Quanto valgono le elezioni? Quanto viene rispettata la volontà dei cittadini-elettori? È giusto rovesciare il tavolo, se vincono forze politiche “antipatiche”? L’eclatante caso francese. E quelli Ue, Spagna, Austria, Germania…
In un altro articolo uscito contemporaneamente a questo che ci accingete a leggere, ci siamo chiesti: Viviamo davvero in regimi democratici? E abbiamo scritto che «nell’anno in corso si è votato in molteplici Paesi, ma il rispetto dell’esito delle urne e della volontà dei cittadini (pur con tutti i limiti dell’astensionismo […]) non v’è quasi mai stato».
Per non appesantire troppo quell’articolo, abbiamo rimandato a questo per riepilogare e analizzare i singoli casi di “urne ribaltate”.
I machiavellici giochini di Macron
Cominciamo dal caso postelettorale più tortuoso e machiavellico, quello della Francia. Le elezioni legislative anticipate, volute dal presidente della Repubblica Emmanuel Macron, hanno visto al primo turno il trionfo del Rassemblement national (Rn), formazione di destra, secondo la vecchia classificazione (ma leggi pure Se la sinistra fa la destra (e viceversa) e il centro perde la fede… e Destra e sinistra? Relitti della storia, per capire che le vecchie categorie sono forse sorpassate).
L’accordo di desistenza al secondo turno, complicato e davvero ai limiti della “porcata” politica, di tutti i partiti (di sinistra, centro e centrodestra) per impedire la vittoria al Rn di Marine Le Pen ha permesso a sua volta la parziale prevalenza delle sinistre (come seggi, non come voti) raggruppate nell’ammucchiata del Nuovo fronte popolare (Nfp).
Tuttavia, Macron non ha assegnato l’incarico di formare il governo a un rappresentante del Nfp, ma lo ha affidato a Michel Barnier, conservatore neogollista, che è riuscito a ottenere la fiducia del Parlamento, proprio grazie alla “non sfiducia a tempo” del Rn. In pratica un governo di minoranza, che non è appoggiato da nessuno dei due vincitori delle elezioni… (leggi Diego Malcangi, L’ultimo bluff di Macron, in Panorama, n. 45, 30 ottobre 2024).
Le ammucchiate in Spagna, Austria, Germania contro chi ha vinto…
Diversi, ma non troppo, sono i casi di Spagna, Austria, alcune regioni tedesche e persino Unione europea. In questi Paesi, pur di non avere governi con la presenza di partiti considerati di estrema destra, si sono realizzate alleanze innaturali che vanno dall’estrema sinistra al centro (e oltre).
Dopo l’esito delle elezioni del luglio 2023 nel Paese iberico il Partito socialista (Psoe), pur di tenere fuori dal governo il Partito popolare e Vox, considerato gruppo neofranchista, ha chiesto e ottenuto l’appoggio esterno degli indipendentisti catalani (Junts per Catalunya) e di altri partiti autonomisti baschi e catalani. I numeri parlano chiaro: in Parlamento l’opposizione, col Partito popolare vincitore delle elezioni con più seggi in assoluto, ha 171 seggi su 350. La coalizione di sinistra solo 147; tuttavia, con l’appoggio esterno delle forze suddette, raggiunge la maggioranza di 179 deputati.
In Austria il Partito della libertà (Fpö), che ha vinto le elezioni dello scorso 29 ottobre con quasi il 29% dei voti, è chiaramente di destra. Tuttavia, contrariamente alla prassi, non è stato incaricato di formare il nuovo governo. Anzi, nel momento in cui stiamo scrivendo, si sta cercando di far stare insieme partiti tradizionalmente contrapposti (leggi Austria: conclusa la fase dei colloqui esplorativi per la formazione di una coalizione tripartitica).
Nelle elezioni regionali tedesche tenutesi in Sassonia e Turingia, il maggior successo è stato ottenuto da Alternative für Deutschland (Afd), ritenuto dai progressisti addirittura neonazista. Anche in questi casi, formare governi regionali tra forze eterogenee senza chi ha vinto è un problema (Sassonia dopo le elezioni: Cdu in maggioranza, ma ancora niente governo; Germania, in Turingia non si fa il governo).
Tutti sono democratici, ma qualcuno si ritiene più democratico di altri…
Non c’è niente da fare: altro che democrazia, pluralismo, tolleranza! Vige – ma solo nei confronti di alcuni – la moralistica, spocchiosa, giustizialista, damnatio memoriae con la relativa, politica, opportunistica conventio ad excludendum. E, forse, ancor peggiore è la conventio ad tacendum, soprattutto da parte degli organi di informazione, applicata soprattutto ai dissidenti (si pensi ai “free vax” o ai pacifisti o a tutti i definiti, per dileggiarli e ridicolizzarli, complottisti o negazionisti).
Invece nei Paesi bassi si è rispettata la volontà degli elettori (Il nuovo governo di destra dei Paesi Bassi ha giurato davanti al re. Dick Schoof è primo ministro), con un Governo di coalizione tra liberali, centrodestra e destra (il Partito per la libertà, Pvv, nettamente primo al voto col 23,5%).
La von der Leyen non molla… Tutti dentro!
Anche alle scorse Elezioni europee dello scorso giugno vi è stata un’avanzata generalizzata delle destre in tutti i Paesi, ma trovare una maggioranza nel guazzabuglio di eletti di ogni provenienza politico-territoriale è un rebus. La presidente uscente, la tedesca Ursula von der Leyen, non si è rassegnata a lasciare il potere dopo cinque anni disastrosi. Basterebbe citare solo la guerra russo-ucraina, alle inutili spese in armi e le relative sanzioni che hanno finito per rovinare solo i Paesi e i cittadini europei, tra i quali soprattutto la stessa Germania, le accuse di corruzione e le relative indagini (Pfizergate) o le assurdità del Green deal. Promettendo di tutto e di più, la baronessa si è fatta votare da una macedonia (popolari, socialisti, liberali, verdi) escludendo solo i gruppi conservatori e di destra, nonché l’estrema sinistra.
Il guazzabuglio indigesto, messo alla prova dei fatti, si sta rivelando ingestibile sia nella nomina dei commissari sia su tematiche divisive (La maggioranza Ursula si rompe. Cosa succederà ora?).
Alleanze innaturali
Fino a pochi anni fa, l’alternanza di governo nell’Unione europea, così come nella maggior parte dei Paesi, riguardava il centro e la sinistra socialdemocratica. I partiti popolari e quelli di seppur moderata ispirazione marxista, si ritenevano inconciliabili.
Ma da almeno dieci anni han fatto breccia nuovi partiti, di destra (anche postfascisti) e di sinistra (ad esempio, i Verdi o i neocomunisti). Ecco, dunque, che dappertutto si è celebrato l’insano connubio Partiti popolari-Partiti socialdemocratici. Partiti che, un tempo, potevano contare da soli sulla maggioranza dei seggi (o quasi) e tutt’insieme sull’80-90% dei parlamentari.
Col tempo, tali innaturali coalizioni sono riuscite a raggiungere appena la soglia del 50%+1; oggi non ce la fanno più e devono ricorrere a ulteriori ampliamenti per ottenere la maggioranza governativa. Ma la barca è ormai piena… Non c’è più posto. A meno che non se ne facciano salire altri, col rischio di affondare…
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: cottonbro studio; Edmond Dantès; Tara Winstead).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)