La sentenza del Tribunale di Milano, che ha condannato il terzetto Fede-Minetti-Mora, lascia comunque molte perplessità. A quando un’Italia nella quale legge, morale e senso del peccato siano laicamente separati? E non si tifi per mandare in galera?
Tra la gioia e gli sghignazzi dei militanti della sinistra moralista-giustizialista (si vedano i commenti postati nei vari quotidiani on line…), Emilio Fede, Nicole Minetti e Dario Gabriele Mora, come precedentemente Silvio Berlusconi, sono stati pesantemente condannati dal Tribunale di Milano. Totale, per i quattro “criminali”: 26 anni di carcere.
In via preliminare chiariamo quali sono i reati che hanno motivato le pene: al giornalista e al manager-talent scout sono stati inflitti 5 anni per favoreggiamento della prostituzione e 2 per quella minorile; alla consigliera regionale 5 anni per favoreggiamento della prostituzione; al Cavaliere 6 anni per concussione e 1 per rapporti sessuali con minore. Interdizione perpetua dai pubblici uffici per gli imputati di sesso maschile e di cinque anni per la Minetti. Inoltre, in entrambe le sentenze, gli atti sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica per vagliare il reato di falsa testimonianza e il tentativo di inquinamento delle prove. Premettiamo anche che nessuna simpatia o empatia umana, morale o culturale ci suscitano i condannati.
Certamente tutti e quattro – ma certo non sono stati i soli – hanno per decenni contribuito ad ammorbare moralmente un Paese che di sicuro già puzzava abbastanza. Il milanese Silvio Berlusconi: prima, come industriale Mediaset, ha propinato alla parte culturalmente più debole degli italiani decenni di tv-spazzatura, che ne hanno offuscato o azzerato le residue capacità civili e critiche; dopo, come presidente del Consiglio, ha puntato su una politica-spettacolo vuota e disastrosa per i reali problemi del Paese. Il siciliano Emilio Fede, col suo telegiornale, ha reso il giornalismo un siparietto al servizio del “capo”. La riminese Nicole Minetti è stata l’emblema dello svilimento delle carriere politiche, ottenute per meriti semplicemente “estetici”. Il veneto “Lele” Mora, già condannato anche per bancarotta fraudolenta, evasione fiscale e spaccio di droga, è stato un simbolo per tanti giovani “rampanti”, pronti a raggiungere la notorietà a ogni costo (vedi Oltraggio alla Corona). Tuttavia, gli atti elencati non costituiscono reato. Non siamo (ancora) un regime talebano, sappiamo distinguere reato da morale. Chiarito tutto ciò, onde – si spera – non ingenerare equivoci, molte sono le perplessità che investono un liberale e laico.
In caso di “reati” quali consumo di droghe o immigrazione clandestina, o favoreggiamento della prostituzione, qual è la parte lesa? Il buonsenso e il senso comune dicono che non c’è. Sono evidenti le sofferenze provocate dai pirati della strada alle loro vittime e ai famigliari, così come quelle causate da uno scippatore, da un violento (che comunque subiscono pene ben minori di quelle inflitte dal Tribunale di Milano ai nostri quattro “amici”). E, rientrando nei reati di cui sopra, è presumibile il danno che può procurare chi spaccia sostanze stupefacenti a chi le prova per la prima volta o chi ha rapporti sessuali con una bambina o poco più.
Però, se uno di noi fa salire in auto una operatrice del sesso e la accompagna in casa di un nostro amico paraplegico (da smentire l’imbecille pregiudizio secondo il quale i disabili non hanno una sfera sessuale come tutti; vedi Sentiva il cuore battere in petto o Le negate passioni dei disabili), può esser condannato per favoreggiamento della prostituzione. Se, poi, la giovane ha 17 anni e 11 mesi, è prostituzione minorile (invitiamo qualunque poliziotto, carabiniere o giudice a indovinare che sia minorenne una ragazzona dell’est alta 1,80, che sembra una madre di famiglia). Eppure, ripetiamo: a chi si è fatto del male? Al nostro amico disabile (felice)? Alla sex worker (ben remunerata)? Intanto noi, “buoni samaritani”, rischiamo una decina di anni di carcere.
