È il 16 gennaio 1969: a Praga, in piazza San Venceslao, uno studente di vent’anni si dà fuoco per protestare contro la repressione della “Primavera” democratica. Poco più di cinquant’anni dopo, la maggior parte dei turisti ignora il suo gesto. Il reportage del nostro corrispondente dalla capitale ceca
«Non ho visto il monumento fino a quando non l’hai indicato», dice un turista, di passaggio vicino al luogo in cui Jan Palach ha sacrificato la sua vita per la libertà. La centralissima piazza San Venceslao è uno dei luoghi più visitati di Praga. Lunga oltre settecento metri, ospita negozi e ristoranti. Folle di turisti scattano foto e bevono birra nei numerosi bar. Al centro della piazza troneggia la gigantesca statua di Venceslao, il santo protettore della città.
Di fronte al Museo nazionale c’è una croce nera di bronzo, scolpita a terra. È stata realizzata da Barbora Veselá nel 1990, per commemorare l’autoimmolazione di Palach. Era un giovane studente di Filosofia presso l’Univerzita Karlova, quando nell’allora Cecoslovacchia il governo comunista aprì una nuova, più democratica stagione politica. Era la cosiddetta Primavera di Praga. In seguito all’invasione armata della Cecoslovacchia operata dai paesi del Patto di Varsavia, i leader comunisti più liberalizzatori furono destituiti e fu reintrodotta la censura. Dopo aver esplicitamente chiesto «l’abolizione della censura» nella sua lettera all’Unione degli scrittori cechi, Palach si cosparse di benzina in piazza San Venceslao e si diede fuoco. Era il 16 gennaio 1969. Morì tre giorni dopo, il 19 gennaio, e il popolo gli tributò onori riservati ai martiri. Come spiega il sito janpalach.cz, dedicato al suo ricordo, a «pochi mesi dalla morte di Palach, il suo ricordo era già cancellato dalla memoria della collettività».
Il regime comunista arrivò a rimuovere la tomba per evitare che divenisse «punto di ritrovo di individui antisocialisti e ostili». Solo dopo la caduta dell’Urss la sua figura fu riabilitata, e il primo presidente della Repubblica Vàclav Havel decise di far costruire un monumento nel luogo del sacrificio di Jan. Il monumento è ancora lì, a memoria dell’eroico martirio di un giovane studente. Ma il tempo è passato, e il ricordo del gesto di Palach si è lentamente dissolta. «Pensavo che fosse Gagarin» dice Raya, una donna musulmana, indicando la croce nera a terra, confondendo l’eroe civile ceco con il cosmonauta russo. «Non so davvero cosa possa essere quella croce – aggiunge Raùl, dal Messico – sono arrivato a Praga solo pochi giorni fa».
Molti turisti passeggiano vicino al monumento, in qualsiasi momento della giornata. Qualcuno sembra distratto, qualcuno si ferma per qualche secondo. Nessuno viene per vedere il monumento, nessuna guida porta qui i turisti. Eppure, a pochi metri dalla croce di bronzo c’è una delle arterie più trafficate di Praga: la Wilsonova. Per capire meglio perché nessuno sappia qualcosa della storia di Palach, proviamo a intervistare chi nel 1969 era già nato. Mark ha 79 anni. Viene dall’Inghilterra. Ai tempi della primavera di Praga aveva 19 anni, quasi la stessa età di Jan. Dice di ricordare l’invasione comunista della Cecoslovacchia, le foto dei carri armati che occupano Praga. Ma non ricorda nulla delle «torce umane» e dell’immolazione di Palach. «Ora, vedendo il monumento, mi sembra di ricordare qualcosa – esclama a un tratto – ma non sapevo che fosse qui». Alla fine, troviamo un uomo che conosce tutta la storia del giovane che si è dato fuoco. Viene da Chicago e ci racconta meravigliato che la guida turistica parla solo dell’occupazione nazista. Nessun riferimento all’invasione russa. «Penso che [Jan] dovrebbe avere un monumento migliore – continua – dovrebbe essere verticale, perché la gente cammina per la piazza ignorando l’importanza di una croce così piccola nascosta nel pavimento».
Ma, al contrario, la scelta di questa particolare forma architettonica di memoriale fu deliberata: «Rispetto alla gran parte dei monumenti commemorativi, [gli autori] scelsero la forma orizzontale – dal lastricato del marciapiede emergono due bassi tumuli circolari collegati da una croce. […] La posizione della croce indica la direzione in cui Jan Palach cadde a terra» riporta il Progetto multimediale della Charles University. Il memoriale del giovane martire è stato costruito per riflettere la personalità di una persona comune, che ha dato la sua vita per ciò in cui credeva. Come nota il filosofo ceco Václav Cílek, «quasi nessuno conosce questo monumento commemorativo. Molte persone passano senza nemmeno accorgersene». Poi, spiega il significato del memoriale: «È discreto, non è adatto alle celebrazioni della memoria. Non è eroico; è solo un promemoria privato». Umile. Proprio come Palach.
Le immagini: il monumento a Jan Palach in piazza San Venceslao (© Edoardo Anziano).
Edoardo Anziano (da Praga)
(LucidaMente, anno XV, n. 169, gennaio 2020)