Con il pretesto dell’epidemia virale e l’appoggio di (quasi) tutti si sta instaurando un totalitarismo poco “dolce”, vista la criminalizzazione dei pochi dissidenti resistenti non allineati. E forse ci attendono nuove strategie della tensione orchestrate dallo Stato?
Nel presente articolo non intendiamo addentrarci nella discussione sui “vaccini”, sulla loro efficacia, sulla loro pericolosità, sugli enormi interessi economici (vedi Big Pharma ricchi grazie al monopolio. Vaccini venduti a 24 volte il prezzo in Affaritaliani.it o Guido Fontanelli, Quanto ha reso il Covid a big Pharma: 100 miliardi di dollari, in Panorama). Ne abbiamo già ampiamente parlato in Epidemia Covid-19: tutto quello che non ci dicono. La questione da porsi, ancora più importante, è: stiamo già vivendo in uno stato autoritario, una “dittatura sanitaria”, come afferma qualcuno, scaturita dall’epidemia Covid-19 e assunta a pretesto per imporlo? E neppure tanto soft?
In effetti, al di là della validità e della rischiosità o meno dei “vaccini” nel breve periodo e, soprattutto, dei loro effetti nel medio-lungo (lo sapremo tra decenni), quello che preoccupa, in particolare in Italia, sono i numerosissimi segnali di un regime dittatoriale e antidemocratico, sostenuto da troppi: mass media, poteri economici e farmaceutici, intellighenzia, pubblicitari, star dello spettacolo, dello sport, del cinema, della musica leggera. I meccanismi per imporlo sono quelli consueti, applicati dalle dittature del Novecento, con le loro tipiche strategie per indottrinare/manipolare/terrorizzare le masse. Per amor di chiarezza e sinteticità, li elenchiamo di seguito.
- Autoritarismo dei governi. L’emergenza impone di non perder tempo con le prassi democratiche: avanti con decreti del presidente del Consiglio, voti di fiducia e massiccia presenza e azione repressiva delle forze dell’ordine per rilevare irregolarità e infliggere sanzioni.
- Terrorismo mediatico-politico. Nei primi mesi dell’epidemia, tv e radio, quasi a reti unificate, hanno martellato il povero utente imponendo obblighi di comportamento (distanziamento sociale – non sarebbe meglio definirlo “fisico”?; anche questa scelta lessicale della comunicazione ha un senso –, lavarsi le mani, uso delle mascherine, ecc.). Ancora oggi si continua coi “bollettini di guerra” quotidiani, contenenti freddi e grezzi numeri, che non offrono la possibilità di leggere la realtà (come e dove ci si è contagiati?; i deceduti soffrivano di altre patologie?; quanti sono i morti per la Covid e quanti per altra causa ma classificati come vittime della pandemia perché positivi al virus [Sars-Cov-2], magari senza sintomi collegati?; quali erano la loro età e la loro attività?; a quali terapie erano stati sottoposti?). L’importante è alimentare insicurezza e fobie.
- Teatralizzazione. Tre esempi per tutti: la fila di camion militari contenenti le bare dei primi morti nelle province di Bergamo e Brescia; l’arrivo di (presunti) medici giunti in aiuto da Cina, Cuba, ecc. (l’Italia ne aveva davvero bisogno?; che supporto o competenze hanno fornito?); i primi “vaccini” giunti in Italia scortati (perché?) dalle forze dell’ordine. Il tutto in consonanza con la società dello spettacolo teorizzata e profetizzata da Guy Debord.
- Semplificazione e soluzioni facili e sbrigative. Come in tutti i regimi autoritari, la risposta a un problema multiforme e complicato non è mai complessa, ma semplificata: i “vaccini” e la messa a priori all’indice e al pubblico ludibrio dei dissidenti e degli oppositori.
