Nel famoso tondo di Sebastiano Mainardi “Madonna col Bambino e San Giovannino” si vedono strani oggetti volanti che qualcuno ha scambiato, erroneamente, per presenze aliene
Nel gennaio 2011, nella trasmissione televisiva Mistero, è stato proposto l’ennesimo servizio sugli Ufo nell’arte. Allo scambio di opinioni (in merito a quanto si dice in questo articolo si veda anche: Diego Cuoghi, Arte e Ufo? No grazie, solo arte per favore…, in www.sprezzatura.it) hanno preso parte vari ufologi, studiosi di vite extraterrestri, i quali hanno commentato lo strano “oggetto volante” presente (in alto a destra di chi guarda) nel famoso tondo Madonna col Bambino e San Giovannino, attribuito a Sebastiano Mainardi e conservato a Firenze, presso il Museo di Palazzo Vecchio. Secondo la tesi ufologica dei presenti in studio, quel velivolo è un segno di qualcosa di strano e incomprensibile, di natura non umana che doveva essere apparso nei cieli dell’epoca e che, per qualche motivo, l’artista si è sentito libero di rappresentare. Qualcosa di indecifrabile, quindi, per gli uomini dell’epoca, ma non per quelli di oggi, i quali hanno gli strumenti idonei per comprendere che si tratta di “oggetti volanti”.
L’unico ospite di prestigio tra i presenti alla trasmissione era Vittorio Sgarbi, che, nel commentare il dipinto in questione, ha parlato di “macchia preterintenzionale” dell’artista, e ha commentato l’opera con eleganza e competenza, senza, secondo noi, riuscire comunque a svelare il mistero. Proviamo a farlo noi. Il tondo è un dipinto attribuibile a Sebastiano Mainardi, nato nel 1460 e morto nel 1513 (secondo alcuni storici dell’arte l’opera potrebbe essere attribuita anche a Jacopo del Sellaio), un pittore della cerchia di Domenico Ghirlandaio (suo cognato), attivo a Firenze nella seconda metà del secolo XV. L’opera entra all’interno di una fitta rete di relazioni con altre opere dello stesso genere rappresentativo, ossia La Natività, L’Adorazione e L’Annuncio ai pastori. Vi sono evidenti somiglianze con i lavori dei fiorentini Lorenzo di Credi (1460-1537) e Piero di Giovanni (1370-1425).
In un articolo apparso su “Notiziario Ufo” (n. 7, luglio-agosto 1996) Daniele Bedini scriveva che, in alto, «si rileva chiaramente la presenza di un oggetto aereo, color grigio piombo, inclinato sulla sinistra e dotato di una “cupola” o “torretta”, apparentemente identificabile come mezzo volante di forma ovoidale in movimento» (cfr. Antiche civiltà scomparse: avranno avuto i loro buoni motivi?, in http://liberolamiamente.wordpress.com/). Non è certo una lettura tecnica di un addetto ai lavori, esperto di storia dell’arte e di semiotica testuale. Vi è intanto da dire che, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, si fa forte l’influenza delle prediche di Gerolamo Savonarola in un certo tipo di letteratura e, soprattutto, nelle arti figurative fiorentine (ma anche nella vita di tutti i giorni). Frequentemente, in alcune opere, troviamo segni del divino che funzionano come profetismo della fine del mondo o come anticipazione della punizione divina. Nel dipinto in esame, la Madonna prega dopo la nascita del Bambino Gesù e del piccolo San Giovanni, protettore della città di Firenze.
