“Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità” (luca sossella editore) di Franco Buffoni
«La vera alterigia è quella di chi, non sapendo accettare umilmente il proprio stato di mero stato biologico, giunge a ritenersi – per via forse di rivelazione – un essere in qualche modo “eletto”, e spregiando il “finito” persegue la propria finalistica elezione sopra a tutte le altre specie. […] Dobbiamo essere umili, siamo il risultato di un mero caso biologico ed evolutivo, siamo soli. Potremmo non essere qui, in questo momento, solo una serie di casualità ed incastri favorevoli di ordine geologico e climatico ce lo ha consentito. […] Oggi, con le conoscenze e le possibilità scientifiche di cui disponiamo, dobbiamo essere umilissimi. Nessuno ci ha voluti, nessuno ci ha amati. Dobbiamo farli noi, da noi stessi e per noi stessi. Dobbiamo decidere che lo vogliamo come specie».
(tratto da Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità, luca sossella editore, 2006)
Franco Buffoni
Ci sarebbe bisogno, soprattutto nella nostra Italietta clericale e priva di virtù civili, di cento libri all’anno come questo di Franco Buffoni (Gallarate, 1948), poeta, traduttore e professore ordinario di Critica letteraria e Letterature comparate presso l’Università degli studi di Cassino.
Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l’omosessualità (luca sossella editore, pp. 216, € 10,00), infatti, costituisce una sorta di antidoto a bigottismo, intolleranza e violenza, e, di contro, una lezione di laicità tollerante. L’autore distingue appunto il razionalismo, che, come tutti gli “ismi”, può condurre alla prevaricazione, dalla pacata “ragionevolezza”, ovvero uno spirito lucido e aperto nel discutere con spirito positivo delle varie problematiche, anche quelle in cui tende a emergere la nostra visceralità.
Un dialogo zio-nipote – La “cornice” del libro è costituita dal dialogo che si viene a creare tra lo scrittore e il nipote Piero, che quasi “intervista” Buffoni: il giovane vicino al marxismo, il poeta radicalmente liberal-libertario. Sullo sfondo, soprattutto nella Parte I. Il padre dell’opera, le vicende familiari e storiche: il nonno, reazionario cattolico, e gli eventi dell’ultimo secolo. Già nella silloge Guerra (A. Mondadori-Lo Specchio, 2005, pp. 208, € 9,40), l’autore aveva preso spunto dal ritrovamento del diario scritto dal padre in campo di concentramento per comporre una sorta di poema sulla tematica degli assurdi, devastanti conflitti armati. Anche in Più luce, padre lo spunto iniziale è il rapporto col padre, lo scontro con la sua concezione della vita e della realtà, diversissima da quella del figlio. Da qui nascono, all’interno della prima parte del volume, tre Lettere al padre, di kafkiana memoria. Tuttavia, l’opera non è una sorta di saga familiare, seppure in un tono malinconico, come un delicato adagio: predomina l’affresco o l’analisi storica, con rievocazione di avvenimenti, e giudizi sui personaggi che li hanno determinati.
Il Vaticano e il fascismo – Ecco, quindi, che il libro diviene una sorta di manuale di Storia e di critica storica, politica, civile. E l’Indice può leggersi quasi come un indice per argomenti, analitico sistematico: ad esempio, «diserzione», «metafascismo», «omosessualità», «onore», «guerra», «violenza», «odio», «indignazione»… Memorabili alcune considerazioni sulla più o meno conscia complicità o, perlomeno, contiguità della Chiesa cattolica al fascismo: «Se le istanze fasciste poterono passare facilmente, fu perché prima erano passate quelle cattoliche […] quando tu educhi le persone a credere nei dogmi, nel irrazionalità, come un dovere, il gioco è fatto: sono pronte ad assorbire qualsiasi altra “verità”». Di conseguenza, «coloro che vennero educati dal cattolicesimo nel fascismo e/o dal fascismo nel cattolicesimo, dovettero sorbirsi cocktail micidiale da cui molti non si riebbero».
Il nodo religioso – La questione, del resto, va al di là della contingenza storica: «Se consideri le varie civiltà culturali che si sono succedute nel mondo che noi meglio conosciamo, quello che fa capo alle tre religioni cosiddette monoteistiche, ti rendi conto che più è forte il convincimento di essere stati voluti e prescelti da Dio, più alto è il tasso delle guerre di religione, delle esclusioni, dei razzismi, delle preclusioni. […] Per quelle frange della specie che proprio non possono fare a meno di inginocchiarsi a pregare credendo con ciò di essere umili, meglio il sincretismo. Che almeno non produce guerre di religione». Non si mettono in discussione i valori universali del cristianesimo, ma occorre distinguere «tra storia del Cristianesimo e storia delle chiese. Chi non condivide la storia del Cristianesimo come storia di un messaggio di pace, come istituto del perdono? Poi c’è la storia del Cristianesimo come storia violenta e criminale delle chiese (in quanto istituzioni umane, non meno avide o violente di qualsiasi altro regno o impero); […] quell’insistenza sui dogmi e sacramenti (il potere di sciogliere e legare) piuttosto che sul messaggio d’amore».