- Cieco ottimismo. Si è diffuso lo slogan “andrà tutto bene”, stupido, iettatorio, calco di un intercalare statunitense, e si è spinta la popolazione a comportamenti pagliacceschi, quali cantare dai balconi, quasi si trattasse di una festa o vacanza inaspettata e, quindi, gradita.
- Ipocrisia. Avessero almeno il coraggio di legiferare sull’“obbligo vaccinale” e se ne assumessero le responsabilità! Il problema è che, trattandosi di una terapia preventiva e non di un vero e proprio vaccino, scaturirebbero varie problematiche, tra le quali il risarcimento per “effetti avversi” (altro neologismo eufemistico…), che è, invece, già previsto per i vaccini obbligatori (legge 210 del 25 febbraio 1992, Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati). Peraltro, la stessa norma recita che «i benefici di cui alla presente legge spettano alle persone non vaccinate che abbiano riportato, a seguito ed in conseguenza di contatto con persona vaccinata, i danni di cui al comma 1; alle persone che, per motivi di lavoro o per incarico del loro ufficio o per potere accedere ad uno Stato estero, si siano sottoposte a vaccinazioni che, pur non essendo obbligatorie, risultino necessarie [il grassetto è nostro, ndr]; ai soggetti a rischio operanti nelle strutture sanitarie ospedaliere che si siano sottoposti a vaccinazioni anche non obbligatorie». Inoltre, a essa va aggiunta la legge 229 del 29 ottobre 2005 (Disposizioni in materia di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie).
- Ritorno allo stato etico. L’attuale potere è tornato ad assumere le funzioni dello Stato etico fascista. Lo Stato liberaldemocratico dovrebbe semplicemente sovrintendere alla vita dei propri cittadini. Quello attuale è moralista e pedagogico. In questo caso colpevolizza chi non si fa la “punturina”; ma, in generale, pretende di imporre una propria morale in campo sessuale (ddl Zan), ideologico (ambientalismo di facciata, quote rosa, ius soli), di costume (cannabis), sanitario (imposizione di stili di vita), ecc.
- Menzogne di stato. “Chi è vaccinato in un ambiente di vaccinati è sicuro di soggiornare in un ambiente sicuro”. “L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, sostanzialmente: non ti vaccini, ti ammali e muori. Oppure, fai morire: non ti vaccini, contagi, lui o lei muore” (Mario Draghi).
- Metodi orwelliani. «Il vaccino è libertà» (Enrico Letta): un ritornello palesemente ossimorico ripetuto da moltissimi leader di governo e da esponenti delle forze politiche al potere. Sembrano calchi degli slogan “L’odio è amore”, “La guerra è pace”, “La schiavitù e libertà”, “L’ignoranza è forza”, del romanzo 1984 di George Orwell.
- Infantilizzazione dei cittadini e loro regressione mentale. Oltre al già citato tormentone “andrà tutto bene”, “occorre fare la ‘punturina’”, “fate i bravi”, “obbedite”, “con poche, semplici regole, potremo tornare ad abbracciarci”…
- Pensiero unico. Non v’è alcun rimedio che non siano i “vaccini”, ogni altra cura è inutile o dannosa. A parte il fatto che i “vaccini” a mRna sono terapie sperimentali e non vaccini veri e propri, perché rifiutare a priori le innumerevoli altre terapie, tentate, a quanto pare con successo, tra le quali quella del dottor Giuseppe de Donno?