Fra i tanti autori delle natività, nelle cui opere sono presenti immagini o figure in cielo scure e/o raggianti, ricordiamo: Pinturicchio (nube luminosa), Vincenzo Foppa (nuvola di luce con angelo), Domenico Ghirlandaio (nube luminosa), Agnolo Bronzino (sfera dorata con putti e angioletti), Antoniazzo Romano (nube luminosa con angelo), Amico Aspertini (oggetto scuro in cielo), Lorenzo Monaco (nube con fasci di luce) e Nicola Francke (nube con fasci di luce). Si noti, intanto, la stella della natività posta sotto l’oggetto in questione. In fondo a destra si può scorgere un pastore e un cane con la testa verso l’alto (Cuoghi parla di tre pastori): l’uomo si copre la fronte con la mano per osservare, senza rimanerne accecato, l’oggetto in cielo. Opere pittoriche quali L’Annuncio ai pastori, L’Adorazione dei pastori e La Natività, presentano quasi tutte simili caratteristiche, soprattutto nel contenuto e nell’organizzazione dello spazio narrativo (e descrittivo). La scena dell’annuncio ai pastori rappresenta un topos narrativo ed è tratta dal Vangelo di Luca (II, 8-20). Questa scrittura testamentaria non parla di nubi luminose. Come modelli e fonti si ricorreva, non di rado, a testi devozionali di natura popolare come la Legenda aurea di Jacopo da Varazze o i Vangeli apocrifi.
La stessa presenza del bue e dell’asino non è narrata nei Vangeli canonici, ma se ne parla in quello apocrifo dello pseudo-Matteo, uno dei testi più diffusi e utilizzati come fonte dagli artisti dell’epoca. Esso, a sua volta, è un riadattamento del Protovangelo di Giacomo, conosciuto solo in lingua greca fino alla traduzione latina della metà del secolo XVI fatta da Guillaume Postel, in cui si parla della natività e si dice che, mentre Giuseppe torna verso la grotta, la levatrice che lo accompagna è pervasa da una intensa luce prodotta da una nube luminosa, riprendendo, tra l’altro alcuni passi della Bibbia (cfr. Vangeli apocrifi, edizione Einaudi a cura di Marcello Craveri). Nel Medioevo, e soprattutto all’inizio dell’età moderna, gli angeli luce (a volte raffigurati per sineddoche solo attraverso nubi in cielo) costituiscono lo sviluppo di immagini presenti nell’immaginario collettivo della storia sacra o delle storie scritturali.
La nube avvolta dai raggi luminosi, presente nel tondo di Mainardi, rappresenta l’essenza delle intelligenze angeliche e, quindi, di Dio stesso. È il segno divino che annuncia la nascita del figlio redentore, è la presenza universale dell’altissimo sulla Terra e tra gli uomini. La nube fa parte della tradizione iconografica dell’epoca e della fine del Medioevo cristiano. Come non rammentare gli straordinari versi della Divina commedia dantesca, quando il poeta ritrova Beatrice nel canto XXX del Purgatorio: «così dentro una nuvola di fiori […] donna m’apparve» (vv. 28-32). Ricordiamo, inoltre, che nelle Sacre Scritture si fa spesso riferimento a “nubi luminose”, “carri volanti”, “colonne di fuoco”, “sfere infuocate”, che sono tutti segni del divino e della presenza di Dio nel creato. Se si conoscono i classici greci e latini, ma soprattutto le Sacre Scritture, ci si rende conto che quei segni “strani” in cielo, somiglianti ai nostri fantastici dischi volanti – o comunque a immagini che fanno parte esclusivamente della modernità –, acquistano sempre più un significato allegorico all’interno dei codici assiologico e semico-simbolico di cui fanno parte quelle opere d’arte, un valore figurale che connota l’opera d’arte in senso religioso e divino.
Se si continua a leggere un testo culturale del passato, sia visivo-pittorico sia letterario, con le chiavi di interpretazione e di decodifica contemporanee (addirittura con quelle più fantastiche e cinematografiche), senza calarsi nelle Weltanschauungen epocali, si sbaglia tutto. È come se ci avvicinassimo a leggere la Divina commedia dantesca sapendo poco della cultura classica, scritturale e medievale cristiana operante nel testo costruito: è meglio informarsi prima onde avere uno spettro più ricco e più ampio che funga da appoggio interpretativo e che ci permetta di rimanere sulla stessa frequenza d’onda dell’autore e del narratore dentro il canale della cultura medievale. Voler entrare, decodificare e disambiguare le numerose zone d’ombra dei codici assiologici medievali e moderni, operanti nelle opere d’arte, con le chiavi di lettura e con gli strumenti tecnico-retorici contemporanei, o addirittura fantascientifici, non è solo segno di presunzione, ma anche di ingenuità e di scarsa competenza.
