La lettera di un parroco di un rione alla prima periferia di Bologna ai fedeli sulla “rotazione” annuale delle visite stimola varie considerazioni. E fa scaturire tanta tristezza e nostalgia
Parrocchia di un rione alla prima periferia di Bologna. Lettera ai fedeli sulle benedizioni pasquali: «Certamente avrete notato come la situazione della parrocchia stia cambiando, soprattutto nel senso dell’invecchiamento […]. Ma il cambiamento riguarda anche i sacerdoti della parrocchia».
Pochi preti e anziani. Infatti, l’epistola continua così: «Oltre al calo numerico c’è, anche per loro, l’invecchiamento coi relativi problemi fisici. Le scale, il ritmo delle visite e la quantità delle famiglie sono sempre più una fatica che facciamo volentieri, ma che si fanno sempre più sentire…». Pertanto, in vista del giro per le case per le tradizionali benedizioni pasquali, «dopo una vivace discussione», cos’ha deciso il Consiglio pastorale parrocchiale? «Di spalmare l’incontro con le famiglie in tre anni. Suddivideremo il territorio parrocchiale in tre zone (A, B, C). Ogni anno, prima di Pasqua andremo a benedire una zona». Tuttavia, «chi desidera, comunque, ricevere la “benedizione della famiglia” pur non appartenendo alla zona interessata per quest’anno, può compilare il tagliando [sic!] che trova sul retro e farlo pervenire in parrocchia».
Quest’anno la Pasqua arriva molto tardi. Come saprete, essa non ha una data fissa come il Natale, ma cade la domenica successiva il primo plenilunio di primavera (quest’anno venerdì 19 aprile); quindi, il 21 aprile. Ma a tanti cattolici, con le loro famiglie, mancherà qualcosa che da secoli e secoli si ripeteva: l’arrivo in casa del parroco – magari atteso con trepidazione –, il chierichetto, la benedizione con una preghiera. Infatti, quella cui abbiamo fatto riferimento non è l’unica parrocchia di Bologna che ha scelto quest’opzione, né il capoluogo emiliano è l’unica città italiana in cui il cattolicesimo è in difficoltà, e non solo per il giro delle benedizioni pasquali. Va così scomparendo non solo un rito cattolico, ma una tradizione; di più: una cultura millenaria. Chi mi conosce, sa che, anche se rispettoso del cristianesimo e aperto alla spiritualità, sono apertamente laico e ateo.
Eppure, quella lettera mi ha procurato tristezza. È un mondo che se ne va (vedi Il Vaticano ha dato ormai per persa l’Europa?). Una cultura con la quale ci si poteva confrontare. Comunque, una cultura che ha permeato la spiritualità occidentale e ne ha abbellito il paesaggio con l’arte e l’architettura. Una cultura, della quale, come diceva Benedetto Croce, tutti eravamo intrisi, anche i non credenti e gli anticlericali. Considerare tutti gli esseri umani delle persone; e rispettarle. Attraverso la figura di Maria, la devozione del femminile. Mediante Gesù bambino, l’attenzione verso i fanciulli. E, poi, il libero arbitrio. Sono gli stessi valori del mondo “multietnico e multiculturale” che oggi ci viene imposto? Provo, allora, soprattutto malinconia e nostalgia del passato. Anche, quando bussava alla porta il parroco, di quel poter dire “no, grazie”.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 160, aprile 2019)