Psichiatria democratica contro la riforma della “Legge Basaglia” 180 del 1978 tentata da Pdl e Lega Nord
Lo scorso 17 maggio, in Commissione Affari sociali e Sanità della Camera, è stata approvata, da una rinata accoppiata parlamentare Pdl-Lega Nord, la proposta di Carlo Ciccioli (Pdl) di riforma della legge 180 del 13 maggio 1978 (Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori), meglio nota come Legge Basaglia, dal nome dell’innovativo psichiatra e neurologo veneziano.
In realtà la proposta-Ciccioli reintroduce – nei fatti – pesanti segmenti di custodia neomanicomiale. In particolare, all’articolo 5 del dispositivo si può leggere: «Il trattamento necessario extraospedaliero prolungato ha la durata di sei mesi…» e sino a un anno, in palese violazione di tutte le leggi vigenti, a partire dalla nostra Costituzione. Insomma, tutte le significative e concrete esperienze di presa in carico del disagio sul territorio, diffuse in maniera capillare ormai in tantissime parti del Paese, promosse dal 1978 in poi dai servizi pubblici in collaborazione con il privato sociale e gomito a gomito con associazioni di familiari e utenti, istituzioni locali, verrebbero sostituite da una “novità” che sa tanto di revanscismo e di stato sanitario di polizia. La filosofia di controllo sociale si rileva in tutto l’impianto. Ne è un esempio lampante l’art. 4: al comma 2 si riesumano – all’interno dei Dea – nientemeno che le vecchie osservazioni dei vecchi, e mai rimpianti, ospedali psichiatrici.
I fatti, le ricerche scientifiche, le attestazioni di gruppi e commissioni di studio – anche internazionali – danno ragione ai tanti che, come Psichiatria democratica, si battono da anni affinché i dettami della riforma psichiatrica possano sempre più trovare piena applicazione nelle unità territoriali, oggi falcidiate nelle risorse essenziali da indiscriminati tagli della spesa. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: ritorno all’ospedalizzazione, tendenza crescente alla medicalizzazione e alla burocratizzazione e riduzione progressiva di spazi per un nuovo protagonismo degli utenti senza alcuna progettualità per il riscatto attraverso il lavoro e l’abitare.
Psichiatria democratica fa sapere che «continuerà, senza sosta, il proprio impegno affinché gli Ospedali psichiatrici giudiziari, possano essere superati “presto e bene” attraverso l’attuazione di programmi individualizzati per ciascuna persona ristretta». Al contempo, «chiama a raccolta gli operatori della salute mentale, il mondo politico democratico, dell’informazione e della cultura, le forze sindacali e il mondo dell’associazionismo e del volontariato a rispondere a muso duro ai tentativi di riportare indietro il Paese intero di decenni, agli anni bui della custodia, in nome della sicurezza e della “normalizzazione”».
Mariella Arcudi
(LM EXTRA n. 28, 15 maggio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)
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