Stesso discorso vale per l’opera pittorica attribuita a Mainardi: i segni culturali espressi nel testo vanno letti in chiave classica e scritturale. Non bisogna dimenticare che i grandi artisti, vissuti tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età moderna, erano cortigiani del loro “datore di lavoro”, il quale commissionava un’opera legata a un tema ben preciso e l’artista non era libero di dipingere oggetti astrusi o fuori narrazione rispetto al tema stesso. Nelle natività o nelle crocifissioni non potevano entrare “oggetti volanti”, che nulla avevano a che vedere con Cristo, anche se fossero stati visti realmente. Se poi si vogliono vedere per forza Ufo o oggetti pilotati da extraterrestri, allora… ognuno interpreti il reale come crede! Ma se quei segni si analizzano seguendo le corrette fonti letterarie, filologiche e culturali, ovvero si utilizzano le appropriate chiavi di lettura, viene fuori la visione nitida e corretta di quello che volevano rappresentare gli autori e anche quanto il testo prefigura, presuppone e implica, ma sempre dentro le coordinate culturali in cui le opere sono nate: ritrarre la presenza divina tra gli uomini e nell’universo, in cui la stessa dimensione umana si concreta e si realizza.
Il precedente articolo pubblicato su LucidaMente dallo stesso autore, sulla tematica “Presenze aliene nell’arte”, è: Gli Ufo e lo “strano caso” di Visoni Dekani.
Le immagini: Madonna col Bambino e San Giovannino (1500 circa, olio su tela, Firenze, Museo di Palazzo Vecchio) di Sebastiano Mainardi (San Gimignano, 1460 – Firenze, 1513) e particolare in cui si vede ingrandito il presunto disco volante; Natività (1501, affresco, Spello, Chiesa di Santa Maria Maggiore, Cappella Baglioni) di Bernardino di Betto Betti, più noto come Pinturicchio o Pintoricchio (Perugia, 1452 circa – Siena, 1513) e particolare; Seppellimento dei Santi Valeriano e Tiburzo (1506, affresco, Bologna, Chiesa di San Giacomo Maggiore, Oratorio di Santa Cecilia) di Amico Aspertini (Bologna, 1474 circa -1552).
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(Lucidamente, anno VII, n. 84, dicembre, 2012)
Trovo ottimo per spunti, sovrapposizioni e serietà questo articolo http://www.acam.it/clipeologia-ufo-nellarte-si-o-no/
Cortese signor Marino,
La ringrazio per le belle parole e per aver linkato l’interessante articolo di clipeologia. Approfittando delle imminenti festività, le invio i miei più cordiali auguri per un sereno Natale e un felice Anno Nuovo.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
Apprezzo la qualità d’espressione e disamina tecnica dell’esperto d’arte pittorica; tuttavia dissento sul contenuto a mio modesto avviso frettolosamente liquidato come semiotico e puramente interpretativo degli artisti, in seno ad espressioni che come vengono citate nell’articolo, riconducono all’esaltazione del Mistero e del Divino relegandole con il termine di “metafore pittoriche”. Lo dico a ragion veduta avendo interloquito con Prelati e Teologi di vario livello che ravvedono invece in talune opere d’arte, le “presenze” di altri Esseri/Dimensioni, emanazioni proprie del Creatore. Com’è stato suggerito al sottoscritto, per meglio comprendere e studiare la materia, consiglierei un’attenta lettura dei pensieri di Platone..
Alberto Negri – Spazio Tesla/Cun Italia
Una nube guarda caso a forma di ufo del XX secolo. Inutile i paragoni con altri dipinti simili: in quei casi si tratta effettivamente di nuvole, nel caso del dipinto in questione no. Tutto il resto è una vigorosa arrampicata sugli specchi.
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto.