Bagliori di luna. Taccuino intimo di un percorso incompiuto (pp. 68, € 12,00) di Katia Manenti, nona uscita della collana di narrativa La scacchiera di Babele della inEdition editrice, non è solo un’autobiografia, ma un vero e proprio gioioso richiamo alla vita. La scrittrice, attraverso il racconto delle proprie esperienze e dei propri sentimenti, invita il lettore a valorizzare ogni attimo della sua esistenza. Qualsiasi momento e qualunque situazione, infatti, sono in grado di arricchirci spiritualmente e possono aiutarci a crescere e a migliorare. Anche le fasi più difficili, in fondo, a volte si rivelano un ottimo trampolino per tuffarsi, come recitava Whitman, nel “potente spettacolo” della vita.
Del piacevole testo, riportiamo l’inizio del secondo capitolo, dedicato ai ricordi scolastici, intrisi di soffici e sfumati aloni, appena franti da oscure inquietudini e trasalimenti..
La scuola è importante, non c’è niente da fare. La mia, asilo ed elementari insieme, era bellissima e sembrava un castello. Aveva un grande cortile davanti e uno dietro.
La mamma ci accompagnava con la Cinquecento gialla e la tuta nera da Catwoman, poi andava in palestra.
Sembrerà strano, ma ricordo il mio primo giorno di asilo, tre anni. Avevo il panierino verde e il grembiule con un matitone colorato stampato sopra.
La stanza era grandissima, piena di bambini urlanti e fogli disordinatamente ciondolanti dalle pareti, animali, lettere, case, alberi…
Ero tranquilla, non piangevo, non sono mai stata una mammona, ma, non so perché improvvisamente mi sanguinò il naso. Stress da confusione direbbe oggi un pediatra comportamentalista specializzato in dinamiche di gruppo infantili bla bla bla…
Il primo giorno di scuola elementare, grembiule blu e cartella rettangolare, mi trasmise un senso di smarrimento. Dovevo lasciare i miei compagnetti e conoscerne di nuovi. Comunque mi ambientai subito.
Ricordo che mamma chiese alla maestra di farmi sedere nel banco vicino ad Andrea, il figlio della sua amica. Lui era bello, biondo, capelli lunghi e occhi azzurri. Siamo rimasti in contatto a lungo, anche dopo la scuola.
In classe, per la ricreazione tutti avevano il panino con il salame, io no. Forse non avevo la merenda e, se ce l’avevo, non mi piaceva. Volevo il panino.
Così feci amicizia con Carmela. Diventammo le migliori amiche. Sua mamma le preparava tante prelibatezze ben conservate al caldo dentro odorosi tovaglioli quadrettati aromatizzati al formaggio, prosciutto e quant’altro… Quando andava male c’era il panino. Lei me ne cedeva sempre metà.
Era la più simpatica e la più umile. Grassottella, con i capelli corti e nerissimi. Le altre erano più altezzose, già femmine nel senso più sprezzante del termine.
Io comunque stavo continuamente con i maschi. Ho sempre legato con loro, tutt’ora è così. Una volta fondammo due bande rivali, maschi contro femmine. Indovinate chi era il capo della banda dei maschi? Non ero violenta, ma avevo uno spirito ribelle e autonomista. Probabilmente i maschietti lo fiutavano e io inconsapevolmente stavo dalla loro parte. L’eccezione era sempre Carmela.
Poi c’era Concetta, una bambina con un ritardo mentale. Sempre isolata dal gruppo, sempre in disparte. La cattiveria dei bambini raggiunge livelli disarmanti. E’ ingiusta, crudele, ma così terribilmente innata, che snaturarla sarebbe impossibile.
Un giorno di Carnevale la maestra Lidia entrò in classe con la faccia tutta compunta. Ci alzammo in piedi, allora si usava così. “Concetta è in ospedale coperta di ustioni. Ha urtato contro la stufa elettrica e il suo vestitino da dama ha preso fuoco…”. Dopo qualche giorno Concetta è morta, ricordo che abbiamo pianto tutti.
Io odio il Carnevale, forse anche per questo. È un’intolleranza viscerale, quella che provo, profonda fino alle ossa.
Nonostante fossi una bambina, alcune storie mi turbavano, forse proprio perché riguardavano bambini come me.
Alfredino Rampi ha segnato un’altra lesione nel mio animo.
Amavo il presidente Pertini, assomigliava al nonno. Ricordo che stavamo piantati davanti alla tv a casa di Floriana. Un gruppo di compagnetti a seguire quella amarissima vicenda. Io guardavo Pertini con la sua pipa in bocca. Mi faceva tanta tenerezza, avrei voluto abbracciarlo quel vecchietto pieno di apprensione e agitazione per quel bambino giù in fondo al pozzo. Ancora oggi, l’immagine di quell’uomo così nobile mi rimbalza in testa come una pallina e lo ricordo solo così, chino sul pozzo di Vermicino. E’ come se infanzia e vecchiaia si congiungessero in un nodo indissolubile ed eterno nella mia mente.
(da Katia Manenti, Bagliori di luna. Taccuino intimo di un percorso incompiuto, Introduzione di Valentina Conti, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: particolare di Nuova Zelanda, Isola del Sud, villaggio hippy (foto della stessa Katia Manenti).
Marco Papasidero
(LM Extra n. 13, 15 dicembre 2008, supplemento a LucidaMente, anno III, n. 36, dicembre 2008)