La raccolta degli interventi del direttore nel secondo trimestre del quattordicesimo anno di pubblicazione di “LucidaMente”
Maggio-Giugno 2019 (nn. 161-162) – L’immigrazione si può bloccare, ma il calo demografico…
Un numero di “LucidaMente” tutto dedicato alla questione migratoria, da alcuni enfatizzata, da altri minimizzata. Eppure, i cittadini… Secondo il commentatore canadese-americano David Frum, «Se i progressisti non fanno rispettare le frontiere, ci penseranno i fascisti»
Stavolta nel nostro editoriale non saremo brevi. Anzi… L’immigrazione non sarà un problema, o il problema più grande, ma è su questo tema che si stanno vincendo o perdendo le elezioni, come dimostrano i risultati delle elezioni europee svoltesi lo scorso 26 maggio e, successivamente, quelli delle elezioni politiche tenutesi in Danimarca il 5 giugno.
Lega in Italia, Rassemblement national in Francia, Fidesz in Ungheria, ecc., vincono le elezioni europee nei propri paesi cavalcando il tema della resistenza all’immigrazione incontrollata. Clamorosi, poi, alle contemporanee tornate elettorali comunali nella nostra nazione, sono i flop di due “santini” del mondo ciecamente/ideologicamente immigrazionista. A Riace quello dell’ormai ex sindaco Mimmo Lucano, elevato da “progressisti”, “radical chic”, “accoglientisti a tutti i costi”, nonostante gli avvisi di garanzia a suo carico, a icona di un fantasmagorico “modello di accoglienza che tutto il mondo ci invidia”. E mentre Lucano non viene neppure eletto consigliere comunale, a Lampedusa la lista Pd dell’altrettanto celebrata (tra l’altro Premio Houphouet-Boigny per la ricerca della pace dell’Unesco) ex sindaca Giuseppina Maria Nicolini non raccoglie neppure un seggio. Una disfatta per i “cattocomunisti” e, in particolare, per la nuova Chiesa cattolica di papa Bergoglio, scesa nettamente in campo a favore di Pd, Unione europea (ma vedi Bettino Craxi e le sue perplessità e profezie sull’Unione europea), galassia accoglientista.
Intendiamoci. Il Vaticano ha sempre fatto propaganda politica e si è sempre schierato da qualche parte, sia in occasione di elezioni sia su varie questioni, soprattutto se riguardavano il “giardino di casa”, ovvero l’Italia. Tuttavia Francesco I è il primo papa che assume una netta posizione contro un movimento politico. Quale? Il terribile populismo! E, allora, fascismo, nazismo, comunismo, dittatori di ogni sorta… Fino a ieri nessun pontefice li aveva condannati nominandoli apertamente e in modo diretto. Non per ipocrisia, ma perché la Chiesa cattolica, in quanto voce spirituale e trascendente, deve tenersi fuori dal contingente dibattito politico. Per accusarli si usavano perciò prudenti giri di parole quali “ideologie disumane”, “violenze ingiustificabili”, ecc.
