La polemica sorta attorno al recente spot pubblicitario in cui i Bronzi di Riace sono utilizzati come testimoni delle bellezze della regione Calabria mi dà lo spunto per alcune riflessioni:
1) Fermo restando la straordinaria importanza storico-artistica dei Bronzi di Riace mi permetto di sottolineare come, anche senza la presenza dei Bronzi, il Museo di Reggio Calabria che, a buon merito e ragione li ospita, rimane una struttura che presenta notevolissimi pregi e altrettanto autorevoli manufatti (anche se non così famosi come i Bronzi) che meritano altrettanta considerazione. Trattando solo delle opere scultoree, mi permetto di sottolineare la presenza del magnifico gruppo di Dioscuri, in marmo, del Santuario di contrada Marasà (fine del V e inizio del IV secolo a.C.) o Il Gruppo di Cavaliere sostenuto da Sfinge, in terracotta (fine V secolo a.C.), di Casa Marafioti. Per tacere della raccolta importantissima dei Pinakes, tavolette votive in bassorilievo, realizzate in stile jonico e di una bellezza incredibile. Sempre nel Museo, è bene ricordare, al di là delle raccolte di vasi, monete, statuette fittili, etc., la presenza di un San Giovanni Battista in marmo (di ignoto), ritrovato a pezzi (negli anni Trenta del XX secolo) nella sacrestia della chiesa di Drosi (RC) e la presenza (famosa!) di due tavolette dipinte di Antonello da Messina (1460, circa): San Girolamo penitente e I tre angeli.
2) Rimanendo sempre in ambito scultoreo (ed è bene ricordare quanto, sulla scultura presente nella Regione, ci sia ancora tanto da lavorare in ricerca e conoscenza), giungono alla mente le vicissitudini della scultura calabrese del Medioevo arrivando fino al Rinascimento quando pare che la Calabria sia stata terra di importazione (da Napoli e da Messina) ma giammai abbai avuto una produzione propria. Però, a guardare bene tra le pagine ancora poco conosciute della storia della scultura in Calabria, ci si imbatte, per esempio, nella figura di Lucifero, marmoraro in Gerace, e Mastro Girolamo Burruni, serratore di marmo, a Seminara (del Cinquecento il primo, del Settecento il secondo). Senza dimenticare l’officina degli scultori in legno di Polistena del Settecento.
3) Per quel che concerne Seminara, è bene ricordare giusto un dettaglio: che Reggio Calabria detiene la presenza del maggior numero di sculture rinascimentali della regione, sia come numero di pezzi, sia come qualità dei manufatti (di Antonello Gagini; di Rinaldo Bonanno, etc.).
4) La stringatezza di questo “sfogo personale”, non permette (naturalmente) di ripercorrere, neanche per larghi tratti, la storia dell’arte calabrese. Storia dell’arte e della tecnica, messa a repentaglio (tra i tanti mali) anche dalla recente “Riforma-controriforma” della scuola pubblica (la famigerata Gelmini) che, per quel che concerne l’Istruzione artistica, mette a repentaglio l’essenza stessa della conoscenza artistica in Italia perché, sotto la falsariga di ben sei indirizzi didattici, elimina senza misericordia “pittura”, “scultura” e “architettura” conducendo e obbligando all’ignoranza coatta gli studenti che verranno. Altro che spot sui bronzi! Non saremo in grado nemmeno si azzardare un’ipotesi su quale sia la differenza tra una scultura in marmo e una in bronzo e se, quella in bronzo, sarà stata realizzata «a staffa» oppure «a cera persa» e, di questa, se l’artefice ha utilizzato il metodo «diretto» o «indiretto». Questo mi suscita la polemica sullo spot dei Bronzi!
5) Ben venga lo spot… ma tra qualche anno bisognerà rivolgersi altrove… verso qualcuno che ha mantenuto inalterato il retaggio culturale e artistico e sarà ancora in grado di “leggere” un manufatto plastico-scultoreo. In Italia, grazie alla Gelmini (e ricordiamocelo, tramandandolo ai posteri!), nessuno lo saprà più fare.
Mala tempora currunt!
(Francesco Cento)