Nel caso del mercato della droga e del sesso la “ricaduta” negativa risiede (soprattutto nel primo caso) nel finanziamento alla criminalità organizzata che gestisce il mercato degli stupefacenti e l’ingresso di giovani straniere in Italia. Ma qui il serpente si morde la coda. Si tratta di piaghe che la società, le religioni, le leggi, hanno reso tali. Se si regolarizzassero le due attività, lo Stato incasserebbe in materia fiscale e si eliminerebbe tutto il torbido ambiente che ruota attorno a droga e prostituzione. E, comunque, non trascuriamo la significativa differenza che, nel caso dell’eros a pagamento, a differenza delle tossicodipendenze, i rischi sanitari sui fruitori sono quasi nulli. Che la condanna pregiudiziale di droghe e sesso sia legata al fatto che entrambe hanno il fine di procurare piacere? Pericolo sociale o moralismo?
E tuttavia si va avanti con stereotipi – per definizione duri a morire – collegati a una società che non c’è più, nella quale le condizioni delle donne, degli uomini e dei minori erano ben diverse da quelle attuali. La legge Merlin (vedi L’altra faccia della prostituzione o I fantasmi della strada) risale al 1958 (!). Intanto, cos’è rimasto dell’impianto socioculturale e di costume dell’Italia di quasi 60 anni fa? Un latente bigottismo cattolicista e veterofemminista e basta. Oggi, in Occidente, nessuna donna, a meno di non considerarla minus habens, nel prostituirsi o comunque nell’esercitare la propria avvenenza, è inconsapevole di quello che sta facendo (benissimo retribuita). Non si dica che le giovani che si recavano ad Arcore si attendevano una cenetta tra anziani di una casa di riposo…
Ma in Italia si continua a urlare “In galera”. Da parte di tutti. I sinistrorsi godrebbero nel vedere in gattabuia i propri “avversari” storici o l’antipatico (capitalista) di turno. La destra il delinquentello. I leghisti il povero africano clandestino. I bigotti il tossicodipendente o persino l’adultero/a e l’omosessuale. Nessun italiano riesce a separare i concetti di “legge” (norma giuridica valida per tutti), “morale” (principi personali), “peccato” (regole per gli aderenti a una religione), che non sempre coincidono. Ciascuno vorrebbe incarcerare chi infrange le proprie illusioni, che definisce “ideali”, mentre chiama “stupidaggini” quelle degli altri. Nessuno nel Belpaese pensa che il carcere è inutile, abietto, disumano, dannoso. Ce la faranno a smuovere le coscienze i referendum radicali su immigrazione e droghe, contro l’abuso del carcere preventivo, per riformare la magistratura (introduzione della responsabilità civile dei magistrati e della separazione delle carriere; rientro nelle funzioni proprie dei magistrati fuori ruolo), per abolire una volta per tutte il finanziamento pubblico dei partiti e rivedere il sistema dell’8 per mille, per il divorzio breve, per l’abolizione dell’ergastolo (vedi 12 Referendum Radicali per la democrazia: i nuovi diritti umani e la Giustizia Giusta, Cambiamo Noi!)?
