Una delicata poesia di Fabio Strinati, in cui traspare un immenso amore per la Natura
Fabio Strinati è un poeta libertario marchigiano (per un quadro biobibliografico dell’artista, clicca qui). La sua opera è caratterizzata all’impegno civile e ambientalista. Secondo Strinati «ogni animale e forma di vita sulla terra, sono meritevoli di cure e attenzioni. […] Gli esseri umani dovrebbero osservare ogni singolo movimento o suono prodotto dagli animali e dalle piante per poter apprendere un po’ di vita e sopravvivenza su questo pianeta che molto poco ci appartiene».
Pertanto è con enorme piacere che LucidaMente ospita una sua poesia, seguita da una traduzione in inglese dello stesso autore. I versi sono dedicati a Helen Moore, poetessa e scrittrice scozzese, esponente dell’Ecopoesia.
L’albero della neve
S’avverte piano,
il silenzio del mattino,
profondo e sovrano un letto bianco
disteso sulla terra delle vigne.
Ogni suono è nascosto,
oltre smisurato istinto; eterno il giglio
che riposa nell’idea d’esser vita sveglia,
lo scoiattolo sul ramo d’albero
a piccoli passi nel risveglio.
The snow tree
Feels soft,
the silence of the morning,
deep and sovereign a white bed
lying down on earth of the vineyards.
Every sound is hidden,
beyond unlimited instinct; the lily is eternal
resting in the idea to be perky,
the squirrel on the tree branch
in small steps in awakening.
Le immagini: a uso gratuito da pixabay.com.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 177, settembre 2020)
Commento ricevuto da Margherita Versari:
L’albero della neve
La poesia di Fabio Strinati è solo apparentemente poesia della natura (l’uomo è il grande assente), o meglio, lo è nella misura in cui la natura è anche il libro misterioso che racchiude l’arcano della vita.
La poesia – apprezzabile anche per il ritmo e per i richiami fonici interni – si muove sostanzialmente sulla figura della duplicità: profondità/superficie, sonno/risveglio, silenzio/suono, morte/rinascita e forse anche stasi dei sensi/richiamo sessuale (come sembra suggerire l’espressione “oltre smisurato istinto”). Due immagini ci sembrano in tal senso significative: il «profondo e sovrano» letto bianco (dove «sovrano» significa anche “che sta sopra”) rimanda al riposo, alla purezza, ma anche alla morte; morte che peraltro è apparente, dato che la coltre nevosa nasconde i suoni e l’istinto. Ma soprattutto è convincente l’immagine del giglio. Noto come emblema di castità, nella tradizione greca esso è la figura che potrebbe assumere il morto ed è non da ultimo simbolo di Cristo. La pluriallusività dell’immagine è d’altra parte ribadita dall’eternità del fiore che entra in un certo conflitto con l’idea «d’esser vita sveglia»: non solo perché la vita sveglia non necessariamente coincide con l’eternità, ma soprattutto perché il termine “idea” può riferirsi sia all’archetipo della realtà, ma anche a una costruzione mentale, contenendo dunque un indizio di illusione e illusorietà.
I versi di Strinati piacciono insomma per la loro capacità connotativa, per il valore supplementare e per il sovrappiù di senso che suggeriscono e sarebbe a nostro parere limitativo leggerli solo come poesia della natura. Che questo poi vada oltre le intenzioni dell’Autore, non è dato saperlo ma sappiamo che la poesia non è sempre il risultato di un percorso predefinito e del tutto consapevole.