Come un’occupazione di un’antica tenuta nobiliare ha ridato nuova vita alle colline fiorentine
Tra le colline del Chianti, poco distante da Firenze, una mulattiera sale per i crinali e conduce all’azienda agricola di Mondeggi, oggi parte del progetto Mondeggi Bene Comune – Fattoria senza padroni. Dal 2013 l’antica tenuta nobiliare di circa duecento ettari della famiglia Della Gherardesca è occupata dagli attivisti del comitato Terra bene comune che, insieme ad associazioni e collettivi – come genuino clandestino, rete nazionale che promuove la gestione comunitaria dei terreni agricoli –, curano la vasta area.
L’occupazione è finalizzata a combattere la privatizzazione dei poderi pubblici, spesso svenduti, e a creare una comunità resistente che si opponga alla mentalità competitiva capitalista della società moderna. La tenuta ospita tre edifici principali: Cuculia, la casa dei presidianti, Rusciano, quella dei custodi, e Cerreto, abbandonata. I primi sono gli attivisti del gruppo Terra bene comune, che vivono a Mondeggi. I custodi sono invece collaboratori del progetto, non residenti nella fattoria, che ricevono in custodia “particelleˮ di oliveto o vigneto da curare. Aderiscono ai progetti MoTA (Mondeggi Terreni Autogestiti) e MoVA (Mondeggi Vigna Autogestita). La maggior parte del terreno coltivato ospita vigne e uliveti (circa dodicimila piante), anche se non mancano piccoli orti. La comunità persegue il sostentamento economico dell’iniziativa, oltre che quello alimentare: ciò che non viene spartito dei prodotti (olio, vino, birra) viene venduto, con un occhio di riguardo all’accessibilità. Spiega G., a Mondeggi dal 2017: «I prezzi sono irrisori. Facciamo birra artigianale: non paghiamo le accise, ma la vendiamo a tre euro al litro. Stessa cosa per olio e vino: cerchiamo di tenere i prezzi più bassi possibile, a livello popolare. Questo perché tanti di noi vengono dagli spazi sociali, dai movimenti di lotta per la casa».
Gli ultimi proventi delle attività agricole, insieme ai soldi raccolti col crowdfunding, hanno finanziato l’acquisto di due trattori. La storia di Mondeggi inizia nel 1964, quando la Provincia di Firenze acquisisce la tenuta dall’industriale Emilio Riva. Nel 1967 viene accantonato il progetto di un ospedale psichiatrico e, nello stesso anno, l’intera proprietà passa all’azienda agricola Mondeggi&Lappeggi. Nel 2000 il consiglio provinciale delibera la sua trasformazione in srl, con la Provincia di Firenze in qualità di socio unico: le proposte avanzate da Rifondazione comunista (unica forza politica a opporsi) – organizzazione di corsi ad alta specializzazione, conservazione delle biodiversità peculiari, rientro nel patrimonio provinciale dei beni della società in caso di liquidazione – vengono respinte in blocco. Già in quegli anni si presagiva il cattivo stato di salute dell’azienda e nel 2009 viene iniziata la procedura di liquidazione. Con un bilancio in rosso stimato in oltre un milione di euro, poi ridotto entro la fine della stessa (settembre 2017) a poco più di centosessantamila euro, la Mondeggi&Lappeggi srl cessa le sue attività.
