Oltre alla Covid, il nostro Paese deve fare i conti con un’altra epidemia, altrettanto letale: la violenza di genere
Il rapporto Istat dello scorso maggio parla chiaro: in Italia la violenza di genere è un problema che deve essere preso seriamente. Dati alla mano, l’Istituto mostra come durante i mesi del lockdown questo fenomeno abbia avuto un aumento esponenziale. Nel 2020 il 93,4% dei maltrattamenti si è consumato all’interno delle mura domestiche e, nella maggioranza dei casi, si tratta di comportamenti reiterati nel tempo, che sfociano spesso in delitti.
Anche le Nazioni Unite lanciano l’allarme, parlando di una «shadow pandemic», ovvero di una pandemia all’ombra. Le misure restrittive in contrasto alla pandemia da Covid-19, adottate in tutto il mondo, hanno esacerbato la vita di molte donne, costrette a stare a stretto contatto con il loro carnefice. Nonostante l’evidenza dei fatti, il tema del femminicidio non è ancora stato immesso nell’agenda politica italiana. Nel 2019 è entrata in vigore la legge n. 69/2019 “Codice Rosso” a tutela delle vittime di violenza, ma occorre andare oltre: è ormai fondamentale un approccio sistematico al problema, che deve essere orientato alla prevenzione di queste brutalità. Dall’inizio dell’anno sono state uccise ben 13 donne: la Repubblica ha raccolto qui i loro nomi, scattando una fotografia agghiacciante dell’Italia.
Come si evince dall’elenco, non vi sono distinzioni anagrafiche né geografiche: l’unico fattore che accomuna le vittime è l’essere donne. La violenza di genere è, tra i tanti suoi aspetti, un problema culturale: è quindi necessario introdurre dei correttivi di natura educativa per contrastare il dilagare del fenomeno. Un buon punto di partenza potrebbe essere quello di iniziare a chiamare le cose con il proprio nome. Come era solito ripetere il regista Nanni Moretti, «le parole sono importanti»; soprattutto per chi, come i giornalisti, con le parole ci lavora: occorre quindi smettere di sminuire la gravità di ciò che accade, derubricando gli episodi di femminicidio a casi isolati o a raptus improvvisi. Smettiamola di colpevolizzare le vittime, che non vengono lasciate in pace neppure da morte. Questo problema è endemico ed è giunto il momento di raccontarlo e affrontarlo come tale.
Ricordiamo che 1522 è il numero verde antiviolenza, attivo tutti i giorni 24 ore su 24. Qui è possibile consultare la mappa interattiva dei centri antiviolenza in Italia, fornita dal Dipartimento per le Pari Opportunità del Consiglio dei ministri.
Le immagini: foto di Anete Lusina e Kat Jayne concesse a uso gratuito a Pexels.
Isabella Parutto
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 184, aprile 2021)