Dopo il folgorante “Fairytale”, i registi Christian Bisceglia e Ascanio Malgarini hanno fatto ancora centro con un altro film horror, ambientato a Messina e visionabile gratis su RaiPlay
Molto spesso quando si parla di film horror si pensa ai film spazzatura di certa cinematografia americana. Rimangono invece nella periferia dell’immaginario dello spettatore distratto le opere di sinuoso terrore della cinematografia italiana, espressioni della regia di autori come Pupi Avati e Mario Bava.
Altri, come Dario Argento e Lucio Fulci, hanno inseguito una più asettica scrittura cinematografica hollywoodiana, concedendo poco agli scenari del territorio italiano, che invece sono le basi su cui si fondano le inquietudini più profonde. I turbamenti più corrosivi, difatti, non nascono da folli con maschere di cuoio che maneggiano pesanti motoseghe, bensì possono celarsi dietro le persiane chiuse di un casolare avvolto nella nebbia, negli enormi e vuoti corridoi di un edificio di epoca fascista o in una parrocchia persa sul delta del Po. Oppure… fra le tombe abbandonate e crepate di un cimitero di Messina, uno dei luoghi centrali di Cruel Peter (2019), il secondo film horror di Christian Bisceglia e Ascanio Malgarini (già apprezzati con l’inquietante opera d’esordio del duo, Fairytale, del 2013). Ma, prima di consigliarne vivamente la visione ai nostri lettori, intendiamo appunto rilevare la generosità del territorio italiano nell’offrire atmosfere inquietanti, suggestive ed enigmatiche, cariche di misteri che sfuggono alla ragione ma non ai timori ancestrali che albergano nella psiche umana.
Nessuna regione italiana è priva di luoghi del mistero, tuttavia la Sicilia eccelle, offrendo scenari che fanno da purpureo sfondo per variegati spunti di una inquietante danse macabre. Basti pensare alle catacombe del Convento dei Cappuccini a Palermo, dove, a partire dall’ottobre del 1599, sono state deposte centinaia di salme. Divenute mummie incartapecorite, ti osservano attraverso le loro orbite vuote, che allungano gli arti rinsecchiti e le mani adunche quasi ti volessero afferrare. E tu sai che prima o poi comunque ti avranno. Ma ancora più perturbante è il cadaverino della bimba deposta nel 1920, con il viso roseo, le guance paffute e gli occhi socchiusi che sembra si possano aprire da un momento all’altro per comunicarti un insostenibile incubo.
E che dire allora del «Palazzo di Palagonia [che] per la sua bizzarria non ha uguale sulla faccia della Terra. […] il Principe di Palagonia (Francesco Ferdinando Gravina II) ha dedicato la sua vita intera allo studio delle chimere e di mostri e se ne è fatti fare tanti che più ridicoli e più strani neppure la fantasia dei più arditi scrittori di romanzi e storie di cavalieri erranti avrebbero saputo creare […] pare di essere capitato nel paese dell’illusione e dell’incantesimo», scrive nel 1770 lo scienziato e viaggiatore scozzese Patrick Brydone nel suo Viaggio in Sicilia ed a Malta. Di tale “villa dei mostri” di Bagheria, iniziata nel 1747, parla anche Johann Wolfgang von Goethe nel suo Viaggio in Sicilia (1817). Nessuno sa spiegare il senso delle statue (oltre seicento nel solo parco) di quelle creature mostruose, raffiguranti animali fantastici e figure grottesche e orripilanti, se non lo sfogo di una pura pazzia. E poco lontano, a Cefalù, ecco la villa di Aleister Crowley, artista britannico, poeta, mistico, ma soprattutto supremo satanista che si riteneva essere Belzebù e aveva fondato una comunità diabolica dedita a preghiere sataniche, sacrifici di animali e sesso estremo, spesso sotto l’effetto di droghe…
Il Cimitero degli inglesi di Messina, da dove prende avvio Cruel Peter, non è sicuramente il luogo più macabro dell’isola, ma è topos funzionale per un’opera che utilizza gli stilemi classici del genere fondendoli con noti spazi tipicamente italiani e, pertanto, restituendoci atmosfere di autentico orrore. La prima inquietudine di Cruel Peter nasce proprio dall’ambientazione storica da cui partoriscono le vicende: Messina pochi giorni prima del terremoto del 28 dicembre 1908, che distrusse completamente le città di Messina e di Reggio Calabria e dei comuni limitrofi causando centoventimila vittime. Non c’è bisogno di indurre l’orrore di fronte all’orrore reale di fatti realmente accaduti. E per quanto ripresa con riluttanza in poche scene, la città dello Stretto è sempre presente nella narrazione, tanto da apparire come autentica protagonista. Messina è il suo porto a falce che finisce con la stele eretta della Madonnina.
Ma quel porto, nella rappresentazione, non è un campo aperto, pronto ad accogliere chi giunge dall’altra parte dello Stretto, bensì è un braccio che si chiude come a difendersi dalle minacce che si possono solo immaginare scrutando la sponda calabra. Le montagne dell’Aspromonte si intravedono appena, coperte sempre da una coltre di nebbie e di nuvole, quasi celassero incognite minacce e imprevedibili mostruosità. Le due sponde dello Stretto non sono lì per abbracciarsi, bensì luoghi ostili e contrapposti che si osservano con timore più che con sospetto. Effetto dovuto anche al fatto che molte immagini del film sono virate nel grigio, a volte deformate. Come per Vincenzo Consolo, quelle acque, che gravano sotto «cieli impassibili e beffardi», sono un «mare grande e pauroso». Cruel Peter è tutto qui? Certamente no. Ci troviamo di fronte a un prodotto ben fatto (che, infatti, venduto in oltre 60 paesi, ha riscosso un buon successo nelle piattaforme estere e persino negli Usa), pure troppo rispettoso del genere e per certi aspetti neanche troppo originale se non si avvalesse di quelle atmosfere tanto “naturali e ordinarie” e proprio per questo emotivamente disturbanti. Un appunto? Certo. Perché non lasciar parlare gli attori con la cantilenante cadenza messinese, piuttosto che in un generico idioma siciliano?
Cruel Peter è visionabile gratis su RaiPlay, insieme ad altri due capolavori di gotico italiano ben ambientati in luoghi specifici della penisola: il citato Fairytale (2013) – già segnalato qui da LucidaMente – degli stessi Bisceglia e Malgarini, in quella Latina mussoliniana ben narrata da Antonio Pennacchi; e l’autentico capolavoro Il signor Diavolo (2019) di Pupi Avati, da non perdere assolutamente, collocato tra valli di Comacchio e laguna veneziana.
Antonio Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 195, marzo 2022)