Editoriale inverno gennaio-marzo 2023 (nn. 205-207) – I parassiti prepotenti
Non producono alcunché né offrono servizi, vogliono imporre la loro ideologia elitaria e, per di più, disprezzano la gente comune che li finanza con le tasse. Chi sono?
I parassiti sociali sono sempre esistiti. La Letteratura (fin da quella classica), la Storia, la cronaca mondana, il cinema, ce ne offrono esempi a iosa, con lo scopo di additarli come cattivi esempi o per riderci su. Insomma, i parassiti sono stati oggetto di satira sociale o spunto per fini comici. Ma non si erano mai visti degli improduttivi, a carico di chi davvero lavora e produce ricchezza e, quindi, sulle spalle dei cittadini contribuenti, che si sentissero superiori, volessero imporre la loro ideologia e, per di più, addirittura, disprezzassero gli altri. Il Festival di Sanremo, col suo violento classismo ideologico, è solo la punta dell’iceberg (vedi la parte finale del nostro La schizofrenia del potere, pubblicato in questo stesso numero di LucidaMente 3000).
La vera cultura e la sua funzione sociale
Ma non intendiamo parlare qui dei presunti artisti, cantanti, guitti delle kermesse sanremese. Tra l’altro, qualcuno potrebbe replicare che quella gente vive del successo presso i loro (stupidi) ammiratori. Allora, chi sono? Qual è la loro categoria? Chiariamo. Non stiamo rozzamente riferendoci a tutti coloro che non producono oggetti per il mercato o non offrono servizi concreti e materiali alle persone e alla comunità.
Ad esempio, non stiamo parlando certo dei direttori d’orchestra o di musei o di biblioteche visitatissime: sappiamo bene che la cultura e la bellezza sono tra le principali ricchezze dell’Italia e la loro valorizzazione è una delle poche speranze di ripresa economica, civile, morale, oltre che di fondamentale attrazione turistica. Non stiamo parlando dei docenti: se riescono a insegnare agli allievi a leggere, a scrivere e far di conto (obiettivi oggi non scontati), a fornire strumenti culturali e a formare cittadini liberi e dotati di senso critico (finalità didattiche attualmente poco perseguite), non condizionati da alcuna ideologia dominante, il loro compito è prezioso.
Non stiamo neppure parlando dei giornalisti, se forniscono informazioni obiettive e se hanno il coraggio di fare inchieste su crimini e corruzione (e già qui avremmo qualche dubbio, visto che tali peculiarità son rare e i periodici vanno avanti quasi tutti con le sovvenzioni statali e uniformandosi al Potere).
L’intellighenzia radical chic
Ci riferiamo ai presunti intellettuali, per la maggior parte radical chic, che non solo non fanno alcunché per gli altri, non solo vivono coi soldi statali (cioè con le tasse pagate dai cittadini), ma si autoincensano coi loro complessi di superiorità, la loro spocchia, il loro disprezzo per il popolo, la plebe.
A tal punto che hanno pure l’arroganza di affermare che la gente senza un alto titolo di studio non deve votare. Vorremmo provassero loro a leggere volumi, vedere film, essere informati, fare le 3 di notte tra una presentazione di un libro, un vernissage, un film, un party, una comparsata in tv, scrivere un articoletto per una rivista che nessuno leggerà…; e, al contempo, svegliarsi alle 6 del mattino per fare il muratore, l’idraulico, l’elettricista, tutti mestieri fondamentali per la società e di cui usufruiscono pure, anzi soprattutto loro, incapaci di prendere in mano un chiodo e un martello o di cambiare una lampadina (ecologica, ovviamente). Oppure fare l’imprenditore, rischiando capitali di tasca propria, l’operaio, produrre servizi utili alla società, innovare le tecnologie…
Spocchia e intolleranza
Come non bastasse, l’intellighenzia radical chic tende a imporre la propria ideologia, la propria Weltanschauung, la propria visione della società, basate sul pensiero unico del politicamente corre/o/tto, secondo il quale non sono prioritari i diritti sociali, le scuole, gli ospedali, le case popolari, l’assistenza ai disagiati, ecc.
