Nell’era della globalizzazione, della banda larga, del digitale terrestre, i giovani sembrano essere diventati allergici alla carta stampata. E con essa, anche agli accenti e ai congiuntivi
Non è una novità che gli uomini e le donne del XXI secolo siano sempre meno inclini ad acquistare libri e giornali. I classici della letteratura giacciono impolverati sugli scaffali delle biblioteche, mentre le mensole degli appartamenti open-space si riempiono di televisori al plasma e di marchingegni tecnologici di ultima generazione. I tablet sono così sottili e leggeri da poter essere portati con sé ovunque; fotografie, suoni, messaggi, vengono condensati in un rettangolo che pesa solo 10 grammi.
Stiamo in contatto 24 ore al giorno con i nostri amici e parenti: chattiamo su Facebook, condividiamo immagini su Instagram, commentiamo le notizie su Twitter; ma non per questo la qualità degli scambi interpersonali è migliorata. Basta fare un giro sulla rete per rendersi conto di quanto il linguaggio si sia impoverito. Il mondo di Internet è colmo di errori grammaticali, refusi, elocuzioni sbagliate. Analizzando soprattutto i post pubblicati dai giovanissimi, si resta sbalorditi dinanzi alla quantità innumerevole di verbi ausiliari coniugati in modo scorretto, apostrofi omessi, violazioni delle regole più elementari della sintassi. Le cause di tale “analfabetismo tecnologico” sono senz’altro molteplici. Non possiamo certo puntare il dito contro l’apertura delle frontiere e contro i flussi migratori, perché ciò significherebbe accogliere una giustificazione pretestuosa e banalizzante della complessa struttura che sta alla base di esso. Assistiamo a un paradosso della civiltà: da un lato abbiamo l’aumento degli iscritti all’università e la crescita dell’accesso alle risorse (biblioteche, servizi informatici, borse di studio), dall’altro invece l’impoverimento delle capacità linguistiche e lo sbiadirsi delle sfumature lessicali.
La lingua italiana è come un iceberg: la maggior parte di essa giace nascosta nelle pagine ingiallite dei volumi della tradizione. I mezzi di comunicazione di massa hanno accorciato le distanze fisiche, ma allo stesso tempo hanno allontanato le persone dal loro retroterra culturale. I libri e i giornali più venduti sono caratterizzati da unalampante bassezza contenutistica e linguistica, perché i nuovi lettori cercano storie e notizie facili da fruire; non si interessano allo stile e allo spessore culturale, ciò che conta è essere stupiti.
«Controproduttività specifica» è l’espressione che il sociologo Ivan Illich ha coniato per descrivere un fenomeno tipico delle società moderne: alcune delle istituzioni più recenti, create col fine di migliorare la condizione umana, non hanno soltanto fallito il loro obiettivo, ma hanno finito col peggiorare la situazione. Tra questa categoria rientrerebbe senz’altro l’introduzione dei computer nelle aule scolastiche, al posto di quaderni e penne. La didattica per mezzo del pc comporterebbe scolari con gli occhi fissi sullo schermo di fronte a loro, alienati dal mondo reale e incapaci di comunicare pensieri complessi. Parlare con gli altri, dialogare con l’insegnante, mandare bigliettini al proprio vicino di banco: questo è invece il modo mediante il quale il bambino inizia davvero a interiorizzare il sistema del linguaggio.
La scuola e la famiglia sono gli unici due agenti in grado di bloccare il processo di degrado linguistico-culturale che sta investendo la nostra società. I rapporti autentici, diretti, reali, e la fantasia che si sprigiona leggendo un buon libro, non potranno mai essere sostituiti dall’impersonale mondo di Internet. I giovani devono ricominciare a immergersi nella lettura, a scambiarsi idee e opinioni, ad ascoltare programmi tv di spessore sociale. Bisogna ricominciare a sfruttare le mutevoli sfaccettature della lingua italiana, perché soltanto attraverso la padronanza del linguaggio si può veramente a esprimere la propria personalità.
Chiara Toneguzzo
(LucidaMente, anno VIII, n. 91, luglio 2013)
Problema centrato bene in questo articolo. C’è da aggiungere, a quello che viene chiamato anche ‘analfabetismo di ritorno’, la mancanza di reggere l’attenzione nei giovani; cosa che la lettura, come il teatro aiuta, a recuperare. Gli strumenti tecnologici sono in parte responsabili, come la TV e i videogiochi, di questa perdita di attenzione (nel concentrarsi su una singola cosa). Gli stimoli a cui sono sottoposti i giovani di oggi sono tantissimi. I messaggi visivi e comunicativi fanno sì che i giovani acquisiscano più conoscenze e per questo forse sono senz’altro più intelligenti delle generazioni passate; ma è una intelligenza che non li aiuta nelle relazioni. Rimangono a livello superficiale e tutto scade… in primo luogo il linguaggio.
Grazie.
Condividiamo. Capacità di concentrazione, di interiorizzare, di contemplare: zero.
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Grazie, Rino Tripodi, per il suggerimento. Non conoscevo questo trick. Sarà utile anche per altre pagine. Ancora grazie e complimenti.