- Logica emergenziale. Il potere dichiara che c’è un’emergenza. Peccato che a questa segua un’altra, e un’altra ancora, e ancora un’altra… I cittadini sono tenuti sotto costante pressione, ansia, angoscia. Nel caso Covid non si è mai posto un fine, un obiettivo, dopo il quale riprendere fiato. L’80% di “vaccinati”? Non è sufficiente. Due dosi? Meglio tre. Tamponi? Non sono attendibili…
- Imposizione dello scientismo (che non significa scienza) elevato a dogma. “Lo dice la scienza”, “è scientifico”, “occorre fidarsi degli scienziati”: peccato che la scienza non sia dogmatica, ma è problematica e sempre in divenire (ad esempio, nel caso del vaccino Astrazeneca, gli “esperti” si sono contraddetti quattro volte); leggi L’esperienza storica smentisce le attuali, arroganti élite della comunità scientifica. La visione astronomica di Copernico e Galileo era ritenuta una stupidaggine assurda rispetto a quella di Tolomeo; Darwin, Einstein e Freud furono derisi. Al contrario, il criminale nazista Josef Mengele era ritenuto un valido medico “sperimentatore”, e la nefasta talidomide fu assunta con tranquillità come farmaco testato, efficace, inoffensivo; e a tutt’oggi i ricercatori vivisezionisti vengono considerati “scienziati”. Leonardo Sciascia ha scritto in 1912+1 (Adelphi, 1986): «Magalotti dice di cose che i medici una volta consigliavano e poi avversavano; e Savinio di aver visto nella sua vita mutare ben quattro volte l’opinione medica sul pomodoro» (p. 75).
- Linguaggio militare/militaresco/militarista di estrema violenza. “Siamo in guerra e chi non si vaccina è come un disertore e va passato per le armi”. “Occorre fare come Bava Beccaris e sparare sulla folla dei no vax”. C’è poco da commentare.
- Violenza e brutalità. Oltre al disprezzo e alla condanna verbale, sono stati parecchi gli episodi nei quali, nel corso di manifestazioni di dissidenti, quasi sempre pacifici e non violenti, le forze dell’ordine sono intervenute in modo eccessivo.
- Mancanza di dialogo con chi protesta. Come nel Sessantotto o in altri movimenti popolari la violenza aumentò perché il potere e i governi dell’epoca non aprirono alcuna porta al dialogo con le ragionevoli richieste degli studenti meno facinorosi, così oggi si tollerano a malapena le manifestazioni (sminuite come partecipazione numerica e declassificate come messaggi propagati).
- Ricatto e coercizione; altrimenti, marginalizzazione ed esclusione. I “vaccini” non sono obbligatori, ma chi non si vaccina non avrà il green pass e, quindi, diviene un paria senza più alcun diritto; persino quello del lavoro. Si può definire libertà di scelta?
- Dividere i cittadini e contrapporli gli uni agli altri. Secondo il vecchio motto divide et impera, il potere ha scatenato divisioni e odio tra i propensi ad accettare i “vaccini” e gli altri.
MASS MEDIA ALLINEATI E FAZIOSI
- Uniformità dell’informazione. Tranne rare eccezioni, i quotidiani, i telegiornali, i giornali radio, le trasmissioni di “informazione”, si somigliano gli uni agli altri. Al centro delle notizie c’è sempre la “situazione pandemia”, narrata allo stesso modo. Una sorta di “veline” da regime mussoliniano, pervenute dall’alto e diffuse senza alcun controllo né spirito critico. Una mobilitazione comune ai fini di un’informazione che deve “educare il popolo” (e qui si passa dal fascismo allo stalinismo).
- Mancanza di obiettività. Nelle scuole di giornalismo si insegna che il cronista, anche se, ovviamente, ha le sue idee ed è dipendente dalla sua testata, deve controllare le notizie, le fonti e, comunque, apparire sempre super partes, obiettivo. Oggi accade questo? Le manifestazioni “no vax”, le più affollate dopo decenni di crisi della partecipazione democratica dei cittadini, non vengono mostrate. Non solo: se si intervista qualche manifestante, lo si sceglie tra i meno preparati e/o lo si subissa di domande aggressive e senza possibilità di vera risposta.
- Mancanza di pluralismo. Anche sulla stampa e sulla televisione degli anni più bui del potere democristiano, veniva lasciato un certo spazio alle voci discordanti. Oggi mancano del tutto contraddittori e dibattiti tra opinioni diverse.