Se una nemesi, un senso di giustizia, si vuole ricavare da questa tristissima vicenda, sulla quale c’è poco da gioire e da cui escono sconfitti tutti, e in particolar modo il nostro Paese, essa è solo una. La destra e la cerchia berlusconiana hanno puntato le proprie fortune elettorali cercando il consenso degli italiani culturalmente più arretrati, e in particolare del Vaticano e dei cattolici più retrivi. Si è creato così ad arte un “allarme sicurezza” (inesistente, secondo i dati storici sui reati commessi: l’Italia è uno dei Paesi più sicuri al mondo). Dunque, libera caccia a immigrati “clandestini”, tossicodipendenti, piccoli delinquenti: se ne sono riempite le galere, da anni invivibili per sovraffollamento e disumanità (vedi Dossier carceri italiane: in spregio dei diritti umani). E via col moralismo ipocrita da bassa lega (o Lega?). Così, negli anni del governo Berlusconi-alleati, sono stati introdotti inasprimenti proprio in tema di prostituzione in generale e in particolare di atti sessuali con minorenni (vedi legge n. 38 del 6 febbraio 2006). Senza la possibilità di fruire di misure alternative al carcere. Ora, il Cavaliere e i suoi compagni di festini rischiano di dover subire la legge del contrappasso (vedi Silvio incastrato dalla Prestigiacomo)…
Le immagini: foto da il Giornale.it (Ruby bis, condannati Fede, Mora e la Minetti) e dai nostri archivi.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)
Non sono d’accordo circa il fatto che l’essere “laico” debba comportare una qualche disinvoltura sul piano morale. Per meglio dire il laico è tollerante e accetta comportamenti disinibiti. Il laicismo comporta però delle regole. Il favoreggiamento alla prostituzione, nel caso specifico a cui si riferisce l’articolo, va un bel po’ al di là di certi casi limite che possono ravvisarsi in ogni tipo di imputazione. Si parla, se non erro, di un vero e proprio reclutamento di persone cercate, individuate appositamente per una prestazione sessuale. a volte ripetuta. Tutto lascia inoltre pensare che chi reclutasse avesse un utile dall’operazione (magari non necessariamente finanziario) col che si andrebbe addirittura oltre il favoreggiamento…
Voglio dire si tratta di reati non di peccati. La prostituzione, dove non ci sia favoreggiamento o sfruttamento, non è vietata dalla legge. Tanto meno lo è l’atto sessuale. Credo inoltre fuorviante credere e lasciar credere che qualcuno si indigni con il leader di Forza Italia per ragioni morali. Se uccido qualcuno commetto dal punto di vista della religione (di molte religioni) un “peccato”. Il fatto che questo “peccato” sia anche un reato può avere ragioni storiche profonde che interessano la coscienza collettiva. Ciò fa sì, per esempio, che l’omicidio si riprovi sia sul piano morale sia su quello legale. Anche rubare, estorcere ad altri denaro, violarne l’immagine, sono reati e chi li persegue per dovere d’ufficio non può esser visto come un bigotto, anche perché non prende lui l’iniziativa avviandosi un’indagine in base a una denuncia. Se sul tavolo di un magistrato arriva una denuncia che riguarda una donna che mette le corna al marito, il magistrato la cestina perché questa non è materia di reato. Lo era un tempo, oggi, per fortuna, no. Ma oggi sono ancora reati cose come lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione.
Gentilissimo dott. Fulci, grazie per averci scritto e per le convincenti argomentazioni, che condividiamo.
Restano due considerazioni da fare:
1) Il suo discorso dovrebbe essere letto e imparato a memoria da certa sinistra, dalle femministe, dagli ideologi del “genere”, ecc., che, come i cattolici non sanno separare reato da peccato, così essi non separano reato da loro moralismi, bigottismi, idealismi, utopie e ideologismi vari;
2) Come nell’esempio del mio articolo, della prostituta accompagnata da un amico disabile (e se ne potrebbero citare altri: dal dare una bottiglietta d’acqua in agosto o dare un passaggio sotto la neve d’inverno), c’è ancora il realistico rischio di essere denunciati per favoreggiamento della prostituzione (è capitato ad associazioni religiose che di notte davano assistenza alle poveracce per strada!), senza tante distinzioni con lo sfruttamento; insomma, la legge Merlin va cambiata, altrimenti si è in balia della discrezionalità di forze dell’ordine e dei giudici, magari “ideologizzati”.
Stessa pena a sette anni anche per l’ex-direttore del Tg4 Fede, ritenuto colpevole di favoreggiamento della prostituzione anche minorile, ma assolto dall’accusa di induzione alla prostituzione minorile.
Se fosse un reato, condannerei Berlusconi/Fede per manifesta ipocrisia: non poteva, colui che ha usufruito in prima persona delle operatrice del sesso e che ha fatto tante ad personam, far fare una legge per liberalizzare e regolamentare della prostituzione.