La differenza tra Regolamenti e Direttive, i diktat della Corte di giustizia europea, la disfatta dei singoli Stati e il ricatto della concessione di fondi economici. E le inquietanti affermazioni di Jacques Attali
Negli ultimi mesi abbiamo pubblicato su LucidaMente una serie di articoli (vedi i link infra e L’Unione europea è fallita… anzi, no, è un successo) nei quali siamo stati durissimi con l’Unione europea. Ma si può venire fuori da un monstrum politico-giuridico piegato agli interessi delle forze economiche capitalistiche, finanziarie, neoliberiste, globaliste? E, per di più, del tutto impotente e sottomesso agli interessi statunitensi, come dimostra la crisi Russia-Ucraina?
Ormai gran parte dei cittadini europei nutre poca fiducia nell’Ue. Come dimostrano i sondaggi effettuati nel corso del tempo, tale disincanto è cresciuto negli anni, via via che il sogno di un continente pacifico e unito (vedi La pace nel nostro continente è dovuta alle istituzioni europee. Falso) si è trasformato in un incubo di potentati economico-finanziari spietati nell’umiliare nazioni dalla cultura millenaria come la Grecia. Molti vedono l’Ue come una trappola, una tagliola, un nodo scorsoio che si stringe sempre di più alla gola del malcapitato, tanto più quanto più egli si agita, e, soprattutto, alla cui adesione nessuno ha votato (cfr. I cittadini hanno voluto l’Unione europea?). In effetti, la tirannide che si è venuta a creare sulle libere scelte dei singoli stati e, quindi, dei popoli, è stata lenta, ha agito in silenzio, sottotraccia, senza che i media informassero sui provvedimenti che intanto venivano approvati a Bruxelles e dintorni (vedi Gli inganni dell’Unione europea). Una valanga di norme criptiche e a volte assurde, in contrasto con la chiarezza delle carte costituzionali [leggi pure C’è la Costituzione (italiana) e ci sono i Trattati (europei)]. Tanto per chiarire, gli atti principali dell’Ue si dividono in due tipologie: regolamenti e direttive. I primi si applicano senza alcuna mediazione in ogni Stato; le seconde devono essere recepite (e “tradotte”) dai singoli Parlamenti nazionali attraverso un apposito atto legislativo.
Negli anni Settanta, quando ancora lo strapotere dell’Ue non aveva rotto gli argini, ci si pose il problema se una norma europea avesse conflitto con quelle nazionali, quale avrebbe prevalso. Nel 1975, con la sentenza n. 232, la nostra Corte costituzionale sentenziò che una legge italiana, anche se successiva a un regolamento europeo, prevaleva comunque su questo. Passarono solo pochissimi anni, e il 9 marzo 1978 (Causa 106/77) la Corte di Giustizia europea impose ben altra dottrina giuridica: «Il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale». E, nel 1984, la sentenza 170 della Corte costituzionale italiana si adeguò: le leggi italiane successive a un Regolamento europeo, se in contrasto con esso, si disapplicano automaticamente senza neanche la necessità di rivolgersi alla stessa Consulta per farne dichiararne l’illegittimità!
Infine, la legge n. 234 del 24 dicembre 2012 ha introdotto la “legge di delegazione europea” e la “legge europea”. Con la prima il Parlamento italiano deroga alla propria sovranità legislativa, delegando il Governo al recepimento delle direttive comunitarie. La seconda modifica o abroga le norme italiane bocciate dalla Corte di Giustizia europea o sottoposte dalla Commissione a procedure d’infrazione. Sicché, dal 2014 a oggi, più del 30% delle leggi approvate nel nostro Paese è di matrice Ue. Sebbene nel Trattato di Maastricht (Trattato sull’Unione europea, Tue, firmato nel 1992 ed entrato in vigore nel 1993) vi siano riferimenti espliciti alla tutela delle identità costituzionali nazionali, è evidente che, nel braccio di ferro tra Corte di Giustizia Ue e singole Consulte degli Stati aderenti, abbia prevalso la prima. Non solo, il Regolamento 2092/2020 condiziona la concessione di fondi europei ai singoli Stati alla loro “sottomissione” ai parametri giuridici dell’Ue. Ed ecco che il cerchio si chiude con l’aspetto economico: se non ti adegui, niente soldi (vedi i recenti casi di Ungheria e Polonia). Sappiamo già che sarebbe una procedura difficile e ostacolata da molteplici laccioli di carattere soprattutto economico, ma qualcuno potrebbe ancora chiedersi: si potrebbe uscire dall’Ue?
Il piano finanziario liberticida sotteso all’Ue non lascia molti margini. E ad averlo detto esplicitamente non siamo stati noi o qualche presunto complottista, ma lo stesso Jacques Attali, economista e banchiere francese, corresponsabile della stesura del Trattato di Maastricht, nonché mentore di Emmanuel Macron. Infatti, durante il suo intervento all’Université participative exceptionnelle organizzata il 24 gennaio 2011 da Ségolène Royal sul tema La crisi dell’euro, affermò testualmente: «In primo luogo, tutti coloro, e io ho il privilegio di averne fatto parte, che hanno partecipato alla stesura delle prime bozze del Trattato di Maastricht, hanno, ci siamo incoraggiati a fare in modo che uscirne… sia impossibile. Abbiamo attentamente “dimenticato” di scrivere l’articolo che permetta di uscirne [risate e applausi in sala]. Non è stato molto democratico, naturalmente, ma è stata un’ottima garanzia per rendere le cose più difficili, per costringerci ad andare avanti. Perché se si esce, cosa che naturalmente è sempre possibile… è impossibile, ma naturalmente, se si vuole, si può, è molto molto complicato, non vi spiego come, ma è molto molto complicato, di uscirne sia dal basso che dall’alto, è molto complicato». Incredibile? Dietrologia? Nient’affatto: basta guardare qui il video dell’intervento. E, poi, come il cacio sui maccheroni, sono arrivate la pandemia (leggi pure Manganello, olio di ricino e confino… Anzi, randellate, idranti, “vaccino” ed esclusione sociale e Due anni senza libertà) e il conflitto Russia-Ucraina, nel corso del quale l’Ue s’è trasformata in alleanza militare dipendente da Nato e Usa.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 197, maggio 2022)