- Censura delle informazioni non allineate. Qualunque fatto che potrebbe incrinare la rappresentazione di una visione preconfezionata non viene riportato (dai morti a causa della “vaccinazione” al racconto di coloro che, dopo la “punturina”, si sono gravemente ammalati e risultano oggi disabili).
- Niente domande e allontanamento dalle questioni reali: depistaggio. Tutto è proiettato sul terrore e sulle ansie presenti. Ma non sarebbe utile capire anche perché ci troviamo in questa situazione? Nessuno pone le domande più logiche. Che ruolo hanno avuto la Cina e il laboratorio di Wuhan nella nascita e diffusione del Sars-Cov-2? C’entrano anche gli Usa? Perché l’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) ha prima negato il pericolo e poi tardato l’allarme? Perché in Italia si è voluta rassicurare la popolazione con cene di politici a base di involtini presso ristoranti cinesi per poi passare a un surreale lockdown? Perché A inizio pandemia oltre 4.000 cinesi sono entrati in Italia senza controlli? Perché nella Pianura padana è morta, in percentuale, più gente che in ogni altra parte del mondo? Esistono cofattori ambientali o di malasanità? Perché non si sono curati (e non si curano) gli affetti da Covid nella fase iniziale e a domicilio, senza intasare gli ospedali e diffondere ulteriormente il morbo? Quali sono le responsabilità del Governo Conte 2 nell’olocausto lombardo? Tutto questo, di assoluta gravità, è stato rimosso.
- “Virologi”, “epidemiologi”, ecc. elevati a star televisive. Sebbene quasi nessuno di loro abbia sufficienti titoli accademici o di articoli prestigiosi presso la comunità scientifica, compaiono in tv, per motivi di telegenia o altro, sempre gli stessi volti di “esperti”. Eppure in Italia saranno altre centinaia i medici e gli scienziati che dirigono reparti ospedalieri o studi di ricerca. Ma sullo schermo ci vanno i più narcisisti, arroganti, sprezzanti, aggressivi, senza alcuna volontà di dialogo con altre posizioni, anzi minacciosi verso di esse.
- Derisione degli ospiti non allineati. Se tra gli ospiti di qualche trasmissione “capita” un non allineato, il collegamento spesso non funziona, l’audio è difettoso, lo schermo viene diviso a metà in verticale e compare un “esperto” conformista che sghignazza, ridacchia, compatisce, scuote la testa.
- Sorveglianza anche sul web. La Rete è libera? Mica tanto. Ormai l’abbiamo visto in più circostanze (leggi Il ban di Trump è un pericolo per la democrazia). Ma il massimo sta accadendo in questa temperie, con l’oscuramento di profili divergenti e il controllo sui social: se vi parli dell’argomento virus, ecco comparire il costante richiamo a «Visitare il Centro informazioni sul Covid-19 per risorse sui vaccini».
LA CRIMINALIZZAZIONE E LA REPRESSIONE DEI DISSIDENTI
- Rappresentazione negativa dei divergenti. Chi non vuole vaccinarsi, chi ha una visione alternativa della realtà rappresentata dal potere e dai mass media, potrebbe essere definito in tanti modi, con diverse gradazioni che vanno dal neutrale al positivo: scettici, attendisti, agnostici, non allineati, non conformisti, oppositori, eterodossi, alternativi, dissenzienti, divergenti, dissidenti, resistenti. Invece, categorizzati sic et simpliciter come “no vax” o complottisti o negazionisti, essi assumono una connotazione negativa e da fanatici, folli ignoranti. Oggi, se si vuol mettere il bavaglio (o la mascherina) a qualcuno o all’interlocutore appena apre bocca, è sufficiente la parolina magica “no vax”: eccolo etichettato, sprezzantemente, come untore. Del resto, è un vecchio trucco semantico: se ci si definisce “progressisti” o “riformisti” o “rivoluzionari”, si risulta di per sé positivi, rapportati a “reazionari” o “conservatori” o “moderati”. Così, come durante il regime fascista e i primi anni del potere democristiano, comunisti e socialisti erano definiti tout court come “sovversivi”. E chiusa lì.
