Il 27 marzo di settant’anni fa veniva assassinato Fausto Atti. Un delitto misterioso, del quale abbiamo parlato con l’omonimo nipote della vittima
«Dov’è tuo padre?». «È in casa». Così i due sicari entrano nell’abitazione e uccidono a colpi di arma da fuoco Fausto Atti. È il 27 marzo 1945, sono le ultime settimane del nazifascismo nell’Italia settentrionale. La vicenda si svolge a Trebbo di Reno, frazione di Castel Maggiore, a pochi chilometri da Bologna, che sarà liberata il 21 aprile. Com’è facile immaginare, il figlio Ovidio, involontario, innocente collaboratore degli assassini del padre, vivrà sempre con un incancellabile, seppur immotivato, senso di colpa.
Dopo settant’anni, l’omicidio di Atti, militante comunista internazionalista, resta avvolto nel mistero. Le motivazioni che spinsero i due sicari a ucciderlo sembrerebbero legate al contrasto tra il Partito comunista italiano (Pci, togliattiano) e il gruppo dissidente nel quale militava anche Atti, peraltro aderente al partito fin dalla sua nascita, al celebre Congresso di Livorno del 1921. Nel suo libro Il revisionista (2009), Giampaolo Pansa accenna al “delitto Atti” narrando dell’assassinio di Mario Acquaviva: «Due capataz del Pci di Casale gli avevano promesso la stessa fine». E, infatti, pochi mesi dopo, l’11 luglio 1945, a Casale Monferrato (Alessandria), anche Acquaviva sarà un comunista trucidato dai comunisti “ortodossi”. Figura meno rilevante di Acquaviva, chi era Fausto Atti?
Atti era nato a Bologna nel 1900 (ma, come vedremo, né data, né luogo sono certi). Bracciante agricolo divenuto operaio, fu costretto dalle persecuzioni fasciste a riparare in Belgio. Come detto, fu comunista della prima ora, aderendo alla frazione di sinistra del Pcd’I (come si chiamava in origine il Pci). Nel 1940 fu arrestato dalla polizia tedesca e deportato prima in Germania, quindi confinato a Ventotene. Dopo la caduta di Mussolini del 25 luglio 1943 fu liberato ed entrò a far parte del Partito comunista internazionalista, di cui fu responsabile in Emilia. La sua posizione politica (rompere con i partiti del Cln-Comitato di liberazione nazionale e costituire squadre autonome di difesa proletaria, in alternativa alla posizione ufficiale della comune «lotta contro lo straniero») lo rese inviso al Pci, che cercò di far passare la sua morte come «un regolamento di conti tra fascisti». Da Bruxelles i suoi compagni d’esilio lo ricordarono con una bella lettera di Cordoglio datata 6 novembre 1945. Come vedremo, molti anni più tardi, qualcuno gli dedicò anche una canzone: Fausto Atti: presente!
La sua fine rientra nel più ampio contesto del celebre Triangolo della morte (o Triangolo rosso), cioè l’area variamente circoscritta (la più ampia sarebbe Bologna-Reggio Emilia-Ferrara) entro la quale, tra il 1943 e il 1949, si registrò un alto numero di assassinii a sfondo politico da parte dei partigiani comunisti (ronde rosse). Ma, come abbiamo visto, il fenomeno fu presente in più parti dell’Italia settentrionale. Quanti furono i morti nell’area emiliana? Incalcolabili, giacché, tra i veri e propri omicidi politici, si nascosero vendette personali e persino passionali. Si parla di 4.500 morti: fascisti, possidenti agrari, qualche decina di sacerdoti, ma, come abbiamo visto, anche “compagni”.
