Educatori ed educatrici del capoluogo emiliano rischiano di rimanere senza impiego durante i tre mesi estivi a causa della discutibile gestione del problema da parte dell’amministrazione comunale
«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Lo dice l’articolo 4 della Costituzione italiana. Lo gridano a gran voce da tempo gli educatori e le educatrici che lavorano presso i servizi socioeducativi del Comune di Bologna, che probabilmente, alla chiusura delle scuole, rimarranno senza retribuzione.
Il contratto a tempo indeterminato non li tutela. Spieghiamo il perché. Secondo quanto previsto dall’ultimo bando di gara, vinto dalla Cooperativa sociale Il Quadrifoglio, nonostante il ricorso della Cooperativa sociale Società Dolce, che da anni deteneva quasi il monopolio di tali attività, il Comune paga solo per le ore effettive di lavoro. Di conseguenza, nel momento in cui un utente si assenta da scuola, il suo educatore non viene pagato per quelle ore, a meno che non sia un educatore di plesso scolastico, nel qual caso l’istituto può decidere di impiegarlo in altre attività. Inoltre, le scuole chiudono tre mesi in estate, periodo nel quale la maggior parte degli educatori potrebbe essere impiegata nei centri estivi, se solo il Comune avesse avuto la premura di unificare i bandi per i servizi scolastici e quelli per i centri estivi stessi, come richiesto dai lavoratori, per garantire loro una continuità.
L’Usb (Unione sindacale di base) si era mobilitata perché venisse risolto tale problema. Tuttavia, dopo numerosi incontri con gli assessori Marilena Pillati per la Scuola e Amelia Frascaroli per le Politiche sociali, l’amministrazione comunale si è detta impossibilitata a intervenire, scaricando la responsabilità sulla precedente gestione del commissario Anna Maria Cancellieri. A distanza di un anno, per logiche ancora da verificare, permane la situazione sopra citata. E a tutt’oggi non si è a conoscenza di chi abbia vinto il bando per l’estate, che lo scorso anno era stato assegnato ad alcune società sportive. Molti educatori si sono ritrovati a reinventarsi un lavoro per poter far fronte al pagamento di affitto e utenze. Per coloro che sono stati “assorbiti” da tali società, non è stato rispettato il contratto di lavoro, bensì sono stati costretti a firmarne uno a progetto, senza il riconoscimento di malattia, ferie, tredicesima, né di qualsiasi altra copertura. Oltre a questo, va menzionato che sono lavoratori che non arrivano a percepire 1.000 euro mensili e ai quali viene riconosciuto un mese scarso di ferie retribuite, con le quali dovrebbero sopravvivere per i quattro mesi di chiusura delle scuole.
«Io trovo che questa situazione sia ormai diventata insostenibile ̶ dichiara Marco Martucci, delegato Usb e membro del Coordinamento operatori sociali di Bologna ̶ e che l’amministrazione comunale di Bologna abbia una responsabilità politica grave rispetto a quanto sta avvenendo. Molte educatrici e molti educatori si aspettavano ben altro da un’amministrazione che si diceva di centrosinistra ma che di sinistra non ha evidentemente nulla. I nostri amministratori si impegnano tanto a combattere i sentimenti dell’antipolitica ma, se praticano questi sistemi, c’è poco da stupirsi che la gente non si fidi più».
Le immagini: manifestazioni di educatori e operatori sociali di Bologna.
Francesca Gavio
(LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)
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