- I subumani. Similmente alla peggiore ideologia nazista, chi non si vaccina, ha dubbi o pone domande è un untermensch, un subumano. Come ebrei, slavi, zingari, omosessuali, è un inferiore, che va eliminato…
- Colpevolizzazione. Sebbene dal punto di vista oggettivo e scientifico sia una menzogna, la responsabilità di ogni nuovo malato e morto viene fatta ricadere sui “no vax”. Questo, sebbene un non “vaccinato” prudente sia meno a rischio contagio di un “vax”, che può diffondere il virus almeno quanto il primo (anche per comportamenti più incoscienti, visto che gli han fatto credere che è invulnerabile e non contagioso). Ma solo il “no vax” è colpevolizzato.
- Politicizzazione dei resistenti. Per dividere ulteriormente gli italiani, si è deciso che i “no vax” sono di destra, fascisti, squadristi. Invece, alle numerosissime manifestazioni dei dissidenti, aderiscono persone di ogni tipologia e, nella stragrande maggioranza, assolutamente non violente (Bersani: «Ci sono i No vax-Sì Dux, i più rumorosi, sono fascisti»).
- Scelta del capro espiatorio. Di tutto il male presente, passato e futuro, è quindi accusata una categoria ben individuata. Se contagi e morti aumentano, se l’economia non riparte abbastanza, i colpevoli sono i “no vax”. Così la rovinosa sconfitta nella guerra franco-prussiana del 1870 fu addossata all’ufficiale ebreo Alfred Dreyfus; il disastro tedesco dopo la Prima guerra mondiale agli ebrei; la perpetua miseria e carenze di generi alimentari nell’Unione sovietica ai piccoli e medi contadini (i kulaki).
- Ferocia e odio. Indicata la categoria colpevole (sia essa religiosa o sociale, etnica o culturale, politica o economica, ecc.), su di essa va indirizzato il risentimento della popolazione: sono i celebri due minuti di odio verso chi affermava la verità, narrati ancora da Orwell nel suo ormai fondamentale 1984. Purtroppo, oggi non sono solo più due minuti… E c’è chi propone isolamenti in posti sperduti (ricordate il confino fascista?), campi di rieducazione (Pol Pot?), ospedali psichiatrici (Stalin?).
DUE POLIZIOTTI E DUE EPISODI INQUIETANTI
Due volti della Polizia di Stato. Il primo è quello della vicequestore di Roma, Nunzia Alessandra Schilirò, intervenuta sabato 25 settembre a una partecipatissima manifestazione di dissidenti tenutasi nella capitale in piazza San Giovanni. Il suo appassionato e commovente intervento in favore di libertà, Costituzione, Resistenza, nonviolenza, cristianesimo, ha subito scatenato l’inquietante intervento della ministra degli Interni Luciana Lamorgese, che ha espresso giudizi prima ancora che fosse avviata un’indagine disciplinare sulla dirigente (vedi la lettera aperta di Maurizio Bolognetti). Una celerità che sarebbe stata più gradita in altre circostanze quali il rave party di Valentano o lo sbarco continuo di presunti migranti.
L’episodio più allarmante, però, è forse stato quello delle gravi affermazioni pronunciate martedì 14 settembre nel corso del Congresso del sindacato Siap dal capo della Polizia Lamberto Giannini (No Vax: «Usano strategia della tensione»). Come scrive Aldo Giannuli in un suo libro, tale disegno, insieme a quello degli “opposti estremismi”, fu messo in opera non certo dai cittadini, ma da apparati dello Stato per bloccare l’evoluzione democratica del nostro Paese negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso con omicidi politici, attentati, stragi, provocazioni, depistaggi, a partire dalla bomba alla Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano (1969). Sembrerebbe quasi, quella di Giannini, più che una denuncia, una minaccia. C’è qualcuno, anche oggi, nell’Italia del 2021, cui farebbe comodo un atto violento (il classico “morto nelle piazze”, un attentato, una strage) per delegittimare ancora di più i dissidenti e imporre una ancora più grave svolta autoritaria?