Ebbene, papa Bergoglio ha interrotto questa millenaria tradizione, nominando senza giri di parole ma esplicitamente il populismo e il sovranismo e accusandoli di ogni nefandezza. Eppure ci sembra che i populisti fino a oggi non abbiano fatto male a una mosca… Non una manifestazione violenta, non un’aggressione… Il male, pertanto, non è il neoliberismo capitalista finanziario e digitale che sfrutta miliardi di esseri umani e rovina le famiglie, non il terrorismo islamico, non la transizione verso una società disumana o postumana, non l’iperliberismo condito da un equivoco umanitarismo, non la distruzione di culture e tradizioni nazionali, non l’immigrazione che, in ultima analisi, condurrà all’estinzione degli europei, ma… chi combatte tali disastri. Pare quasi che all’attuale Chiesa cattolica dia più fastidio un certo tipo di credente, col rosario, che la fiumana di islamici poco “progressisti” verso gay, donne, idea di tolleranza, o gli atei politicamente corretti, d’altra parte ormai fedeli al verbo bergogliano. Intanto quasi tace sulla mattanza di cristiani in Africa e Asia…
Ma sembra che oggi più che mai gli italiani non ascoltino la Chiesa cattolica. E torniamo a risultati elettorali e immigrazione. Pochi giorni dopo le elezioni europee, persino i socialdemocratici in Danimarca, avendo sposato una linea dura sull’immigrazione, hanno prevalso nelle proprie elezioni nazionali. La “stranezza” non è sfuggita a Federico Rampini, che, nell’articolo La lezione della Danimarca, apparso su la Repubblica del 7 giugno 2019, ha fornito la propria spiegazione: «La leadership socialdemocratica ha adottato una linea dura sull’immigrazione. Ha vinto con un classico programma di sinistra “sociale”: più spesa pubblica, più tasse sui ricchi. E controlli rigidi sugli stranieri; per salvaguardare un welfare state tra i più generosi del mondo».
Il giornalista ha poi continuato: «Sull’immigrazione si è aperto un dibattito mondiale nelle sinistre. […] Un segnale della riflessione autocritica sugli errori del passato è su una delle riviste più autorevoli della sinistra americana, The Atlantic. David Frum vi ha pubblicato un saggio sulle politiche migratorie con questo titolo-shock: Se i progressisti non fanno rispettare le frontiere, ci penseranno i fascisti. Nel lungo articolo vi tornava più volte: se la sinistra si ostina a dire che governare l’immigrazione è una cosa da fascisti, spinge verso l’estrema destra tanti cittadini che vogliono il rispetto delle leggi». Non è vero – e non sarebbe possibile – che all’improvviso gli elettori democratici e socialisti siano divenuti all’improvviso razzisti di estrema destra. Semplicemente, con l’arrivo di milioni di disperati disposti a tutto, vedono messe a serio repentaglio le conquiste sociali, civili, di libertà, oltre ad avvertire una sensazione di insicurezza diffusa, anche sul piano della delinquenza. Del resto, basta osservare come sta rapidamente cambiando il paesaggio urbano e antropico delle nostre città per capire che i cittadini autoctoni non possono fingere che tutto sia come prima…
E soprattutto, prosegue Rampini: «L’America ebbe la sua stagione più equa e solidale nell’epoca da Franklin Roosevelt a John Kennedy: allora fu costruito il welfare, si rafforzarono i diritti dei lavoratori, la tassazione divenne fortemente redistributiva. Fu anche un periodo di restrizione dei flussi migratori. Dopo le frontiere si aprirono, e iniziò lo smantellamento di tante conquiste sociali». Insomma, la questione centrale è l’arrivo di milioni di individui disposti a lavorare con un salario da fame e che, intanto, sfruttano il welfare (sanità, casa, scuola, sostegno alla famiglia e all’infanzia, ecc.) pagato non solo con le decennali (per non dire secolari) lotte dei lavoratori occidentali, ma, più nel concreto, dai soldi degli “indigeni”. Rampini fa l’esempio del senatore democratico statunitense schierato più “a sinistra” nel panorama politico statunitense: «Bernie Sanders che non esita a proclamarsi socialista, ha sempre voluto norme rigorose sull’immigrazione. Consapevole di una legge ferrea del mercato del lavoro: l’afflusso di manodopera povera fa bene ai profitti delle imprese, riduce il potere contrattuale dei lavoratori».