Torniamo a Fausto Atti. Per sapere di più sull’uomo e sulle circostanze della sua morte, siamo andati alla ricerca dei discendenti diretti ancora vivi nel Bolognese. Marilena, una nipote figlia di Angelina e di Riccardo, secondogenito di Fausto e della moglie Maria, ci ha riferito che i famigliari vissero la sua morte con pudore e riservatezza. E, forse, anche con la paura di ulteriori ritorsioni. Certamente erano convinti che Fausto, sepolto a Castel Maggiore insieme ad altri partigiani, «non sarebbe stato contento di essere lì», vicino ai suoi probabili carnefici. Più notizie ci ha fornito l’omonimo nipote della vittima, Fausto Atti, figlio di Ovidio (1927-2008) e di Giovanna, nata in provincia di Reggio Calabria nel 1935. Quarantaquattro anni, giovanile, lavora in provincia di Bologna, presso un’azienda del settore terziario. Ha avuto il garbo di conversare con noi su un argomento famigliare così delicato, e di questo lo ringraziamo. Ecco la sua intervista.
Avete mai sospettato di qualcuno e si è mai avuto il dubbio che, nella morte di suo nonno, vi fossero motivi di vendetta personale, oltre che politica?«Nessun sospetto, ma certamente la matrice del delitto fu solo politica. E i comunisti togliattiani cercarono di farla passare per tale… anche se dal loro punto di vista…».
Pochissimi sono i dati su suo nonno…«Posso aggiungere solo ulteriori incertezze: non è certo fosse nato nel 1900 e probabilmente il suo luogo natio era Castello d’Argile».
Quali sentimenti hanno provato i numerosi famigliari di suo nonno di fronte a un omicidio tanto efferato quanto inconcepibile?«Essenzialmente riserbo».
Allora ci vuol descrivere, in generale, la famiglia costituita da Fausto, dalla moglie Maria e dai loro figli?«Per cercare di far capire le sue peculiarità, che oggi possono apparire strane, ma che all’epoca erano molto diffuse, occorre dire che era una famiglia convintamente atea. E che non votava perché non credeva nella democrazia parlamentare. Anzi, si recava a votare solo per un motivo: all’epoca veniva pubblicata per un mese coram populo la lista degli astenuti che non avevano prodotto giustificazione al proprio sindaco e per cinque anni se ne dava segnalazione nel certificato di buona condotta. Sicché, nel segreto dell’urna, si annullava la scheda o si votava scheda bianca».
E suo padre Ovidio, il figlio di Fausto?«Era un operario tornitore, con la quinta elementare. Eppure era convinto esperantista [sostenitore della diffusione internazionale dell’esperanto, la celebre lingua “artificiale” elaborata tra il 1872 e il 1887 dal polacco di origine ebraiche Ludwik Lejzer Zamenhof (1859-1917) e proposta come linguaggio comunicativo universale, ndr]. Di carattere era molto riservato, parlava poco, anche del padre e di politica. Mi aveva tenuto all’oscuro. Solo poco prima di morire aveva cominciato a scrivere qualcosa sulla morte del padre».
Qual era il rapporto di Ovidio col padre?«Una volta mi disse: “Io ho conosciuto per la prima volta mio padre in carcere”. Aveva sofferto tantissimo per la sua assenza, per non averlo mai avuto vicino mentre cresceva».
Aveva capito qualcosa delle “ronde rosse”?«Tornando a casa in bicicletta, spesso s’imbatteva in morti abbandonati per strada…».
Come si collocava politicamente?«Non fece mai alcuna attività politica, forse qualche riunione. Ma era bordighista di Programma comunista e riteneva che il nemico peggiore fossero gli ex compagni dello stesso partito. Così si producevano decine di scismi e gruppuscoli (Battaglia comunista, Lotta comunista, Programma comunista)».
Quando e da chi fu composta la canzone dedicata a suo nonno che si può ascoltare anche su YouTube, Fausto Atti: presente!?«Siamo intorno al 1995. L’autore del canto è stato Giacomo Scalfari, alias Vecchio Gek, uno studente calabrese iscritto all’Università di Bologna. All’inizio degli anni Novanta in zona universitaria comparvero scritte quali “Onore a Fausto Atti”, furono distribuiti volantini e una sezione del Partito comunista internazionalista sita in via Pizzardi fu intitolata proprio a mio nonno».