Eppure, pochi anni prima, l’attività veniva celebrata dalle istituzioni: nell’ottobre 2007 il Mensile dell’amministrazione comunale di Bagno a Ripoli (uno dei comuni su cui insiste la tenuta), riportava che l’ente locale aveva «sostenuto nei fatti e nelle parole la necessità di mantenere al patrimonio pubblico un’azienda così importante» con «un’azione di rilancio di quella che è una perla pubblica del nostro territorio». Si esprimeva soddisfazione perché «Mondeggi non è stata venduta per ciò che essa oggi propone e realizza: le sperimentazioni con il mondo accademico, il rilancio dell’attività agricola, il pareggio del bilancio, un frantoio che rappresenta una novità internazionale […], l’attenzione alla formazione dei lavoratori, dei giovani, della manodopera agricola». Insomma, Mondeggi veniva valutata come «un’azienda viva, con una gestione organicamente strutturata, con un piano triennale tecnicamente di grande valore, con un’importante rete di relazioni […], con una forte potenzialità di traino e stimolo anche per le altre aziende agricole di questa area». Solamente due anni passano fra i (presunti) fasti e la liquidazione. In una lettera ai sindaci del Chianti Filippo Legnaioli, presidente della Confederazione italiana agricoltori di Firenze e Prato, scrive: «Già a partire dal lontano 2007 […] l’azienda cominciò a essere percepita dall’istituzione proprietaria come un peso, le risorse economiche da investire erano terminate. […] In seguito a scelte adottate a suo tempo e a nostro giudizio discutibili, un patrimonio immenso e ricco di potenzialità veniva di fatto abbandonato a se stesso». Questo ha significato che «non sono più stati saldati molti dei debiti contratti con i professionisti, i rivenditori e gli artigiani […] in attesa che si realizzasse la vendita del bene o l’affidamento in gestione».
Tuttavia, lo stesso Legnaioli afferma che «essere agricoltore significa […] decidere di realizzare investimenti […] nel rispetto della legalità», contestando di fatto Mondeggi Bene Comune. L’essere al di fuori di ogni regola, comunque, è quanto di più distante dagli obiettivi del comitato: numerosi sono stati infatti i tentativi di apertura verso le istituzioni per pervenire a una realizzazione del progetto nel pieno rispetto delle leggi. «All’inizio – spiega ancora G. – sia il Comune che la Provincia sembravano interessati, ritenevano la nostra un’idea valevole: ci eravamo dati una forma assembleare orizzontale, una carta dei diritti e dei principi, una dichiarazione di uso civico. Per una tranquilla realizzazione del progetto sarebbe bastata la volontà politica dell’amministrazione. Invece, dopo un anno di discussione, il Comune, mentre sembrava voler raggiungere un accordo, improvvisamente organizzò un’asta pubblica [per i terreni di Mondeggi]».
Dopo essersi accollata i debiti della Mondeggi&Lappeggi srl, con uno stanziamento di 1.500.000 euro, la Provincia di Firenze ha organizzato numerose aste: nel 2014, nel 2015 e, ancora, nel 2016 e nel 2019. Negli anni, però, il prezzo è sensibilmente diminuito: una vera e propria svendita, motivata anche dalla pressoché totale assenza di privati interessati. Nel 2015 la base d’asta era di 9.240.000 euro per l’acquisto di terreni e coloniche. Quattro anni dopo, appena 9.537.000 euro sono sufficienti per ottenere l’intera proprietà, di estensione notevolmente superiore (170 solo gli ettari di terreno agricolo e boschivo). Le procedure sono state seguite dal liquidatore della società, il dottor Giano Giani, il quale tuttavia si dichiara «non disponibile» a rilasciare commenti sulla vicenda. «Hanno mai tentato di mandarvi via?». G. ride: «Non ci hanno mai provato. Il sindaco di Bagno a Ripoli fece richiesta alla polizia. Tuttavia, essa non ha mai avuto seguito, anche se potrebbero arrivare domattina. Dormiamo con le spranghe alla porta, in modo da mettere in piedi una piccola forma di resistenza nel caso vengano a sgomberare».
Eppure, racconta G., il presidio degli occupanti ha dato nuova vita alla tenuta: «C’è una circolare dei carabinieri [non siamo riusciti a reperirla, ndr], che fu redatta poco dopo l’inizio dell’occupazione. Misero nero su bianco che l’ordine pubblico a Mondeggi era molto migliorato, mentre prima era una vasta area abbandonata dove si verificavano fenomeni di microcriminalità. Ora Mondeggi è abitata da persone che se ne prendono cura, che vogliono che sia accessibile a tutti».
Le immagini: una custode cura la propria particella di vigna; uno striscione di protesta contro la vendita di Mondeggi; il vino prodotto da Mondeggi Bene Comune; oche e galline nel cortile della tenuta; due presidianti a Cuculia, la colonica principale (© Alessandro Gori, per sua gentile concessione).
Edoardo Anziano
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 175, luglio 2020)