Del resto, come si può nutrire fiducia in uno Stato, quello italiano, che da sempre latita su fatti gravissimi, assassini, stragi (elenchiamo disordinatamente e in modo incompleto: Portella della Ginestra, Avola, Melissa, Vajont, Reggio Emilia, il caso Mattei, il Golpe Borghese, la morte dell’anarchico Pinelli, i moti di Reggio Calabria, il delitto Pecorelli, attentato di Gioia Tauro, affaire Moro, i casi Calvi, Sindona, Ambrosoli, le stragi di Bologna e dei treni, Cermis, Ustica, Moby Prince, le stragi di mafia, Uno Bianca, Casalecchio di Reno, Gelli e P2, Alpi-Hrovatin, Viareggio, G8 di Genova, morti di Aldrovandi e Cucchi, ponte Morandi, e altri ancora)? Su tali orrori, dei quali sono rimasti vittime cittadini innocenti, non è mai emersa una versione ufficiale convincente.
Si potrebbe liquidare il tutto come fascista. Anzi, “fassista”, secondo la parolina magica usata per tappare la bocca a tutte/i. Ma ci si porrebbe sullo stesso piano intollerante del sistema di potere (“No vax, sì dux”, di cui sopra). Beninteso, tutto è cominciato da anni, con la dittatura culturale del politically correct, per cui chi pone questioni, dubbi, viene messo a tacere come razzista, islamofobo, ignorante, sessista, maschilista, nazifascista, omofobo, xenofobo, potenziale violentatore di donne, militarista, reazionario, intollerante, retrivo, ecc. ecc. Questo atteggiamento oppressivo e opprimente ha talvolta scatenato reazioni contrarie a quelle che si sarebbe voluto. Chi aveva dubbi sul vaccinarsi, si è irrigidito. Ad esempio, il 18 settembre scorso Ilaria Brunelli, consigliera comunale a Bassano del Grappa, rivolgendosi «al Governo, ai presidenti di Regione e ai loro seguaci», ha esternato così: «Mesi fa valutavo l’idea di vaccinarmi. Ma l’aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo. Lo faccio per me ma soprattutto per gli adolescenti e i giovani a cui il vostro farmaco fa più male che bene».
Potere e mass media al suo servizio avevano promesso il raggiungimento dell’immunità di gregge. Ma, nonostante l’80% circa di “vaccinati”, considerata la soglia minima per quell’obiettivo, l’asticella si alza sempre più. Viene da pensare che l’obiettivo non sia quello della salute pubblica, ma della “vaccinazione” di massa. E, che più che un gregge “immune”, si vogliano dei “pecoroni” proni al potere. Tutto il quadro fin qui descritto non rientra in un oscuro “complotto”. È piuttosto la logica conseguenza da una parte degli sviluppi del globalismo (che, oltre che di vari organismi e animali dannosi, ha causato la diffusione anche dei virus su tutto il pianeta) e dell’avidità neocapitalista (tutto può rivelarsi un lucroso affare), della tecnoscienza (una nuova divinità vorace e spietata, intollerante e indiscutibile, dogmatica e tirannica), dall’altra dell’ideologia del politicamente corretto e del falso buonismo, grazie alla quale si ottiene il diritto di opprimere nel nome della libertà, di scatenare guerre nel nome della pace, di essere disumani nel nome dell’umanità, di farti del male in nome del tuo benessere. È il progetto, tutt’altro che celato, del Great Reset. Come scriveva Carl Schmitt in Dialogo sul potere, «non è più l’uomo come uomo a condurre il tutto, ma una reazione a catena provocata da lui».
