“Optica”, il nuovo album degli Shout Out Louds fra tenebra e luce
Basta osservare la copertina per sentirsi subito proiettati nelle atmosfere darkwave dell’album. Stiamo parlando di Optica (Merge, € 13,98), uscito pochi giorni fa, il 2 marzo 2013, quarto lavoro in studio degli Shout Out Louds: un cammino attraverso i luoghi cupi e fiabeschi del pop anni Ottanta, ma saldamente ancorato al presente per il suo modo unico di cantare la malinconia e lo straniamento.
Fin dall’inizio Optica si presenta come un risveglio, un risveglio forse brusco ma che si fa sempre più dolce: mentre la ragazza della copertina appare ancora avvolta nelle tenebre del sonno, dietro di lei un azzurro-cielo viene rischiarato da una luce diffusa. In effetti, colore e luce rivestono un ruolo fondamentale all’interno dell’album, il cui titolo indica proprio quella scienza che studia il comportamento e le proprietà dei fenomeni ottici. I componenti della band, nata a Stoccolma nel 2003, sanno bene cosa vuol dire vivere in una terra dove per metà dell’anno domina il buio e per l’altra metà la luce: oltre al fatto della quasi totale mancanza di riferimenti naturali per lo scorrere del tempo, metafora del disorientamento dei giorni nostri, il passaggio netto da una “stagione” all’altra reca sempre con sé una certa amarezza.
Ma quando si tratta di riaprire gli occhi di fronte al chiarore del sole torna a farsi sentire quella gioiosa voglia di vivere che caratterizza molte delle dodici tracce del disco: in questo senso Optica rappresenterebbe a tutti gli effetti una rinascita, se solo non fosse ancora incastrato nel solco del precedente Work (2009), dal quale non prende le dovute distanze. Ecco allora che la nuova idea degli Shout Out Louds si sviluppa attraverso un equilibrato contrasto fra scenari scuri e trasognati e una fine lucidità razionale di fondo.
Dal primo brano, Sugar, che è un evidente tributo ai Cure (Sugar girl, Icing sugar), si passa alla vitalistica Illusions, primo singolo estratto insieme a Walking on your footsteps. Di quest’ultimo è già stato realizzato un video che esprime tutta la vivacità di quegli effetti coloristici di cui si è parlato. Una leggera sproporzione si avverte poi fra la terza e la quarta traccia: Blue ice (vedi videoclip) è una splendida ninna nanna (che ricorda – non solo per assonanza nel titolo – una vecchia Pale blue eyes dei Velvet Underground o persino Sad eyes di Bruce Springsteen), mentre 14th of July rimanda alle sonorità elettroniche tipiche del pop wave. La grave Hermila, cantata interamente da Bebban Stenborg, unica presenza femminile del gruppo, raggiunge l’apice della tensione emotiva per poi cedere il posto a Chasing the sinking sun, vero momento epico dell’opera, da colonna sonora di film d’avventura.
Optica è il quarto album in dieci anni di carriera del gruppo indie scandinavo, una tempistica alquanto lunga che viene giustificata solo dall’enorme impegno col quale i componenti hanno lavorato in studio. Secondo quanto dichiarato dal frontman Adam Olenius in una recente intervista, è stato molto importante il contributo di tutti durante la fase di scrittura e sperimentazione. Da questo derivano alcuni risultati nuovi rispetto ai lavori precedenti: innanzitutto, una migliore qualità del suono che è andata a sostituire il rumore lo-fi degli esordi; un impianto corale ben strutturato; parecchi accenni disco; l’utilizzo di una schiera di fiati e archi per una maggior resa del pathos; ritmi più spinti e melodie incalzanti; una buona unitarietà di fondo fra le dodici canzoni; infine, una capacità sempre più stupefacente di esprimere la malinconia che attraverso quel chiaroscurale contrasto rappresenta allo stesso tempo la favola dolce e il dramma profondo del pop.
Gianluca Armaroli
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)