gnosi del nulla, ma chiarisce che, nonostante la loro tetra visione del mondo e di Dio e il loro assoluto pessimismo, né il rumeno né il siciliano rientrano nel nichilismo, termine col quale «s’intende qualcosa di preciso nell’ambito del pensiero del Novecento».
Piuttosto, Fazio evidenzia «l’intensa prosa» del pensatore rumeno «che spesso sconfina nel lirismo», una «sorta di lirismo speculativo». In effetti, sia Sgalambro sia Cioran sono degli aforisti e non certo dei filosofi sistematici. Le loro riflessioni sono delle “filosofie psicologiche”: «Il pensiero puro è libera oscillazione dei flussi dello spirito che l’aforisma è in grado come di captare. È perciò che il pensare breve, rapsodico, apparentemente immediato, ferma e fissa in intensi istanti profondità o lucidità altrimenti impensabili e non sviluppabili nelle trattazioni sistematiche. L’aforisma consente, in altre parole, di essere nel pensiero subito e sempre – seguendone i capricci e i desideri».
I loro scritti assumono così un ammaliante valore estetico («l’opera filosofica come oggetto di contemplazione filosofica è anche oggetto di contemplazione estetica»), che travalica il ragionamento. La filosofia, per entrambi, non ha alcun significato positivo, ma è scetticismo, «lucido disincanto», «terrore della verità». Al contrario, sono l’arte e la bellezza ad assumere in loro un ruolo e uno spazio importanti: essi «vedono nell’arte qualcosa che surclassa l’esistenza, o l’essere, qualcosa cioè capace di trascendere il vero, o la verità del mondo, per proiettare il Pensiero nello spazio del bello». Sgalambro edifica una vera e propria «teologia dell’empietà»: il mondo e Dio sono il male assoluto che ci attornia e ci tormenta. Unica consolazione, la mente e il pensiero filosofico. È merito di Fazio riscoprire i filosofi italiani Giuseppe Rensi (1871-1941) e Piero Martinetti (1872-1943), prossimi al pensatore di Lentini.
Tuttavia, i lontani antecedenti dei due aforisti protagonisti del saggio di Fazio si ritrovano nell’antico pensiero gnostico e in quel potente strumento conoscitivo che è la melanconia, ovvero «la tristezza o disperazione nella quale sprofonda l’uomo di genio assillato, anzi schiacciato dall’impotenza data dalla contemplazione del caos del mondo, che egli non può dominare». Allora, quali sono le differenze tra i due filosofi? Intanto è confermato che la rissosità e la polemica sono tipiche di molti intellettuali.
Sgalambro detestava Cioran perché non lo considerava un vero filosofo, ma un pensatore primitivo, «presocratico». Identiche perplessità, dunque, per Friedrich Nietzsche. Il pensatore siciliano non aveva forse un carattere dolcissimo se, negli ultimi tempi, anche i rapporti con Fazio si raffreddarono. In compenso, Cioran aborriva Jean-Paul Sartre e odiava essere accostato alla filosofia esistenzialista. Al di là delle risse, Fazio differenzia i due filosofi oggetto della sua indagine intitolando il terzo capitolo del suo libro Estetica del silenzio (Cioran) e Odio metafisico (Sgalambro). In estrema sintesi, «ciò che in Sgalambro è garanzia di pace e indifferenza, rifugio da Dio e dal mondo, cioè lo spirito, per Cioran [è] invece luogo di rivelazioni angosciose».
Inoltre, nel filosofo siracusano, «a differenza di Cioran, il pessimismo estetizzante della contemplazione non conduce alla necessità lirica di compiacersi di immagini della catastrofe finale a venire. Sgalambro non ha alcun interesse per il mondo, l’universo e il suo destino». Del resto – aggiungiamo noi – sono gli stessi titoli di alcune delle opere più famose dei due pensatori a fornirci una traccia interpretativa preliminare. Cioran: Al culmine della disperazione (1934), Sommario di decomposizione (1949), La tentazione di esistere (1956), Squartamento (1979); Sgalambro: La morte del sole (1982), Trattato dell’empietà (1987), Del pensare breve (1991), La consolazione (1995). Ci sembra evidente che, mentre il filosofare del primo sia impregnato di viscerale dolore anche fisico, irrecuperabile, nel secondo vi sia, pur sarcastico e ghignante, il tentativo di trovare un qualche sollievo, se non conforto, nella riflessione della mente.
Concludiamo con una “leggera” divagazione personale riguardante i sottili fili che avvolgono i nostri precari destini. In una nota iniziale a Regressione suicida l’autore cita un articolo di Luca Ciliberti uscito su La Sicilia del 4 gennaio 2009, dal titolo I due filosofi dissertano sulle note dell’eclettica band. Il riferimento è a un’esibizione musicale del duo femminile Lilies on Mars, tenutasi a Catania presso la sala concerti Chakra Lounge alla presenza di Sgalambro e Fazio. Ebbene, proprio un mese fa abbiamo personalmente recensito un disco (vedi Baba Sissoko, Nicodemo, Lilies on Mars: la fusione di tre ispirazioni musicali) dell’accoppiata elettronica Lisa Masia-Marina Cristofalo, ennesime “creature” del da noi amatissimo Franco Battiato (ed è nota la fruttuosa collaborazione filosofico-spirituale-musicale tra il musicista di Ionia-Riposto e il filosofo di Lentini). Insomma, tout se tient!
Le immagini: la copertina del libro (sulla quale è riprodotto il dipinto Il disperato (autoritratto, 1843 circa, olio su tela, collezione privata) di Gustave Courbet e foto rispettivamente di Cioran, Sgalambro e Fazio.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 133, gennaio 2017)