Come affrontare i temi ambientali, andando oltre gli allarmismi e la disperazione e promuovendo azioni di contrasto
Quando si parla di cambiamento climatico, la prima sensazione di molte persone è quella di trovarsi di fronte a un problema troppo grande che ormai non è più possibile risolvere. Questo approccio è dovuto principalmente ad anni di comunicazioni difficili, poco coinvolgenti, rivolte prevalentemente al mondo scientifico e poco fruibili dai cittadini comuni. E, soprattutto, pessimiste. «Il pianeta sta morendo», «Sono in arrivo terribili catastrofi», «Non c’è più nulla da fare» sono state – e spesso sono ancora – le formule con cui l’argomento è affrontato sui media.
Negli ultimi anni, però, da quando il tema ha iniziato a dominare, per fortuna, le agende di tutti i notiziari del mondo, qualcosa sta gradualmente cambiando. Molti giornalisti che si occupano di ambiente si chiedono come approcciarsi al racconto, se da un punto di vista ottimistico e magari utopistico, oppure se seguire la narrazione mainstream, urgente e negativa. Come sempre, la soluzione migliore sta nel mezzo: se da un lato, infatti, la crisi ambientale deve essere affrontata in fretta, dall’altro non è detto che non ci sia la possibilità di trovare soluzioni. Ecco che termini come “resilienza” e “adattamento” iniziano a essere utilizzati: se il cambiamento climatico è un dato di fatto e non è più possibile tornare indietro, è necessario conoscere le trasformazioni in atto e trovare delle alternative, per vivere al meglio nelle nuove condizioni. È un messaggio inedito, che mantiene il senso di impellenza ma perde la visione negativa e passiva, a favore di una più ottimistica e attiva, che vuole coinvolgere e spingere all’azione.
L’idea che il cambiamento non si possa contrastare ma sia possibile trovare forme di adattamento è alla base di Adaptation.it, un progetto giornalistico internazionale che vuole dare spazio a storie ed esempi positivi di adeguamento alle trasformazioni derivanti dai mutamenti climatici, che siano di ispirazione per scienziati, politici, esperti, ma soprattutto per la gente comune. Attraverso il digitale, nella forma di webdoc, vuole raggiungere diversi e molteplici segmenti di pubblico e raccontare come in alcune parti del mondo intere comunità stiano reagendo e quali pratiche siano messe in atto. Il primo capitolo è dedicato ai Paesi Bassi, nazione con due terzi del territorio sotto il livello del mare; vi si spiega come gli olandesi si stiano organizzando per affrontare il problema dell’innalzamento delle acque. I prossimi capitoli saranno su Israele, Canada e Calabria (maggiori informazioni possono essere reperite sul sito www.adaptation.it).
A progetti come questo, se ne affiancano altri che cercano di raccontare i temi ambientali uscendo dalla prospettiva passivo-negativa, tentando di fare cultura (per tutti) sul tema e di spingere all’azione. Uno di questi è Osservatorio Water Grabbing, che da anni prova a far conoscere il problema dell’accaparramento dell’acqua (water grabbing in inglese): le risorse idriche, sempre più scarse, vengono deviate o prese sotto il controllo di attori potenti, privandone comunità o intere nazioni. Con reportage, infografiche, mappe cartografiche, foto e video, e da poco anche con un libro, divulgati attraverso molteplici canali digitali e non, l’Osservatorio cerca di avere un impatto concreto sull’opinione pubblica, sull’agenda politica, sul settore privato, per combattere il fenomeno e portare avanti una campagna di sensibilizzazione a favore dell’acqua pubblica e contro lo spreco delle risorse idriche.
Coinvolgimento e spinta all’azione, semplicità, utilizzo di linguaggi multimediali: questi sono gli elementi di una nuova narrazione sui temi ambientali e spiegano in parte il successo di figure come quella di Greta Thunberg (altri contribuiti dedicati al tema da LucidaMente si possono leggere qui). La giovane svedese, che ha mobilitato giovani di tutto il mondo e siede tra i “grandi” per parlare di clima, non dice nulla di nuovo, semplicemente parla a nome di tutti quegli scienziati che sollevano questi problemi da quarant’anni, ma lo fa in modo diretto e puntando sull’emotività («Mi avete rubato i sogni/il futuro»). Forse, per avere risultati concreti e una mobilitazione di massa, il cambiamento va affrontato iniziando dalla comunicazione.
Le immagini: una foto dal sito adaptation.it dedicata ai Paesi Bassi, una foto scattata in Etiopia dal fotogiornalista Fausto Podavini per Water Grabbing Observatory.
Elena Giuntoli
(LucidaMente, anno XIV, n. 166, ottobre 2019)
Sorry… I cambiamenti climatici non esistono… scientificamente e apoliticamente parlando. Esiste purtroppo l’inquinamento… questo è il tema da affrontare da parte di tutti gli abitanti del pianeta per sperare di avere un futuro migliore! Il resto è fuffa…
Roberto Bosi