Lo sono, invece, la transizione ecologica (a favore del neocapitalismo), i piagnistei prepotenti della presunta comunità lgbtqia+, la legalizzazione di ogni droga, la difesa a oltranza di stranieri clandestini e delinquenti, la criminalizzazione degli occidentali (soprattutto se maschi, bianchi, cristiani), la cancel culture, la sottomissione all’islam e alla violenza delle bande rap o trap, la neutralizzazione delle forze dell’ordine e altro ancora. E chi non accetta “il mondo nuovo” (vedi La “dittatura dolce” si sta realizzando), è un ignorante, fascista, islamofobo, maschilista, xenofobo, antidemocratico, razzista, ecc. ecc.
Soldi facili sottratti alla gente
Tale imposizione, accompagnata da intolleranza e disprezzo, imposizione e repressione, già di per sé allucinante e violenta, è finanziata dagli stessi soldi di coloro che ne sono vittime: i cittadini comuni. Infatti, la stragrande maggioranza degli appartenenti alla suddetta casta vive di incarichi assegnati/inventati ad personam per favoritismo presso riviste fallimentari, case editrici fantasma, fondazioni, agenzie, diserti istituti di cultura o centri studi, musei che nessuno visita, festival e mostre per pochi appassionati, enti pubblici, stato e parastato e i partiti stessi, per non parlare delle comparsate retribuite presso trasmissioni a senso unico. Sono davvero parassiti: si nutrono di chi li mantiene e lo distruggono senza alcuna riconoscenza. Parassiti, parassiti, parassiti.
Alle armi! Alle armi!
Ora ripercorriamo, come di consueto, alcuni degli articoli più interessanti che LucidaMente 3000 ha pubblicato in questi mesi. In un suo davvero esaustivo intervento Franco Ecchia ha analizzato l’annoso rapporto Stato-Regioni: Autonomia differenziata: cronistoria e attualità. Due libri ci hanno permesso di affrontare la tragedia delle guerre, le sue cause, i suoi risvolti: Di guerra in guerra (Raffaello Cortina Editore) di Edgar Morin (recensito da Giuseppe Licandro in Il bellicismo che rende ardua la pace in Ucraina) e False flag (Arianna Editrice) di Enrica Perucchietti (Come provocare una guerra facendo la vittima).
Che i tempi che stiamo vivendo siano oscuri – ma ce ne sono mai stati di assolutamente luminosi? – lo dimostrano le cronache. Da Mafia Capitale a Mimmo Lucano, dalla famigliola Soumahoro fino al Qatargate, passando per l’ineffabile D’Alema: le sinistre dell’autoproclamata superiorità morale cadono sempre più in basso, fino a sfruttare gli stessi valori e persone dei quali si proclamano paladine (Sinistropoli: il “diritto umano” dei borsoni pieni di soldi).
Nostalgia del Bene
Una delle soluzioni alla barbarie potrebbe essere La risposta (giusta ma improponibile) dell’ateismo? Forse, rispetto all’attuale decadimento culturale, sociale e civile, era migliore l’Italia del Secondo Dopoguerra (Nostalgia delle antiche ignoranza e povertà…)? Neanche il calcio si salva dall’attuale declino morale, anzi ne è una delle sfaccettature. Infatti, ancora Licandro ci ha parlato de La Coppa del mondo più controversa della storia del calcio e de Il doping, lato oscuro del “gioco più bello del mondo”. Andrà meglio nel lontano futuro? Maria Daniela Zavaroni ci ha svelato Come saremo tra mille anni? Infine, Emanuela Susmel ci ha ricordato l’anniversario della scomparsa di due grandi, originalissimi, artisti (2003-2023, vent’anni senza Giorgio Gaber; Enzo Jannacci, dieci anni dopo). Buona lettura.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 207, marzo 2023)