Una Chiesa sorda e cieca – A poco servono le «ripetute richieste di perdono avanzate da parte vaticana nel corso dell’anno giubilare 2000. Mancano i presupposti perché le persone senzienti possano accoglierle. […] Quelli ideologici profondi. Le cause che portarono i crimini che oggi vengono riconosciuti come “errori” non sono state rimosse. Il metodo e la metodologia sono rimasti invariati». Infatti, la Chiesa cattolica «usa gli introiti dell’otto per mille per propagandare astensionismi di massa a referendum democraticamente convocati» e «il catechismo viene aggiornato e riscritto abbastanza frequentemente; in teoria dovrebbe mostrare la capacità vaticana di adeguarsi ai tempi. Invece, scorrendone la collezione, ci si accorge che dimostra proprio il contrario: l’opposizione astiosa – cercando di contrastarli fino all’ultimo – nei confronti dei diritti civili».
La necessità di una nuova etica, laica – Purtroppo il potere ha «un gran bisogno di creazionismo, per ragioni religiose, politiche e ideologiche […] per continuare a tenere le menti degli uomini al contempo nell’arroganza e nella sudditanza (arroganza da finalistica elezione; sudditanza a Dio e dunque ai suoi rappresentanti sulla terra)». Per combattere il rischio dell’intolleranza e di quella “peste emozionale” analizzata da Wilhelm Reich, è vitale una sorta di nuova “religione laica”, occorre che «la vita umana abbia valore non malgrado la propria finitezza, ma proprio perché essa è finita a casuale». Sarebbe bene «disancorare la pietas dalla metafisica cristiana e valorizzarla riportandola al significato che le era proprio nella cultura classica: pietas come virtù civile; renderla “eredità umana” nella tolleranza, nello stato costituzionale di diritto, nella ragionevolezza, nell’ateismo come valore«.
Un’Italia sempre priva di virtù civili – Il rispetto delle “minoranze”, delle diversità, trova nell’omosessualità «davvero la punta più avanzata del cammino occidentale verso la dissoluzione di tutte le appartenenze». Del resto, «il punto vero di tutti i fascismi è proprio il triangolo rosa. Finché si riterrà giusto che qualcuno venga definito in quel modo, che una condanna (anche solo culturale, morale) sia inflitta per quella ragione, il peggio non può che conseguire». Triste, però, è il quadro che emerge del nostro Paese, caratterizzato dall’«assenza di una concezione di diritto dello stato. Una costante nella storia italiana. I fatti di Genova del 2001, caserma Diaz compresa, lo dimostrano ancora una volta».
Per un mondo senza violenza e intolleranza – Per far fronte ai rischi – ad esempio, il populismo e l’anestetizzazione delle masse – sempre più presenti nella nostra società («di quante leggi razziali noi oggi non ci accorgiamo? Io poeta, io scrittore, oggi non mi accorgo? […] Hitler, tra qualche decennio, verrà percepito come il Feroce saladino o come Dracula l’impalatore. Senza più coscienza del dolore. La memoria storica – si sa – dura meno di un secolo. E dunque anche la memoria del dolore…») non è necessario solo pensare, ma sapere indignarsi: «Per comprendere, l’intelligenza deve sporcarsi. Prima di tutto, persino prima di sporcarsi, deve essere ferita», anche perché «i nemici principali, oggi, possono essere altrove e si annidano magari nella superficialità, nella sordità etica, nel conformismo e nell’indifferenza». E, ancora: «Occorre imparare a lottare contro ogni forma di radicalizzazione e di rigidità dovuta a motivi etnici, religiosi, linguistici, politici, sociali. I paesi dove queste forme di radicalizzazione e rigidità sono più manifeste sono anche quelli che incontrano maggiori difficoltà a emanciparsi economicamente e socialmente».
Goethe, forse… – Un’annotazione sul titolo, che potrebbe apparire misterioso e, invece, è in perfetta sintonia con i contenuti del libro: «Più luce, padre» sarebbe la frase che Goethe, poco prima di morire, avrebbe pronunciato con intento illuminista al prete che voleva “salvargli l’anima” confessandolo. Certo, quante suggestioni, quante correspondances possono produrre quelle tre parole… dalla citazione Dei Sepolcri foscoliani, nei quali si raccontava come il morente volga l’ultimo sguardo alla luce del sole, a Buffoni stesso che, forse, avrebbe desiderato maggiore illuminazione, comprensione e calore dal proprio genitore. E, infine, non si perdano la Lettera a Giacomo Leopardi, nella Parte II. La luce dell’opera, e la Bibliografia: un prezioso elenco di libri belli e “civili”.
Il sito personale di Franco Buffoni è www.francobuffoni.it.
L’immagine: la copertina di Più luce, padre.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno III, n. 28, aprile 2008)
Comments 0