Quasi borgesiana (o kafkiana) la descrizione del materiale che si accumula nei nostri atenei in “Scartoffie” di Giuseppe C. Budetta
Un esempio della trasformazione di soldi pubblici in scartoffie sono i nostrani dipartimenti universitari. Lo si capisce, entrando in una di queste strutture del sapere. Pile di incartamenti e libri riempiono le superfici della scrivanie, gli scaffali, gli stipi e gli armadietti con le ante scorrevoli lungo i muri perimetrali. Ammassi cartacei giacciono in appositi contenitori sopra le scansie dei corridoi.
Su ogni faldone c’è l’etichetta con l’indicazione dell’anno accademico, il numero del volume e l’intestazione dell’esperimento scientifico di cui c’è ampia dissertazione nelle pagine, inscatolate all’interno. L’osservatore può impressionarsi da ciò che l’etichettatura attesta:
Anno 2004, II vol.: Prove ormonali sulle pecore di razza girgentana. Anno 2005, VI vol.: Sincronizzazione ormonale degli estri. Alcune diciture sembrano voler diffondere il panico: Anno 2006, XII vol.: Parvovirus. Anno 2007, VII vol.: Peste suina.Anno 2008, VII vol.: Incidenza sulla mortalità umana dell’encefalomielite aviaria.
Chi legge, d’istinto guarda altrove e, se è un maniaco dell’igiene, corre in toilette a lavarsi le mani. Più spesso, i faldoni contengono gli estratti di vecchie ricerche scientifiche il cui numero aumentava negli anni in cui c’erano i concorsi a cattedra. Come le tonsille che s’ingrossano perché infiammate, così l’incremento del cartaceo ammasso si riacutizzava in vista di una scadenza concorsuale. Si raccontava che la commissione concorsuale li pesasse senza neanche leggerli. Chi vantava un numero di estratti del peso superiore al chilo aveva la possibilità di diventare professore ordinario.
Le pile di carta stampata, per lo più fotocopie su modello A-4, con timbrature varie, firmate e controfirmate, si elevano orgogliose sulle scrivanie ed incombono sui monitor dei computer. In bella mostra, ci sono i fogli intestati, le circolari rettorali protocollate, le disposizioni ministeriali e le e-mail del direttore, i programmi per il dottorato e i programmi ERASMUS. Rotoloni di poster come antiche pergamene in cilindrici contenitori, depositati agli angoli delle stanze. Sui muri, a fianco ai calendari, gli attestati rilasciati nei congressi e, in appositi armadietti, le cartelle variopinte coi lucidi da proiettare a lezione e le fotocopie di ricerche mai concluse.
In fondo al corridoio, oltre i laboratori, trovi la biblioteca, piena all’inverosimile di volumi impolverati, accatastati in ordine crescente in base agli anni di pubblicazione. In altri scomparti, le tesi e le tesine sperimentali di laureandi dei tempi andati, le riviste scientifiche non più in circolazione, i bollettini medici e paramedici, vecchi giornali sindacali, atti dei congressi e fascicoli amministrativi. Al centro dello stanzone campeggia il mobile con sopra gli estratti delle riviste italiane ed estere di fresca stampa, consultabili al momento dai ricercatori, dottorandi e allievi desiderosi d’aggiornarsi. Alcuni periodici italiani hanno titoli altisonanti: SUMMA, IL CHIRONE, ALMA MATER, INDAGINE MEDICA SPERIMENTALE (M.I.S.). Ogni rivista contiene decine di ricerche scientifiche, coi nomi degli (autorevoli) autori e l’anno di pubblicazione. Ammassi e super ammassi cartacei, incrementatisi in tempi recenti grazie ai computer, alle stampanti e agli scanner…
Giuseppe C. Budetta
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)