Sulla stessa lunghezza d’onda si era già collocata un giorno prima un’altra voce critica di sinistra. Quella di Carlo Freccero, che, in un articolo pubblicato su il manifesto del 6 giugno (La sinistra ridotta a pensiero unico delle élites), ha affermato: «La sinistra è oggi in crisi e si chiede come potrebbe parlare ai nuovi populismi per ricondurli nei binari di una democrazia elitaria che assomiglia più ad un’oligarchia che ad una democrazia in senso proprio. Viceversa, anche quando dice di voler ascoltare il malessere di cui i populismi sono espressione, la sinistra si trincera nei luoghi comuni del politicamente corretto. […] Prima il populismo di destra non c’era perché molte delle istanze del populismo di oggi erano a sinistra. E la crescita dei diritti del popolo non era considerata reazionaria, ma progressista.[…] Nessuno pensava allora che nel popolo ci fosse qualcosa di sbagliato che le élites dovevano “raddrizzare” per il bene del popolo stesso».
Invece oggi sinistra significa «essere politicamente corretti. Accettare il pensiero unico in maniera acritica e credere, presuntuosamente che, in quanto detentrici del pensiero unico, le élites devono guidare un popolo ignorante e rozzo, irritante per la sua mancanza di educazione» (vedi anche il nostro La Storia non distorta dal “politicamente corretto”). Insomma, l’attuale sinistra non è più sinistra perché se ne frega dei poveracci, ma, incastrata in un pensiero unico totalitario, pensa solo mediante particolari categorie politically correct. L’immigrazione non è un “fenomeno biblico inarrestabile”, come ci han detto dogmaticamente per anni e anni. E, soprattutto, non arreca alcun beneficio sul piano dei diritti sociali e del welfare ai paesi ospitanti. Semmai arricchisce il cosiddetto “terzo settore”, associazioni e cooperative: uno scandaloso business celato dalla parola magica volontariato. Per non parlare delle ultrasovvenzionate ong che vanno a imbarcare proprio sotto le coste libiche migliaia di disgraziati per poi trasportarli in Italia (taxisti del mare) sulla base di ideologie globaliste Open Society tra neocapitalismo e cattocomunismo, ma di fatto rendendosi complici dei mercanti di carne umana. Naufragi che non sono veri e propri naufragi, ma provocati ad arte per costringere al salvataggio e al trasporto in Italia: il tutto non fa che arricchire mafie e sfruttatori di esseri umani dalla partenza dei migranti al loro viaggio, fino all’arrivo e persino dopo, durante la permanenza nei paesi europei.
Tuttavia, la questione più grave è un’altra ancora. È stato calcolato che, anche se italiani ed europei ricominciassero a far figli secondo il normale indice demografico di sostituzione (2,1 figli a coppia), tra vent’anni, quando questi sarebbero in età lavorativa, non basterebbero a coprire la forza lavoro necessaria. E, allora, come fare a meno di immigrati? Certo, la “misteriosa” crisi demografica di Europa e Italia ha tante motivazioni, pure culturali e di costume. Nondimeno, gli europei, e gli italiani in particolare, non fanno più figli anche per problemi economici e perché non hanno aiuti dallo stato (casa, scuola, sanità, assistenza), che li offre prevalentemente agli stranieri, i quali fanno TANTI più figli (ma, se emigrano per disperazione, come mai loro non hanno problemi economici nel procreare a iosa?… pardon, “è la loro cultura”); al contempo, lo stato non aiuta i propri cittadini perché non fanno più figli (e perché, per loro, soprattutto per loro, non ha risorse). Ci sembra che il cerchio sia perfetto: un gatto che si morde la coda. Effetto finale: estinzione degli europei. Ma, no, dai, è solo dietrologia. Anzi, paranoia.
E riteniamo che non sia verosimile che europei e italiani, uomini e donne, siano improvvisamente diventati tutti impotenti, frigide, sterili, gay, senza amore per la maternità-paternità. La famiglia è stata non solo lasciata sola, ma persino dileggiata come un pezzo di antiquariato sociale. Come ha scritto Marcello Veneziani (La famiglia è diventata un bene-rifugio insostituibile), su Panorama del 27 marzo scorso, «la famiglia non è solo una convenzione cristiano-borghese ma appartiene a ogni civiltà finora conosciuta e al diritto naturale. […] Perfino il rivoluzionario Sorel e il socialista Proudhon difendevano la famiglia (criticando il femminismo). Alain de Benoist nota nel suo Famiglia e società (ed. Controcorrente, 2013) che la famiglia è addirittura più antica dell’uomo». Certo, basta osservare molte specie animali. Ma, intanto, si parla di famiglia tradizionale e non di famiglia naturale, dando così a tale istituzione una patina negativa.