Cosa fa ora Scalfari?«Oggi è anche lui quarantenne e so che vive a Parma [dove scrive libri ed è rimasto politicamente impegnato nell’estrema sinistra, ndr]».
Riguardo l’omicidio di suo nonno, attualmente lei cosa prova?«Il rammarico di non aver saputo di più. A distanza di tanti anni la sofferenza nasce più che per la violenza subita per il dispiacere di non aver potuto conoscere mio nonno e non aver saputo il perché della sua morte. E di più sulla storia di quei tempi».
Gli ultimi discendenti, vale a dire i figli dei nipoti della vittima, i suoi stessi figli, cosa provano, cosa sanno di tale assassinio?«Non gliene abbiamo mai parlato, essenzialmente perché si tratta di fatti storici molto lontani dal loro mondo, cioè il mondo odierno».
Senza quegli ideali e quell’impegno politico che poteva portare anche alla morte, stiamo meglio o peggio?«Era preferibile l’impegno e l’idealismo, anche se il settarismo di quei tempi o degli Anni di piombo era assurdo».
E oggi?«Oggi, oltre al quasi totale disimpegno pur di fronte a una società sempre più ingiusta e violenta, c’è, da parte delle generazioni attuali, un’enorme ignoranza di quella tragica epoca storica e delle vicende individuali che l’hanno costellata. E nessuno può più raccontarle».
Le immagini: la copertina del libro di Nazario Sauro Onofri, Il triangolo rosso. La guerra di liberazione e la sconfitta del fascismo (1943-1947), intende essere anche un omaggio all’autore, morto pochi giorni fa, il 9 marzo 2015.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno X, n. 111, marzo 2015)
Perché questo pezzo è inutile e cattivo.
L’estensore si preoccupa unicamente di dimostrare la perfidia dei comunisti rozzamente anticipata nel titolo. Dal momento che il suo unico obiettivo è di dimostrare l’insano animo di una categoria a lui avversa, non fa nessuna ricerca, per conto suo sulla figura Fausto Atti, ma copia, quanto riporta Wikipedia con qualche piccola parafrasi e cambiamento di forma, tanto per salvarsi la coscienza.
D’altra pare fa bene Tripodi a riportare Wikipedia, perché quando scrive di suo scrive sciocchezze o riportate dal discutibile Pansa, oppure farnetica di “gruppo dissidente”, quando parla del Partito Comunista Internazionalista (PCInt), un vero e proprio partito politico staccatosi dal PCI, sin dal 1942, cui aderì Atti.
Certo sarebbe stato più interessante se ci avesse spiegato le dinamiche che avevano portato alla scissione. Ma questo a Tripodi non interessa, a lui preme dimostrare che i comunisti son pari alle bestie.
E infatti quel che lo colpisce è questa frase che vede sempre su Wikipedia:
“La sua attività provocò la violenta reazione del Partito Comunista Italiano (PCI) di Palmiro Togliatti che, il 27 marzo 1945, lo fece assassinare a Trebbo (Bologna), dove abitava, cercando di far passare l’assassinio come «un regolamento di conti tra fascisti».” che però Wikipedia non approva in quanto risulta essere “senza senza fonte”. Questa ipotesi, più o meno fondata, avrebbe dovuta essere verificata, viceversa a Tripodi non sembra vero avere il suo supporto per un odio insensato nei confronti dei cattivi comunisti e la fa sua e diventa il preambolo per tutto il pezzo. L’intervista che segue è del tutto inutile in quanto, traspare, una reticenza dell’intervistato a parlare di fatti oramai dimenticati con un siffatto intervistatore, che vorrebbe sentirsi dire qualcosa sui perfidi comunisti. Ma il povero intervistato non casca nel gioco e lo lascia cuocere nella sua broda.
