In “Ti racconto com’ero”, edito da Il Canneto Editore, un viaggio tra esperienze di vita vissuta e sensazioni provate in terre lontane, in un’esistenza che mai i protagonisti avrebbero immaginato di poter cambiare
La genovese Emilia Marasco non è soltanto una docente di Storia dell’Arte contemporanea e di Scrittura creativa: è soprattutto una donna che, pur avendo avuto un figlio naturale, ha sperimentato sulla propria pelle le gioie e i dolori di un’adozione. Anzi di due. Questa scelta personale le ha cambiato per sempre la vita. Scrivendo il romanzo autobiografico Ti racconto com’ero. La memoria impossibile (Il Canneto Editore, pp. 168, € 15,00) ha desiderato fermare il tempo, fissando nero su bianco le emozioni e le paure vissute, oltre che da se stessa, anche dai suoi due figli adottivi.
Prima di essere adottati Tilahun e Zenebech sono due bambini etiopi come tanti altri, appartenenti a famiglie diverse che – per cause naturali o belliche – hanno dovuto abbandonarli. Il primo a entrare in famiglia è Tila, quattro anni non ancora compiuti, atterrato dalla sua patria con in mano l’album di fotografie inviate qualche mese prima dalla futura famiglia adottiva. Il bambino diventerà l’ombra del fratello acquisito Andrea, che all’epoca dei fatti ha soltanto sette anni. Inizia così, per mamma Emilia, un quotidiano fatto di sguardi, sensazioni, angoscia, conflitti e tenerezza. E di un’attesa che richiede un’invidiabile dose di pazienza. Attesa nell’immaginare le prossime mosse di un bambino sconosciuto fino a quel momento, con un vissuto distantissimo da quello di chi ora lo crescerà. Attesa soprattutto di sentirgli pronunciare le prime parole in amharico – la lingua etiope – prontamente tradotte in italiano dalla neomamma. Attesa ma anche speranza che, una volta divenuto adulto, Tilahun possa conservare un bagaglio linguistico e, soprattutto, possa ancora rievocare le emozioni ancestrali vissute nella sua terra natia.
Zenebech ha cinque anni quando, dopo qualche tempo, viene accolta dalla stessa famiglia adottiva. Mamma Emilia ha immediatamente la sensazione che lei sia già una piccola donna. Instaura con la piccola un rapporto di progressivo avvicinamento, di abbracci, di confronto femminile di capelli e pelle. La bambina si è portata dall’Etiopia un carico pesantissimo: scene di un’esistenza trascorsa durante la guerra. Per lungo tempo il suo giocare è il teatro di atti bellici compiuti sulle proprie bambole. La famiglia che l’ha accolta – supportata dall’associazione per le adozioni di riferimento – non reprime il suo comportamento, lasciando che Zenebech elabori completamente il lutto prima di dedicarsi ad attività ludiche più serene.
Nel percorso di vita insieme, fra discussioni sullo squilibrio economico fra Africa ed Europa e incertezze sul futuro, la famiglia mantiene un punto fermo: il viaggio di ritorno ad Addis Abeba e nei luoghi nativi di Tilahun e Zenebech. La promessa viene mantenuta nel 2011, a vent’anni dalle adozioni. Quei bambini nel frattempo sono divenuti due adulti entusiasti della vita e consapevoli della fortuna di vivere fra agi e tranquillità; integrati nella dimensione che quella stessa fortuna ha loro donato; straripanti di progetti da realizzare anche all’estero. Il viaggio in Etiopia rappresenta per loro un ground zero: un punto di ripartenza, dopo aver avuto dalla gente incontrata aggiornamenti sulla vita dei loro rispettivi genitori naturali. Questo viaggio è stato significativo anche per l’autrice; tanto che, a oltre dieci anni dalla prima pubblicazione del romanzo, ha integrato il testo con le sensazioni vissute in Etiopia insieme a tutta la sua famiglia. Desideriamo concludere con le parole della Marasco che, più delle altre lette nel testo, esprimono la portata di tale esperienza: «Con Andrea sono diventata madre, con Tilahun sono diventata madre adottiva, con Zenebech sono diventata madre di una donna».
Le immagini: la copertina del libro Ti racconto com’ero. La memoria impossibile e una foto dell’autrice Emilia Marasco.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno XV, n. 175, luglio 2020)