Dal Sessantotto in avanti, continua Veneziani, «qualcosa si sfasciò e si capovolse l’ideologia dominante; la figura paterna fu abbattuta, la famiglia fu mortificata, la fertilità diventò un male, la natura, come i legami, furono visti come prigioni da cui liberarsi, l’utero in affitto e la fecondazione artificiale sono pratiche consentite, soprattutto per agevolare le coppie omosessuali, il sesso perse i suoi confini, il delitto passò dall’aborto a chi lo impedisce […]. Così la famiglia diventa una struttura arcaica, primitiva e chi la difende è sfigato o medievale (Di Maio dixit). Eppure la famiglia è il luogo primario della cura che accompagna le fasi e i momenti decisivi della vita: la nascita, la morte, il lutto, i ricordi, i segreti, l’infanzia. L’ambito in cui siamo più noi stessi, il luogo dell’autenticità, la prima scuola di vita, la prima società. La famiglia è premura, amore gratuito e incondizionato verso qualcuno non per quel che ha o che fa, ma solo perché è, semplicemente è: tuo figlio, tua madre… Famiglia è natura, realtà, destino, affetti assoluti. È la nostra immortalità terrena, la nostra tradizione vivente…».
Il fenomeno migratorio appare come l’ultimo tassello della decostruzione e della definitiva devastazione della tradizionale società europea. Anche per questo abbiamo dedicato un intero numero di LucidaMente, quello di giugno, al tema delle migrazioni, ospitando al riguardo, com’è nostra abitudine, differenti contributi, commenti e punti di vista. Molti nostri redattori e collaboratori hanno assunto una posizione aperta nei riguardi del fenomeno, visto secondo un’ottica positiva: come Elena Giuntoli (Migrazioni, tra percezione e realtà; “Educare alle differenze”, istruzioni per l’uso) o Edoardo Anziano (col suo bel reportage dalla parrocchia di Santa Maria Maggiore sulla “scandalosa” accoglienza di migranti da parte di don Biancalani: Il Cas di Vicofaro e la sua umanità dimenticata). Pongono questioni e dubbi Nicola Lamri (Gli intellettuali del Continente nero e il problema delle migrazioni: una soluzione è possibile?) e Federico Tanaglia con la sua indagine Adolescenti immigrati? Non sono diversi da quelli italiani (purtroppo), nonché il nostro Houellebecq e le sue profezie nel romanzo Sottomissione: potrebbero valere anche per l’Italia?. Come si vede, tutti articoli che pongono domande più che fornire perentorie e arroganti risposte.
Lancinante è l’accorata denuncia di Alessia Ruggieri sulle condizioni dei “lager” africani in cui sono “ospitati” i migranti: La Libia è davvero un porto sicuro? Focus su un’ipocrisia bipartisan di cui si parla poco. Come si sa, anche gli italiani emigrano. Arianna Mazzanti raccoglie dalla viva voce di Gioia un’esperienza perseguìta e positiva (Le esperienze lavorative all’estero di una giovane bolognese). Siamo stati prolissi: ce ne rendiamo conto e chiediamo scusa ai lettori… Tuttavia, non possiamo fare a meno di citare altri interessanti contributi comparsi su LucidaMente. Come le interviste di Dora Anna Rocca e di Marco Cappadonia Mastrolorenzi. La prima ha raccolto sulla ’Ndrangheta, la testimonianza di Giovanni Tizian, noto giornalista de L’Espresso, il cui padre, onesto bancario, venne ucciso nel 1989 a Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, dalla mafia locale. Il secondo ha intervistato un celebre matematico, che ci ha parlato del suo recente libro Dalla Terra alle lune (Rizzoli), nel quale accompagna il lettore in un’esplorazione planetaria (Con Odifreddi, alla scoperta del Sistema solare).
