A un anno dalla sua scomparsa ricordiamo un’artista a tutto tondo. I tributi anche postumi ricevuti dalla indiscussa regina della televisione italiana e non soltanto
Non tramonta e non tramonterà il ricordo di Raffaella Carrà. Nata a Bologna il 18 giugno 1943 – all’anagrafe Raffaella Maria Roberta Pelloni – e scomparsa un anno fa a Roma, il 5 luglio 2021, dopo una lunga malattia, oggi sono i fans a mantenere vivo il suo mito. Per illustrare il suo curriculum artistico non basterebbe un articolo. Per questo desideriamo ricordarla soprattutto per la donna che è stata.
La Carrà ha vissuto intensamente tutta la propria vita. La sua carriera artistica inizia infatti già nel 1952, con la partecipazione – nel personaggio infantile di Graziella – al film di Mario Bonnard Tormento del passato. Nei due decenni successivi approda in televisione riscuotendo immediatamente successo, grazie alla sua bravura e – non da ultimo – al suo personalissimo caschetto biondo che, nel tempo, non ha mai tradito. Come dimenticare la sua discografia, trasmessa tuttora nelle radio, accompagnata dai balletti che hanno fatto storia? Ci riferiamo, per esempio (qui in ordine di pubblicazione), a: Ma che musica maestro (1970); Tuca Tuca (1971), nelle indimenticabili performance coreografiche dapprima con Enzo Paolo Turchi e poi con Alberto Sordi; Rumore (1974); A far l’amore comincia tu (1976); Forte forte forte (1976); Fiesta (1977); Ma che sera (1978); Tanti auguri (1978); Rumore (1979); E salutala per me (1979); Torna da me (1979); Pedro (1980); Che dolor (1982); Ballo ballo (1982); Fatalità (1983).
Raffaella viene presto osannata anche fuori dai confini nazionali. Molte delle sue canzoni vengono da lei incise in lingua spagnola: è l’inizio del successo che la Carrà ottiene in America del Sud, in particolare in Argentina. Un’artista a tutto tondo: attrice, cantante, ballerina. Ma anche showgirl, quale conduttrice di Pronto Raffaella (dal 1983 al 1985); di Carramba! Che sorpresa (dal 1995 al 1998 e nel 2002) e di Carramba! Che fortuna (dal 1998 al 2001 e nel 2008), trasmissioni che le valsero la coniazione del termine “carrambata”. La lista non finisce qui: è la seconda donna nella storia, dopo Loretta Goggi, a presentare il Festival di Sanremo, nel 2001. Nel tempo recita anche in diversi spot pubblicitari, qui elencati in ordine alfabetico: Agip, Dado Star, Danone, Motta, Parmigiano Reggiano, Scavolini, Stock, Tim, Valleverde. Meno nota come autrice letteraria, ci regala L’isola dell’incanto (1987, Arnoldo Mondadori Editore) e Le ricette di Raffaella (1991, ancora per Arnoldo Mondadori Editore).
Un’indiscussa regina della televisione italiana che non si risparmia al suo pubblico; compreso quello del mondo Lgbt+ di cui, dagli anni Sessanta, diviene un’inconsapevole e inaspettata icona. L’assegnazione, al World Pride di Madrid del 2017, del riconoscimento di “ambasciatrice dell’amore” è il risultato del suo ascolto rivolto a chi viene ignorato. Nel corso della sua vita Raffaella rimane gelosa del suo privato nonostante per una star come lei sia difficile sfuggire al gossip. Due le storie d’amore importanti: dapprima quella con Gianni Boncompagni e poi quella con Sergio Japino; entrambi sono stati anche suoi validissimi collaboratori artistici. Sono molteplici i tributi da lei ricevuti in vita: dal riconoscimento di “icona della libertà” conferitole nel 2018 dalle autorità iberiche a nome e per conto di re Felipe VI a quello di “icona di sensualità” da parte del Guardian, solo per citarne alcuni. Non mancano poi quelli postumi: fra tutti, il premio speciale Sorriso Diverso Venezia Award assegnatole dalla città lagunare per la sua carriera cinematografica e ritirato da Japino; l’istituzione, da parte del Comune di Capaccio Paestum, del Premio nazionale Raffaella Carrà in onore alla lunga carriera e alla vita dell’artista; il criticato – per la brevità – omaggio a lei in occasione dell’Eurovision 2022; la dedica delle luminarie artistiche nella centralissima via D’Azeglio da parte della sua città natale, Bologna.
E, infine, l’acquisto dell’opzione sui suoi diritti biografici da parte della Italian International Film (Gruppo Lucisano) e di Kubla Khan 1990 di Umberto Massa. Se mai verrà prodotta una serie televisiva sulla vita della Carrà, essa sarà un’occasione per addentrarsi nell’esistenza di una grande donna: ma soprattutto per rendersi conto che, lungo tutta la sua vita, non sono mai mancati gli ingredienti principali dell’ironia e dell’umiltà che l’hanno fatta amare dalle masse popolari e da intere generazioni.
Le immagini: Raffaella Carrà, l’artista con Alberto Sordi nell’interpretazione del Tuca Tuca e le luminarie artistiche a lei dedicate a Bologna.
Emanuela Susmel
(LucidaMente 3000, anno XVII, nn. 199-200, luglio-agosto 2022)