Nel suo bestseller del 2015, lo scrittore francese immagina una Francia islamizzata pacificamente per consunzione della civiltà occidentale e dei suoi politici e intellettuali. Uno scenario possibile anche nel nostro Paese?
La storia è nota. Anche perché si è trattato di uno dei più grandi successi editoriali degli ultimi anni e perché ha costretto l’autore del libro a essere scortato per il rischio di attentati islamici alla sua persona. 2022. Alle elezioni presidenziali francesi giungono al ballottaggio la destra di Marine Le Pen, data ormai favorita visto il vantaggio ottenuto, e Mohammed Ben Abbas, candidato di un partito islamico.
I partiti tradizionali, di centrodestra e di centrosinistra, che da sempre avevano dominato le elezioni, sono giunti dietro. Ma, pur di non permettere la vittoria della Le Pen, i gruppi politici socialisti, ma anche quelli liberali e moderati, sanciscono un’alleanza con Ben Abbas e, nel turno decisivo delle presidenziali, seguiti dai propri elettori, lo fanno eleggere. Il nuovo primo cittadino di Francia riesce, in modo persuasivo, suadente, lento e strisciante, a far passare un nuovo modello di società, fondato su una sorta di sharia moderata. I provvedimenti socioeconomici, come l’espulsione delle donne dal mercato del lavoro, risolveranno i problemi della disoccupazione. Inoltre, grazie ai generosi finanziamenti di petroldollari alla cultura, si mette completamente a tacere l’intellighenzia transalpina, comprandola con lauti stipendi. Ne è un esempio François, opaco protagonista e voce narrante del libro, scettico docente universitario, che ha vivacchiato per tutta la sua carriera con una ricerca giovanile sul grande scrittore decadente Joris-Karl Huysmans.
Preso dai malesseri più o meno psicosomatici della mezza età, dalle smanie sessuali e incapace di autentiche relazioni durature con le donne, finirà lui stesso per accettare le nuove norme, penetrate pure negli atenei. Infine, si convertirà a… Questo, in breve (e lasciando – da parte nostra – qualche margine di scoperta al lettore), lo scenario immaginato dallo scrittore francese Michel Houellebecq in Sottomissione, pubblicato in Italia da Bompiani (pp. 256, € 12,00). Il giorno preciso della prima edizione francese è il 7 gennaio 2015, proprio lo stesso della strage presso il giornale satirico Charlie Hebdo (vedi Come l’Occidente ha perso la libertà d’espressione).
Il romanzo di Houellebecq pare essere più una feroce satira della debolezza e dell’inconsistenza morale della cultura occidentale dominante e dei suoi intellettuali “progressisti” che un attacco all’islam. Del resto, in Francia, paese, specie nelle grandi metropoli, ormai completamente multietnico e multiculturale, la preoccupazione per l’ondata migratoria, e per la conseguente islamizzazione, ha fatto nascere un filone ormai infinito sull’argomento. Si tratta spesso di scrittori conservatori come Éric Zemmour (vedi Dalla Francia all’Europa, come ci siamo ridotti così), ma anche “progressisti”, a rappresentare la coscienza critica della sinistra (vedi Francia e mondo musulmano secondo Michel Onfray), come lo stesso Houellebecq, da sempre fustigatore dei radical chic (in francese, gauche caviar, “sinistra al caviale”). Tornando al romanzo di cui stiamo parlando, Sottomissione non è un’opera d’arte; la scrittura appare spesso sciatta, cupa, e l’andamento narrativo è lento, scontato, banale.
