“Sceglierò io quando e come morire” (youcanprint edizioni) di Filippo D’Ambrogi ripercorre l’accidentato percorso per una legge sul testamento biologico nel nostro Paese e le prese di posizione del celebre giornalista
“Sceglierò io quando e come morire”. La battaglia di Indro Montanelli per un fine vita dignitoso (Presentazione di Giovanni Fornero, youcanprint, 2022, pp. 132, € 14,00) di Filippo D’Ambrogi non è solo una sorta di antologia degli interventi del giornalista di Fucecchio a favore dell’eutanasia. Infatti, attraverso i 18 brevi capitoli del libro, l’autore, che è egli stesso pure medico, ricostruisce anche la lunga battaglia condotta in Italia a favore delle scelte riguardanti il fine vita.
Un tabù italiano
Una tematica non gradita, anzi impopolare nel nostro Paese fin quasi agli albori del XXI secolo. Essa fu condotta dapprima da pochi “carbonari”, oggi dimenticati dalle giovani generazioni, a rischio di galera, nonché di pubblica e collettiva condanna morale. E Montanelli ne parla nelle Stanze a lui riservate sul Corriere della Sera. A cominciare da un medico, Giorgio Conciani, «triestino di nascita ma fiorentino d’adozione», abortista e antesignano della pratica eutanasica, radiato dall’Albo nel 1995 e morto nel 1997. I casi dimenticati come quello di Umberto S., del professor Ezio Forzatti, del magistrato Luigi Lombardini, di Stefano e Guido. Poi, dopo la morte del giornalista toscano, vicende che hanno quasi costretto il legislatore a promulgare qualche seppur timida legge: Piergiorgio Welby (2008), Eluana Englaro (1992-2009), dj Fabo (Fabiano Antoniani, 2017) e altre.
Una sempre maggiore sensibilità e qualche legge
I casi estremi s’intrecciano con la maggiore sensibilità e presa di coscienza degli italiani. Così, sorgono via via la Fondazione Floriani (1977), che promuove la cultura delle cure palliative, o la Consulta di Bioetica (1989). E le varie associazioni per il diritto a una morte dignitosa, quali Exit (1996), Libera Uscita (2002), l’Associazione Luca Coscioni (2002). Anche una religione cristiana come la Chiesa evangelica finisce per sostenere il diritto alla dolce morte con il documento su Eutanasia ed il suicidio assistito, approvato dalla Tavola valdese nel 1998. E importanti risultano pure le prese di posizione dello scienziato Umberto Veronesi. Così si arriva alla legge 38/2010 su terapia del dolore e cure palliative, a quella 219/2017 sulle Dat (disposizioni anticipate di trattamento) e alla Sentenza della Corte costituzionale (242/2019), che individua alcuni casi estremi che possono giustificare un aiuto al suicidio.
Bigotti e malvagi
D’Ambrogi ricorda pure alcuni disgustosi interventi conformisti, ma anche spietati, che hanno accompagnato le varie vicende di scelte di fine vita rimbalzate sui mass media e/o il relativo dibattito. Ad esempio, quello dell’allora presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici e chirurghi, che nel 1991 «tuonò: “‘Eutanasia’; una parola che non deve esistere nel vocabolario del medico”». All’attacco di Montanelli e della sua presa di posizione civile vanno in tanti, sostanzialmente cattolici. Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta e futuro presidente della Rai, afferma: «Più che deprecabile. Ciò che ha detto il grande giornalista mi fa compassione». Per Riccardo Pedrizzi della Casa della Libertà, «quelle di Montanelli sono parole pericolose e inaccettabili».
Celebratori del dolore e mistificatori
Le disumane sofferenze che affliggono molti malati terminali sono una benedizione; lo affermano il bioeticista Massimo Reichlin («una forma di partecipazione alla sofferenza di Gesù») e lo scrittore Ferdinando Camon (una «mano implacabile e salvifica della provvidenza»). Per l’ineffabile Silvio Berlusconi Eluana Englaro – dopo ben 17 anni di stato vegetativo – era ancora in grado di partorire! Persino dopo la morte di Montanelli, per lui non c’è pace e si cerca di modificare le sue convinzioni. Infatti, alcune dichiarazioni di Ferruccio De Bortoli e di Cesare Romiti inducono alla perplessità l’autore di Sceglierò io quando e come morire.
La lezione morale di Montanelli
Nel libro di D’Ambrogi la cronistoria della questione fine vita s’intreccia con gli interventi di Montanelli pubblicati, come s’è detto, sul Corriere della Sera nella sua rubrica La stanza, un dialogo quotidiano con i lettori della testata milanese. Brani ancora oggi vivi: pungenti, polemici, sdegnati, accorati, dignitosi (leggi qui). L’autore li ha pazientemente recuperati e ripubblicati. Certo, in vent’anni molto è cambiato e l’Italia odierna è meno bigotta e ipocrita di quella contro cui si scagliava il giornalista. Tuttavia, molte delle pacate analisi come delle irose invettive di «Cilindro» restano di estrema attualità. Una lezione morale per i farisei di ieri e di oggi. Ancora scomoda, visto che, come scrive il filosofo Fornero nella Presentazione al libro, nonostante gli interventi sull’eutanasia abbiano caratterizzato i suoi ultimi anni di vita (1997-2001), «nessuna delle principali biografie comparse dopo la sua morte è andata oltre, nel migliore dei casi, a qualche breve cenno». Ma Montanelli era una persona libera, cui poco importavano le convenienze, per cui le sue opinioni andavano spesso controcorrente (vedi qui). Quanti giornalisti del pietoso mainstream oggi dominante possono dire altrettanto di se stessi?
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 208, aprile 2023)