La morte di Stefano Borgonovo ha rilanciato i sospetti sull’uso indiscriminato di sostanze dopanti nello sport
Particolare commozione ha destato la recente morte del calciatore Stefano Borgonovo, a soli 49 anni, dopo un’agonia terribile che egli stesso ha voluto far conoscere a tutti. I media, con qualche punta di sadismo, hanno prestato attenzione alle sue testimonianze, condendole spesso di un pietismo intollerabile.
Di rilevante nella vicenda di Borgonovo c’è la ricorrenza della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che, insieme ad altre affezioni mortali, è in qualche modo legata al calcio. Scorrendo l’elenco delle morti premature nel mondo del pallone (da Armando Segato, il primo, a Bruno Beatrice, Mauro Bicicli, Andrea Fortunato, Fabrizio Gorin, Ernst Ocwirk, Nello Saltutti, Gianluca Signorini, Giuliano Taccola, Guido Vincenzi, ecc.), si rimane sbigottiti di fronte a una tale ecatombe. Il dolore e il risentimento prendono alla gola: glorifichiamo uno sport che è divenuto un business perverso, sia moralmente sia materialmente, come testimoniano anche i deficit presenti nei bilanci della maggior parte delle squadre. I calciatori morti prematuramente non sono state persone “sfortunate”, ma, molto probabilmente, vittime di un sistema perverso, che sacrifica la vita in nome del “dio pallone”. Infatti, dietro le gravi patologie che hanno colpito i giocatori si nasconde, forse, l’assunzione prolungata di sostanze illecite e nocive.
Se crediamo alle denunce di Ferruccio Mazzola, contenute nel volume Il terzo incomodo (Bradipolibri), non possiamo che sbalordirci e indignarci: si tratta del testo più drammatico scritto sul doping nel calcio, a causa del quale Ferruccio ha perso l’amicizia del più famoso fratello Sandro ed è stato allontanato dall’ambiente calcistico, beccandosi pure una denuncia per diffamazione dall’Inter (i giudici, però, hanno respinto le richieste della società nerazzurra). Purtroppo, di questi problemi si parla poco sui mezzi di informazione e solo quando muore qualche ex atleta: quanta pubblicità è stata fatta al libro di Ferruccio Mazzola e a quelli di Carlo Petrini (cfr. www.kaosedizioni.com), altra probabile vittima del doping pallonaro?
Ha senso discutere di sport di fronte a episodi di questo genere? Il doping non riguarda solo il calcio, ma è diffuso anche in discipline sportive particolarmente “adrenaliniche” come automobilismo e motociclismo, dove solo per miracolo non avvengono continue tragedie. In questo tipo di competizioni il brivido prevale sulla prudenza o, meglio, il pericolo più grossolano alimenta il brivido, a sua volta del tutto epidermico, come se i veri campioni non fossero capaci di provare altro. In altri sport agonistici, invece, il pericolo è più subdolo: gli atleti vengono trasformati in robot, riempiti di medicinali, nella certezza-speranza-indifferenza che qualcosa di grave non accada mai. Gli sportivi spesso sono incoscienti dei rischi che corrono, ma talvolta sono anche consenzienti, perché un buon ingaggio o un ricco premio per una vittoria sono, per taluni, più importanti della salute (per esempio nel ciclismo). A quando, dunque, il prossimo “caso Borgonovo”?
L’immagine: una foto di Stefano Borgonovo con la maglia della Fiorentina; la copertina de Il terzo incomodo di Ferruccio Mazzola.
Dario Lodi
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)