Tuttavia, ha il merito di delineare ciò che nessuno vuole vedere: una civiltà al tramonto, una controcolonizzazione vincente: «Senza la cristianità, le nazioni europee non erano più che corpi senz’anima – zombie […], influenzato dal pensiero di Toynbee, dalla sua idea che le civiltà non muoiano assassinate ma che si suicidino. […] L’individualismo liberale era tanto destinato a trionfare finché si limitava a dissolvere quelle strutture intermedie che erano le patrie, le corporazioni e le caste, quanto, aggredendo quella struttura ultima che era la famiglia, e quindi la demografia, firmava il suo fallimento finale; a quel punto, logicamente, arrivava il momento dell’islam». Le sinistre, così prone al politically correct, coi suoi corollari di cattocomunismo, buonismo, nonché immigrazionismo e accoglientismo indiscriminati, e le destre sono in grado di resistere al trionfo dell’islam?: «L’islamosinistrismo […] era un tentativo disperato dei marxisti decomposti, putrefatti, in stato di morte clinica, di tirarsi fuori dalle pattumiere della storia aggrappandosi alle forze crescenti dell’islam».
E solo a causa di un preconcetto antislamico gli ex camerati tradizionalisti e identitari non volevano rendersi conto che «sulle cose essenziali erano in perfetto accordo con i musulmani. Sul rifiuto dell’ateismo e dell’umanesimo e sulla necessaria sottomissione della donna, sul ritorno al patriarcato: la loro battaglia, da tutti i punti di vista, era esattamente la stessa. Tale battaglia, necessaria per l’instaurazione di una nuova fase organica di civiltà, ormai non poteva più essere condotta in nome del cristianesimo». Completamente persa e sconfitta appare la Chiesa cattolica di matrice bergogliana: «A furia di moine, smancerie e vergognosi strofinamenti dei progressisti, la chiesa cattolica era diventata incapace di opporsi alla decadenza dei costumi. Di rifiutare decisamente ed energicamente il matrimonio omosessuale, il diritto all’aborto e il lavoro delle donne. Bisognava arrendersi all’evidenza. Giunta a un livello di decomposizione ripugnante, l’Europa occidentale non era più in grado di salvare se stessa […]. Il massiccio arrivo di popolazioni immigrate fedeli a una cultura tradizionale ancora modellata sulle gerarchie naturali, sulla sottomissione della donna e sul rispetto dovuto agli anziani, costituiva un’occasione storica per il riarmo morale e familiare dell’Europa».
Il cristianesimo appare quindi una religione al femminile, troppo tollerante e “buonista” fin dalle origini: «Il fondatore del cristianesimo si era trovato a proprio agio tra le donne, e questo si notava, scriveva. “Se l’islam disprezza il cristianesimo”, citava, […] “ha mille ragioni di farlo; l’islam ha degli uomini per presupposto…”, L’idea della divinità di Cristo, riprendeva Rediger, era l’errore fondamentale che portava ineluttabilmente all’umanesimo e ai “diritti dell’uomo”». Ciò che maggiormente fa paura dell’islam opprimente e oppressivo diviene il suo fascino: «“È la sottomissione”, disse piano Rediger. “L’idea sconvolgente e semplice […] che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. […] L’islam accetta il mondo, e lo accetta nella sua integrità […]. Per il buddismo il mondo è dukkha – inadeguatezza, sofferenza. Il cristianesimo stesso manifesta serie riserve – Satana non viene definito ‘principe di questo mondo’? Per l’islam, invece, la creazione divina è perfetta, è un capolavoro assoluto. Cos’è in fondo il Corano, se non un immenso poema mistico di lode? Di lode al Creatore e di sottomissione alle sue leggi”».
Infine, un interrogativo forse ozioso. Ciò che Houellebecq prefigura per la Francia potrebbe accadere in Italia? Forse sì. Supponiamo che tra qualche anno, a causa dell’andamento demografico, gli immigrati islamici, molti dei quali divenuti ormai cittadini italiani a tutti gli effetti, costituiscano il 20% dell’elettorato. E ipotizziamo che alle elezioni si profilerà, grazie al premio di maggioranza, una maggioranza assoluta in termini di seggi della Lega da sola… Ebbene, non sarebbe probabile una coalizione eterogenea tutti contro uno? E chi meglio potrebbe incarnare le istanze antisalviniane se non un (ex) immigrato musulmano?
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 162, giugno 2019)