Nel pamphlet “C’è del marcio in Occidente” (Raffaello Cortina Editore), il “matematico impertinente” Piergiorgio Odifreddi stigmatizza i misfatti compiuti dagli europei e dai nordamericani a danno del resto dell’umanità
Uno dei genocidi più efferati della storia fu compiuto in Congo dalle truppe coloniali belghe tra il 1885 e il 1908. Leopoldo II – re del Belgio e anche sovrano assoluto dello Stato libero del Congo – ridusse in semischiavitù i sudditi africani e li costrinse a fornire avorio e caucciù a prezzi irrisori (vedi Luciano Beolchi, Il genocidio di re Leopoldo II ). I congolesi che tentarono di ribellarsi ai soprusi furono vittime di torture, mutilazioni ed esecuzioni sommarie (i morti stimati furono circa dieci milioni).
Il primo scrittore a parlare di questo sterminio fu Joseph Conrad, che vi fece riferimento nel celebre romanzo Cuore di tenebra (Adelphi), scritto nel 1902.
Le critiche al mondo occidentale
L’imperialismo europeo e nordamericano ha perpetrato innumerevoli genocidi nel corso della storia, come ha recentemente evidenziato il “matematico impertinente” Piergiorgio Odifreddi nel pamphlet C’è del marcio in Occidente (Raffaello Cortina Editore, pp. 264, € 16,00). L’autore ammette di provare un senso di vergogna nell’appartenere a «una cultura e un blocco economico-politico che ha così tanto, e così a lungo, bistrattato il resto dell’umanità».
All’inizio e alla fine del saggio Odifreddi riporta i giudizi negativi espressi sulla società capitalistica da alcuni famosi intellettuali e da importanti personaggi storici (Jorge Bergoglio, Fidel Castro, Fëdor Dostoevskij, Albert Einstein, Al Gore, Martin Luther King, Konrad Lorenz, Karl Marx, Josè Saramago, Alexander Solženicyn, ecc.).
La parte centrale del libro è dedicata alla severa critica di dieci tra le categorie più significative della cultura occidentale, analizzate secondo il seguente ordine: occidentalismo, cristianesimo, colonialismo, militarismo, razzismo, classicismo, idealismo, capitalismo, democrazia, libertà di parola.
Occidentalismo e cristianesimo
L’autore utilizza il termine “occidentalismo” per indicare i valori ancora oggi condivisi da 35 nazioni (Australia, Canada, Giappone, Israele, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno unito, Stati uniti e le 27 nazioni aderenti all’Unione europea). Il binomio economico-politico che le accomuna è il «combinato disposto di mercato e democrazia», venerato dai mass-media mainstream come «il migliore di tutti i modelli possibili».
Gli occidentali, inoltre, condividono anche il pregiudizio «di sentirsi sopra tutti, e al di sopra di tutto», radicatosi in loro anche in virtù della comune fede cristiana. Essa originariamente presentava i tratti tipici di una «religione dell’amore» riservata ai soli giudei. A stravolgerla fu la predicazione di Paolo di Tarso, che pretese «di estenderla anche ai gentili: cioè, al resto del mondo». Il cristianesimo si connotò successivamente per l’«innaturale abbinamento della croce e della spada» che portò alle Crociate, spianando così la strada «al colonialismo, al militarismo e al razzismo».
Il colonialismo sostenuto dal militarismo
Odifreddi suddivide l’imperialismo occidentale in tre distinte fasi storiche. La prima corrispose alla «colonizzazione» (1492-1945), durante la quale «le nazioni europee si spartirono il mondo» e massacrarono le popolazioni indigene. Ad essa seguì la «decolonizzazione» (1945-1991) con la nascita degli stati indipendenti ex coloniali che però entrarono a far parte delle «zone di influenza» degli Stati uniti o dell’Unione sovietica. Sopraggiunse, quindi, la «globalizzazione» (1991-2022) che illuse l’Occidente «di poter finalmente dominare l’intero mondo» attraverso un neocolonialismo «dal volto umano». Questa fase, tuttavia, è terminata con la Guerra d’Ucraina, provocata soprattutto dall’incessante allargamento della Nato verso l’Europa orientale (vedi A “novanta secondi” dall’apocalisse).
L’imperialismo è stato sempre sostenuto dalla crescita imponente delle spese militari. Nell’ultimo biennio, ad esempio, le nazioni occidentali hanno investito in armamenti un’ingente quantità di dollari: «Gli Stati uniti sono già saliti a 900 miliardi, e l’Unione europea a 350: insieme […] 10 volte più della Russia».
Il razzismo giustificato dal classicismo
Un’altra piaga dell’Occidente è il razzismo, vizio atavico già in nuce nell’Antico testamento, dove gli ebrei sono definiti il «popolo eletto». Un concetto analogo fu condiviso anche dai cristiani che si considerarono il «nuovo popolo eletto, destinato a convertire tutta l’umanità».
Le teorie inneggianti al suprematismo occidentale caratterizzarono soprattutto il tardo Ottocento, quando dilagò il darwinismo sociale. Gli Usa, ad esempio, adottarono le Leggi Jim Crow (1870) che «formalizzarono la segregazione razziale nelle scuole, nei trasporti e nei locali pubblici». Rudyard Kipling – nell’omonimo saggio del 1899 – enfatizzò il «fardello dell’uomo bianco» per giustificare il colonialismo.