Un’altra intervista è stata quella fatta dalla attivissima Giuntoli alla scrittrice Nunzia Manicardi (Controcultura e stampa alternativa: i ragazzi del 1969-1976) sul suo libro L’irrazionalità della società capitalistica e i giovani profeti (Edizioni Il Fiorino), mentre Laura Capone ha esordito sulla nostra rivista parlandoci di Audiolibri: leggere di più ascoltando. Infine segnaliamo gli articoli di Chiara Ferrari, sempre più specializzata nell’escursionismo collinare e montano, specie dell’Appennino bolognese: “Va’ Sentiero”, il progetto che (ri)scopre l’alta via più lunga del mondo e La Scola, dove il tempo si è fermato (tra le meraviglie dell’appennino bolognese sorge un piccolo borgo, ricco di particolarità e vegliato da secoli da un cipresso centenario).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 162, giugno 2019)
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Marzo-Aprile 2019 (nn. 159-160) – Tre-quattro domande sui cambiamenti climatici
Alcuni dubbi su una (probabile) catastrofe planetaria, ai quali nessuno sa (o vuole) rispondere
Nell’Italia settentrionale non si ricorda un inverno così mite come quello appena concluso. Certo, da sempre, in base alle loro percezioni soggettive, gli esseri umani si lamentano che “il clima sta cambiando”. Il famoso luogo comune “non ci sono più le mezze stagioni” è un ritornello che si ripete da secoli. Pertanto, per valutare se sulla Terra siano in atto o meno cambiamenti climatici, occorrono dati oggettivi.
Per fortuna, il nostro pianetino, insieme a tutto il sistema solare, è collocato ai margini della Galassia. Altrimenti, è probabile che buchi neri, stelle a neutroni, supernove, raggi cosmici, non ci avrebbero dato scampo. Nonostante questa “fortuna”, durante i circa 4,5 miliardi di anni in cui esiste la Terra (in termini cosmici poco dopo il Sole, mentre l’Universo è nato 13,7 miliardi di anni fa), la vita è apparsa e si è estinta più volte, per il troppo freddo, per il troppo caldo, per apocalittici impatti cosmici, ecc. Ma, pur lasciando da parte eventi che, anche in termini temporali, trascendono l’immaginazione umana, nei circa 40.000 anni di storia dell’umanità, la geologia e la conformazione geografica terrestri, nonché il clima, sono cambiati molteplici volte, e in modo drastico. Nel Medioevo Pisa era una delle repubbliche marinare; oggi, però, è distante dal mare. Uguale sorte è toccata a Ravenna.
Sembra che il popolamento antropico delle Americhe sia avvenuto all’incirca 10.000 anni fa grazie all’emigrazione di esseri umani che dall’Asia si sono mossi verso est. Come? A piedi, attraverso lo stretto di Bering, all’epoca ghiacciato. Pare che sia stata provocata dalle rigide temperature anche l’invasione-migrazione dei popoli barbarici verso oriente e, quindi, verso l’Impero romano, con conseguente suo crollo. Pure tra il 1350 e il 1850 si è avuta una “piccola era glaciale”. Nei canali veneziani si pattinava e sul Tamigi ghiacciato si tenevano fiere e si cuocevano caldarroste. Da allora i dati dimostrano che le temperature medie sono in progressivo aumento, con un picco negli ultimi decenni. Non è detto che a tale riscaldamento globale corrisponda necessariamente un clima più torrido o l’assenza di catastrofi dovute al freddo. Il film The day after tomorrow (Roland Emmerich, 2004) ipotizza il contrario: lo scioglimento dei ghiacciai artici blocca la calda Corrente del Golfo provocando una nuova era glaciale; tuttavia, gli scienziati non concordano su tale scenario futuro.