Quello che io mi chiedo è: quale significato può avere una finta “rivelazione” di questo genere su un fatto oscuro e dimenticato? Forse rende giustizia alla memoria del povero Atti, un simile pezzo tanto intriso di anticomunismo? Come si può pensare una simile cosa dal momento che lo stesso Atti era stato un partigiano e fervente comunista? No nessuna, compassione, nessuna pietà nei confronti del povero Atti, anche perché, guardando dall’ottica di Tripodi, sarebbe peggiore anche dei suoi carnefici, visto che la sua parte politica voleva continuare la guerra per portare alla vittoria il proletariato, con quel che ne sarebbe conseguito…
Vi chiederete (e giustamente): ma perché hai perso del tempo a commentare una cosa tanto inutile e vacua? Avete ragione, ma mi sembrava corretto ed educativo additare un esempio di come non si fa il giornalismo, un pezzo da “Giornale”, insomma e varie schifezze. Un complimento comunque a Tripodi che può avere un futuro alla corte di Feltri, Sallusti e simili pagliacci.
Gentilissima Arna Lacedelli, grazie per averci scritto.
Come vede, non viene censurata neanche una virgola di quello che scrive. Questa è la caratteristica dei liberali, dei socialisti e dei libertari, in netto contrasto con le ideologie totalitarie e fondamentaliste, tra le quali il comunismo.
L’articolo voleva essere solo un’intervista che rievocasse la vittima di un tempo politico per fortuna lontano, anche se nuovi integralismi avanzano. Le altre sue considerazioni sono illazioni, comprese le accuse gratuite (per non dire degli insulti).
Se avesse dato una scorsa un po’ attenta alla rivista che dirigo con onore da 10 anni, si sarebbe accorta delle battaglie libertarie da noi condotte (carcere, testamento biologico, diritti civili, laicità, scuola pubblica, ecc.). Ma sarebbe bastato anche scorrere la home page. Si parla di ateismo, testamento biologico, eutanasia, cannabis terapeutica, musica indipendente.
Tuttavia, come affermava Luigi Pirandello ne “Il fu Mattia Pascal” (la “lanterninosofia”), c’è chi preferisce illuminare la realtà con lenti colorate e il risultato è che vede ciò che vuole, distorcendo la verità. Igitur, fare apprezzamenti, catalogare, accostare, tutto senza riscontro. Il che è tipico, appunto delle fedi religiose e totalitarie.
Può continuare a scriverci: nessuno, da parte nostra, verrà mai a censurarla, insultarla, bastonarla, lapidarla, ucciderla, ecc. ecc., come farebbero altri verso cui sembra simpatizzare (ma speriamo di sbagliarci).
Cerchi di aprire gli occhi e di evitare lei furori ideologici e pregiudizi. Ma è giovane: crescerà.
L’omicidio di Atti e di molti altri compagni comunisti fu eseguito da sicari stalinisti su ordine di Togliatti. Si fa facilmente e a volte opportunamente confusione tra comunismo e stalinismo, minestra ideologica preriscaldata e sempre pronta.
Un opuscolo sulle vittime dello stalinismo.
http://www.leftcom.org/it/articles/1995-03-01/l-assassinio-di-fausto-atti
Gentilissimo lettore,
la ringraziamo per averci scritto (anche se non si è firmato). Continui a seguirci e a dibattere. Noi siamo libertari.
Non sarebbe male ripensare anche alla fine di Bruno Buozzi. Il grande sindacalista socialista voleva una CGIL autonoma, non asservita al PCI togliattiano e stalinista dell’epoca. Lo uccisero i Tedeschi, certo. Ma chi furono i delatori che ne permisero la cattura? Perché la moglie chiese a più riprese la costituzione di una commissione d’inchiesta? E perché nel 1945-46 furono uccisi vari esponenti socialisti autonomisti (Umberto Farri a Casalgrande-RE e Angelo Menegatti a Migliarino-FE)?
Antonio Soffritti