Non è perbenismo assumere un atteggiamento morale sul fenomeno della prostituzione
Il discorso morale sulle escort dà fastidio soprattutto ai liberali in odore di anarchia, i quali buttano tutto in vacca (è il caso di dirlo) in virtù di una supponenza intellettualistica.
Tuttavia non si tratta sempre di un moralismo pruriginoso e da baciapile, bensì di una preoccupazione etica che, sicuramente non espressa al meglio per via delle mille implicazioni che il problema prostituzione comporta, dovrebbe almeno far riflettere (è ancora di moda la riflessione?). Si dovrebbe fare un patto: io non faccio della moralità gratuita e pelosa, tu non rispondi con slogan, per giunta impuri.
Molto infelice appare, ad esempio, lo slogan, appunto, secondo il quale “il corpo è mio e me lo gestisco io”: è infelice in quanto non pertinente con la problematica proposta. Certo che tu puoi fare quello che vuoi del tuo corpo, ma fra le mura di casa tua e senza pretendere (dico pretendere) un compenso, qualunque esso sia. Altrimenti è prostituzione e la prostituzione non è certamente una chiave evolutiva del genere umano. Giova ricordare che noi abbiamo un corpo e abbiamo anche una testa e che quest’ultima non è sempre esibibile come splendido ornamento.
Inoltre, da un punta di vista filosofico elementare, ci sarebbe da discutere sul “dono” della vita: ormai viviamo in un mondo laico e questo mondo laico, dominato dalla scienza, afferma la vita essere un prestito oneroso. L’onere è sì muscolare, ma è soprattutto intellettuale. Se non si capisce questa semplice verità, e cioè che l’intelletto dovrebbe essere comunque predominante in quanto cifra numero uno della dignità umana, ebbene, se non si capisce questo, non si fa un passo avanti.
Ecco perché i dissenzienti nei confronti dell’obbligo (attenzione, un obbligo naturale) d’impegnarsi con dignità sono fortunatamente la minoranza. Ma è un guaio, cioè è un ritardo, la loro giustificazione perché zoppicante da tutte le parti, sebbene votata, in fondo in fondo, da un certo scatto orgoglioso che purtroppo finisce nello scatto stesso e lo contorna di argomentazioni estremamente banali e addirittura discordanti fra loro.
Ma anche chi fa della morale, a partire da chi scrive, deve stare attento a non cadere nelle trappole sdolcinate (una sorta di batteria di riserva) e non deve fare prediche. La realtà è quella che è, la volontà di cambiarla è probabilmente ancora gracile, ma il desiderio di farlo c’è eccome e va fatto valere denunciando, in special modo, i danni della prostituzione, sia diretta che indiretta (la più grave), ovvero quella forzata.
Non sembra difficile ricavare da tutto questo un’incitazione persino sincera e ben circostanziata a sfavore delle disinvoltura comportamentale per vantaggi materiali (e non per passione): sbagliato proporsi, ancora più sbagliato (perché causa della richiesta) arricchire queste tasche o promuovere queste figure a personaggi pubblici. Due poteri: quello del portafogli e quello del grembo femminile: siamo sicuri che il mondo possa funzionare solo in questo modo? Sta qui la critica alle escort e alla prostituzione in genere: essa cambia a seconda delle latitudini, questo lo si sa bene, ma non può mai essere scambiata per libertà, se si ha almeno la pazienza di guardare oltre le apparenze. È una realtà che non ci gratifica di sicuro. Per questo indigna.
L’immagine: Surreale 03, fotografia di Giovanni Guadagnoli (www.giovanniguadagnoli.it), per gentile concessione dell’artista.
Dario Lodi
(LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)