Insomma, le domande sul clima che poniamo durante i dibattiti sono tre-quattro, ma nessuno dei “catastrofisti climatici” ha mai saputo (o voluto) rispondere. Ecco i quesiti. 1) È sicuro che l’innalzamento delle temperature terrestri sia dovuto alle attività umane? 2) Se sì, siamo davvero in grado di intervenire su un fenomeno così enorme? 3) Se sì, come poterlo fare se tra pochi decenni la popolazione sulla Terra raggiungerà i 20 miliardi? 4) Corollario: le popolazioni dei paesi non industrializzati o in via di industrializzazione stanno dimostrando nel loro sviluppo più coscienza ecologica degli occidentali o stanno seguendo lo stesso folle modello di inquinamento, consumismo, sprechi, devastazione sociale e umana? Qualcuno risponda. Intanto, LucidaMente si è occupata della questione e, in particolare, delle manifestazioni svoltesi in tutto il mondo venerdì 15 marzo per incitare la politica a fare qualcosa per contrastare il cambiamento climatico.
Infatti, giovani e meno giovani si sono mobilitati in tutto il mondo per difendere la Terra, come ha scritto Elena Giuntoli in Fridays for future, il destino del pianeta è in mano nostra); mentre Orazio Francesco Lella ha voluto approfondire l’immagine mediatica della sedicenne svedese, paladina del movimento. Che tipo di dibattito si è sviluppato attorno alla sua figura? E che ruolo può ricoprire nell’immaginario collettivo (Greta Thunberg, quando una “teen idol” viene candidata al Nobel per la Pace)? E, sempre a proposito di giovani e mezzi di comunicazione, Alessia Ruggieri ha trattato il tema Droga nei mass media: meglio prevenire che censurare. Lo spettro delle dipendenze appare in tv, accendendo le polemiche e mettendo in crisi la Rai; ma esporle alla gogna e trattarle come un tabù potrebbe sortire l’effetto contrario. Mentre Arianna Mazzanti ha constatato che C’è sempre pubblico per le serie tv “adolescenziali”, ovvero, tra interesse e ipnosi davanti al piccolo schermo: che cosa potrebbe celarsi dietro il successo inesauribile dei telefilm rivolti ai teenager?
Parlando di violenza sessuale, ci si muove in un territorio dai confini spesso labili. Oltre a stabilire i parametri che indicano una violenza, è necessario comprendere quando la risposta affermativa a un rapporto sia esente da coercizioni. È il tema affrontato ancora dalla Ruggieri in Tra stupro e consenso consapevole: quella maledetta “zona grigia”. Cambiamo argomento. Anche prendendo spunto dalla lettera ai fedeli di un parroco di un rione alla prima periferia di Bologna sulla “rotazione” annuale delle visite (“Benedizioni pasquali? Cari fedeli, non possiamo più farle come prima…”), ci siamo personalmente chiesti se Il Vaticano ha dato ormai per persa l’Europa? Altra questione, stimolata dagli ultimi attentati in Nuova Zelanda e in Italia e il “caso Battisti”: se e quanto gli scritti, le dichiarazioni politiche e i mass media provochino o alimentino la violenza (Terrorismo e odio: colpa dei “cattivi maestri”?).
Il mondo sportivo, e non solo, si è commosso per un caso straordinario di umanità. Ne ha parlato Emanuela Susmel in Manuel Bortuzzo, medaglia d’oro di vita. La stessa collaboratrice ci ha condotti in una visita guidata a Maranello, fra esemplari unici del Cavallino Rampante che hanno fatto la storia della Formula 1 e non solo (Museo Ferrari, orgoglio tutto italiano). Infine, restando a zonzo per il territorio emiliano, Chiara Ferrari ci ha raccontato accuratamente la storia di un uomo e del suo sogno, a pochi passi da Bologna (Rocchetta Mattei, un castello da fiaba sull’Appennino emiliano).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIV, n. 160, aprile 2019)