Bere ciò che sgorga dal rubinetto di casa nostra ridurrebbe l’inquinamento e determinerebbe un risparmio di 600 milioni di euro all’anno. Le iniziative dell’Unione europea
Lo scorso giovedì 22 marzo si è celebrata la Giornata mondiale dell’acqua. L’articolo seguente tratta alcuni aspetti di una problematica che rischia di divenire tragica nei prossimi decenni, soprattutto a causa della popolazione mondiale in ulteriore, incontrollato, aumento.
Il nostro paese è noto come grande produttore di bottiglie di acqua minerale: 260 marchi, 140 stabilimenti di imbottigliamento, 208 litri all’anno pro capite – per non parlare del record nel consumo di acqua in bottiglia – sono i numeri che descrivono le dimensioni di questo grande mercato. La Commissione europea ha recentemente chiesto che tutti i cittadini abbiano la possibilità di avere un’acqua migliore e che siano informati sulle sue qualità.
Grazie a 30 anni di legislazione europea dedicata al miglioramento dell’acqua potabile e dei sistemi di fruizione, la maggior parte dei cittadini dell’Unione ha la possibilità di accedervi e di avere un servizio con alti standard di qualità. Ma questo non è sufficiente, è necessaria una migliore gestione del servizio degli acquedotti, che potrebbe far evitare perdite inutili. Inoltre, se i cittadini europei diminuiranno il consumo di acqua in bottiglia, contribuiranno alla diminuzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente, generando risparmi di circa 600 milioni di euro all’anno. Occorrono infatti 450 mila tonnellate di petrolio per produrre i 6 miliardi di bottiglie di plastica che ogni anno devono essere smaltite, con una spesa per l’acquisto di acqua minerale di 240 euro all’anno pro capite. Da una recente indagine del Censis, «Se sei italiano bevi acqua minerale», 9 italiani su 10 bevono acqua in bottiglia, il 19% in più rispetto a vent’anni fa.
Questa abitudine alimentare ha prodotto un giro d’affari annuo di circa 2,5 miliardi di euro, rendendo ricche le aziende del settore che, dietro a minimi canoni di concessione pagati alle Regioni, vendono “l’oro blu” a caro prezzo. Lo sviluppo del business dell’acqua minerale è stato favorito, negli anni Ottanta, da scandali dovuti all’inquinamento delle falde acquifere e, negli ultimi anni, dalle contaminazioni chimiche presenti in alcuni acquedotti del paese. In Lazio e Campania si trovano livelli di arsenico superiori a quelli consentiti dalla legge, in alcuni casi rientrati nella norma grazie all’installazione di impianti di rimozione. In Veneto il problema dei Pfas (sostanze perfluoro-alchiliche) preoccupa i cittadini che si trovano costretti a dover utilizzare l’acqua minerale per tutti gli usi domestici quotidiani.
In Piemonte e Lombardia il cromo esavalente contamina le acque potabili, rendendo necessaria l’applicazione di sistemi di trattamento per la riduzione dei valori entro i parametri di legge (da poco ridotti a 10 µl). In realtà, i controlli effettuati sulle acque di rubinetto danno risultati tali da garantirne la bontà e sicurezza e, se non fosse per il sapore di cloro e per la quantità di sali minerali che ne determinano un alto valore di durezza, esse potrebbero essere tranquillamente bevute con notevoli risparmi per i cittadini. La proposta legislativa europea vuole dunque cercare di salvaguardare uno dei pilastri dei diritti sociali: l’accesso da parte di tutti i cittadini ai servizi essenziali di qualità, tra i quali l’acqua. La nuova direttiva richiede inoltre che i fornitori comunichino alla popolazione informazioni più chiare sul consumo idrico, sulla struttura dei costi e sul prezzo al litro, per far crescere la fiducia e convincerli a consumare l’acqua del rubinetto confrontandone la spesa con quella dell’acqua in bottiglia.
L’iniziativa della Commissione ha dato anche una risposta alla campagna di Right2Water che ha raccolto 1,8 milioni di firme a sostegno di un migliore accesso all’acqua potabile per tutti. La recente richiesta della Commissione si inserisce dunque nel percorso dell’Unione europea verso la strategia dell’Ue sulla plastica, presentata il 16 gennaio 2018, per proteggere il pianeta, difendere i cittadini e rafforzare le nostre industrie.
Marzia Mariotti
(LucidaMente, anno XIII, n. 148, aprile 2018)