Roma, Milano, Bologna, Torino: nelle principali città italiane trovare un alloggio a prezzi accessibili è ormai impossibile, tanto che molti studenti fuorisede sono costretti a tornare a casa
Secondo l’ultimo studio dell’Osservatorio Talents Venture, il 27,4% degli iscritti frequenta un corso di laurea in una regione diversa da quella di residenza: quasi uno studente su tre, con tendenza in aumento (di una media del 2,7% negli ultimi cinque anni). I giovani “migrano” principalmente verso i grandi atenei del centro e del Nord Italia, creando un afflusso da una parte difficile da gestire, poiché il numero di alloggi rimane invariato a fronte di un aumento della richiesta, dall’altra vantaggioso per le imprese costruttrici di residenze universitarie e per gli affittuari.
Una stanza singola a Milano costa in media 575,00 euro mensili, a Roma più di 400, a Torino sui 360 (Caro affitti per gli studenti, Torino superata solo da Milano e Roma, la Repubblica). Venezia e Bologna non fanno eccezione: nella prima una camera si aggira sui 400 euro al mese, nella seconda sui 350. Ma, oltre alla drastica impennata degli affitti, impressiona anche ciò che viene spacciato per vivibile: seminterrati pieni di muffa e umidità, case sovraffollate con letti in salotto, ambienti minuscoli e angusti. Offerte vergognose a prezzi spropositati trovano comunque chi, in preda alla disperazione, è disposto ad accettarle. Quando trovare un appartamento è già un colpo di fortuna, non ci si può certo permettere di sindacare, anche perché la risposta dei proprietari sarà: «Se non lo vuoi tu, c’è sempre qualcun altro che lo prenderà». Si è dunque ben lontani dall’avere un qualsiasi potere contrattuale. Ma questa forse non è l’espressione giusta da utilizzare, dato che spesso, negli accordi fra affittuari e studenti, di contratti non vi è neppure l’ombra.
Ma come si è arrivati a quella che può essere definita una vera e propria emergenza abitativa? Il collettivo universitario bolognese Link, resosi portavoce di questa battaglia nella città emiliana, ha stilato una lista dei punti critici su cui lavorare per trovare una soluzione. Uno dei cambiamenti più lampanti si è riscontrato con l’avvento di Booking e di Airbnb. Affittare la propria casa per brevi periodi attraverso le due piattaforme online è infatti molto più redditizio: ponendo un canone di 80-100 euro a notte, si guadagnerà in una settimana la somma che una locazione frutterebbe in tutto il mese. Specialmente nei centri storici, palazzi interi si svuotano per essere occupati dai turisti, relegando agli universitari le sistemazioni più malmesse o fuori mano (Emergenza casa: “Sfrattati perché il condominio diventa B&B. Bologna rischia l’effetto Venezia”, BolognaToday).
Per ovviare al problema si potrebbero fornire agevolazioni ai proprietari che decidono di destinare il loro appartamento a studenti, per esempio con un’assicurazione che copra eventuali danni alla fine del contratto. O fissare un tetto massimo ai giorni di attività e agli alloggi che ogni host può esporre su Airbnb. A peggiorare il quadro si aggiunge che i contratti a canone concordato, meno onerosi per i giovani inquilini, sono sottoutilizzati a Milano, Siena e Torino (Affitto stanze a studenti, rincari in arrivo per i fuorisede, Solo Affitti). In generale, l’eccessivo lassismo sui tipi di obbligo da adottare ha favorito la nascita delle soluzioni più disparate e questo fa sì che i prezzi oscillino di anno in anno, senza una regola precisa. Tutto ciò quando sono presenti accordi ufficiali, cosa che spesso non avviene e su cui i controlli dovrebbero aumentare. Affitti in nero o “grigio” (ovvero con una parte del costo mensile pagata in contanti e dunque non registrata) permettono al proprietario di evadere le tasse e non tutelano gli inquilini da eventuali inadempienze. Ecco perché fra le proposte di Link figurano il monitoraggio dei contratti di affitto, l’istituzione di sportelli ai quali gli studenti possano rivolgersi per ottenere assistenza, la creazione di una Consulta comunale sulla situazione abitativa degli universitari.
Ma finora le amministrazioni hanno reagito unicamente rilasciando permessi e autorizzazioni per la costruzione di nuovi studentati di lusso, a opera di grandi imprese straniere (Chi specula sugli affitti degli studenti a Bologna, Internazionale). Camplus è uno dei principali gestori di residenze universitarie in Italia, con strutture a Roma, Cesena, Padova e, prossimamente, anche Bologna e Venezia. Una stanza singola può arrivare a costare mille euro al mese. Non fanno eccezione l’inglese Stonehill Holdings (225 euro a settimana) e l’olandese The Student Hotel, già presente a Firenze. Molti aspiranti fuorisede sono rientrati nelle loro città natali e si sono iscritti ad atenei meno rinomati, ma vicini a casa. È frustrante constatare come l’istruzione sia divenuta un lusso, un qualcosa su cui lucrare, ma lo è soprattutto il fatto che il diritto abitativo e quello di vivere le città in maniera autentica siano stati surclassati da mere logiche di mercato.
Le immagini: studenti protestano per il diritto abitativo in Piazza maggiore (Bologna), dalla pagina Facebook di Link Bologna-Studenti Indipendenti.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XIV, n. 166, ottobre 2019)