In tale situazione, sono pochissime le voci di personaggi noti e influenti che sollevano questioni. Il bello è che appartengono a campi politico-culturali molto diversi tra loro, se non opposti: politici come il già citato Bolognetti, Pino Cabras, Sara Cunial, Gianluigi Paragone, Marco Rizzo, giornalisti come Antonio Amorosi, Francesco Borgonovo, Daniele Capezzone, Carlo Freccero, Mario Giordano, Maria Teresa Maglie, Nicola Porro, Michele Santoro, Marco Travaglio o pensatori/accademici/uomini di cultura come Giorgio Agamben, Alessandro Barbero, Paolo Becchi, Massimo Cacciari, Diego Fusaro, Paolo Gibilisco, Claudio Risé, Vittorio Sgarbi, o medici come Silvana De Mari, Daniele Giovanardi, Alessandro Meluzzi, Giulio Tarro, o gente dello spettacolo come Miguel Bosé, Claudia Gerini, Enrico Montesano, Povia, Red Ronnie, o pubblicitari come Alberto Contri; ce ne saremo certo scordati qualcuno – e ce ne scusiamo –, ma, certamente, non saranno molti di più. Tra i giornali si salvano dall’assoluto conformismo LaVerità e qualche rara voce su il Fatto Quotidiano e Micromega. Tra i media radiotelevisivi Byoblu e Radio Radio e qualche spezzone di trasmissione su Rete 4. Per il resto, si assiste alla repressione generalizzata della libertà d’espressione, al trionfo di un potere cieco e arrogante in mancanza di valori e princìpi diffusi tra le masse, in particolare tra i più giovani – mai è avvenuto che la gioventù fosse così passiva e poco ribelle. Torna di prepotente attualità il diritto all’informazione e alla conoscenza. Ma (quasi) tutti tacciono.
Le immagini: a uso gratuito da pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 190, ottobre 2021)
Buona sera, dott. Tripodi. Come al solito, le sue analisi sono sempre accurate e ben esposte. I suoi articoli in linea di massima mi trovano anche d’accordo, ma, come sa, divergiamo solo per quanto riguarda il modo in cui arriveranno le soluzioni ai grossi problemi che affliggono l’umanità; sì, perché in quest’era di globalizzazione anche i problemi sono globalizzati. Se dovessimo riassumere potremmo dire che tutto il potere posa su quattro pilastri: POLITICA, ECONOMIA, MEDIA e, come stanno evidenziando questi tempi, la SCIENZA.
Se queste cose funzionassero, se chi di dovere sapesse fare buon uso delle proprie competenze, praticamente riusciremmo a far scomparire quasi del tutto i problemi, invece siamo dentro un circolo vizioso in cui la POLITICA deve tener conto di chi ha i soldi per poter sopravvivere, dei media perché ha bisogno di pubblicità e della scienza per poter fare propri i successi di questa. L’ECONOMIA deve appoggiarsi e appoggiare i politici per continuare a fare affari, alla scienza per farne sempre di più sempre più e ai media per non avere bastoni tra le ruote. Si, i MEDIA, che se vogliono continuare a sopravvivere devono legarsi alla politica, all’economia e anche alla scienza che fornisce materiale per riempire le pagine, non importa poi quanto questo materiale sia veritiero, ma del resto la verità non appartiene a nessuno di questi quattro. Neanche alla SCIENZA che ha bisogno di mostrare risultati quindi a volte gonfia le proprie scoperte così da ricevere finanziamenti. Ha bisogno pure di appoggi politici e della pubblicità che le possono dare i media.
Come si vede ogni uno di questi sistemi è legato agli altri tre, come in un circolo vizioso appunto. Allora, come se ne esce? Bè, questo è un altro discorso che accennai proprio qui, in queste pagine; ricorda? https://www.lucidamente.com/48380-pandemia-e-linizio-della-fine/
La saluto e la ringrazio ancora per la sua ospitalità. Di nuovo tanti auguri per il suo lavoro.
Gentilissimo Bargiacchi, perfetta la sua individuazione non solo dei quatto fattori del potere, ma anche della loro interrelazione. Grazie.