Il razzismo fu supportato dalla distorta interpretazione del mondo classico fornita dagli intellettuali che idealizzarono l’antica stirpe greca, considerandola il prototipo di «una razza pura e di un pensiero puro, senza contaminazioni biologiche e culturali». La Germania nazista, infine, portò alle estreme conseguenze l’assurda convinzione della superiorità degli ariani über alles.
L’idealismo al servizio del capitalismo
Un’ulteriore contraddizione dell’Occidente è costituita dalla schizofrenica coesistenza di «materialismo» (in campo economico) e «idealismo» (in ambito culturale). I mass media, infatti, esaltano il consumismo più sfrenato, ma parallelamente elaborano una «visione magica del mondo» e modellano la nostra società come «un gigantesco Truman Show», dove la gente «non conosce la realtà […] e vive inebetita nella finzione».
L’autore stigmatizza specialmente la filosofia postmoderna – tuttora egemone – perché contesta l’esistenza della realtà oggettiva e celebra il soggettivismo antiscientifico. Essa – rinnegando le proprie istanze libertarie – «ha finito col creare la nuova ideologia, il nuovo pensiero e il nuovo dominio alternativo del politicamente corretto». Il postmodernismo è chiaramente funzionale alla conservazione del capitalismo neoliberista e dei suoi dogmi economici (la deregulation, la crescita del Prodotto interno lordo, il laissez-faire, la sperequazione, ecc.). Spesso, però, i principi liberali vengono disattesi e si fa ricorso al protezionismo doganale o s’implementano «forme di mercato centralizzate e monopolistiche».
La pseudodemocrazia e l’illusoria libertà di parola
Molti politici occidentali considerano la democrazia rappresentativa come la forma perfetta di governo da esportare ovunque. Essa, tuttavia, ha ormai assunto i connotati dello «stato di polizia», dove non si rispettano più i «principi minimi di uguaglianza» e si spiano i cittadini «al duplice fine del loro controllo politico e del loro sfruttamento commerciale». I parlamenti svolgono un ruolo marginale e, in nome della «governabilità», vigono dappertutto «sistemi maggioritari che confliggono con l’ideale democratico della rappresentanza proporzionale».
L’odierna società capitalistica somiglia molto allo stato dispotico preconizzato nel romanzo Il mondo nuovo (Mondadori) da Aldous Huxley (vedi La “dittatura dolce” si sta realizzando). Anche la libertà di parola, infatti, è puramente illusoria: la maggioranza dei cittadini ripete le opinioni apprese dalle fake news, dal cinema hollywoodiano, dalla letteratura liberal e dal giornalismo embedded, che concorrono a creare «un rintontimento collettivo in cui non contano più i fatti, ma solo le fantasie».
Il serio rischio della Terza guerra mondiale
Odifreddi – nella parte conclusiva del pamphlet – esplicita il proprio punto di vista etico-politico. Egli, infatti, afferma di provare «simpatia per l’ateismo e l’anarchia, e antipatia verso ogni chiesa e ogni stato», dichiarandosi inoltre molto preoccupato per le sorti del genere umano, giunto sull’orlo della Terza guerra mondiale. La responsabilità dell’odierna tensione internazionale – che potrebbe sfociare in un catastrofico conflitto nucleare – è imputabile soprattutto al «carattere aggressivo, arrogante e prevaricatore dell’Occidente», il quale intende «preservare il proprio predominio sul pianeta, ed è disposto a rischiare il tutto per tutto per riuscirci».
Alcune delle critiche espresse alla cultura occidentale dal “matematico impertinente” non ci trovano d’accordo, specialmente quando scaglia i suoi strali contro gli studi classici e la psicanalisi. La sua vis polemica, comunque, ci pare efficace e convincente nel denunciare i tanti misfatti commessi dagli europei e dai nordamericani, posseduti da un’insana hybris che li spinge a dominare il resto dell’umanità.
Le immagini: la copertina del libro di Odifreddi; a uso gratuito da Pexels (autori: Olia Danilevich, Yogendra Singh) e da Pixabay.
Giuseppe Licandro
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)
Quanto afferma Odifreddi è indiscutibile.
Tuttavia, identiche considerazioni andrebbero fatte per la cultura imperialista giapponese o quella islamica, alla base di massacri pari o superiori a quelli commessi da europei e statunitensi.
E, pur senza sofisticati retroterra ideologici, stermini di massa e orrori di ogni sorta sono stati compiuti dai popoli precolombiani, dai Mongoli, dalle tribù africane complici della schiavitù delle stesse popolazioni di colore ecc. ecc….
Nel’Antico testamento ebraico l’idea del popolo eletto non produsse solo razzismo, ma anche e soprattutto il violento sterminio e la pulizia etnica della Terra di Canaan di tutte le popolazioni preesistenti non israelitiche. Questo succede purtroppo anche oggi contro gli originari abitanti arabi della Palestina, col pieno sostegno degli Usa, anch’essi “popolo eletto” sterminatore dei nativi americani.