Anche gli scienziati cadono nella tentazione per molti irrefrenabile di provare a sbancare il casinò. È successo molte volte nel corso della storia, grazie all’implementazione di metodi volti proprio a sfruttare la meccanica del celebre gioco
La roulette è un gioco relativamente prevedibile, se alla base vi è conoscenza sufficiente delle circostanze iniziali e delle forze coinvolte. Certo, anche una variazione quasi impercettibile nelle condizioni della pallina può alterare il risultato e cambiare il destino di una giocata. Questo non ha però scoraggiato Albert Hibbs e Roy Walford, studenti di Matematica all’Università di Chicago, che alla fine degli anni Quaranta dello scorso secolo decisero di prendersi una pausa dagli studi per tentare la “fortuna” nell’unico luogo in cui il gioco d’azzardo era legale all’epoca: il Nevada.
Si diressero dunque a Reno e Las Vegas per studiare il funzionamento della roulette ed eventualmente sfruttare le sue debolezze. Favoriti da ruote non ancora all’altezza di quelle moderne e che quindi presentavano dei difetti, i due studenti svilupparono dei modelli predittivi che valsero loro migliaia di dollari di vincita. Anche dopo avere completato gli studi, i due continuarono a fornire insight illuminanti sui metodi per battere i casinò, apparendo in pianta stabile su riviste e programmi televisivi. Alla luce di quanto successo con Hibbs e Walford, i casinò aggiornarono i loro macchinari, rimpiazzando le vecchie ruote con dei nuovi modelli in grado di girare molto più fluidamente. Ma si sa, l’evoluzione è un processo senza sosta e nuovi metodi scientifici per far fronte a queste novità non tardarono ad arrivare. Fu il caso di Edward Thorp, studente di fisica della Ucla, che nel 1955 sentì la necessità di sviluppare una nuova strategia per battere la roulette.
Alla base vi era il supporto di un piccolo computer, indossato da un “partner in crime” in grado di osservare il giro della ruota e il lancio della pallina, per poi calcolare la traiettoria e fare predizioni in tempi ristrettissimi. La svolta nel metodo Thorp avviene però qualche anno più tardi, quando il fisico fa la conoscenza di Claude Shannon, ingegnere e matematico statunitense che si interessa al lavoro di Thorp e decide di aiutarlo nella costruzione di modelli di roulette e piccoli computer in grado di tracciarli.
Nasce così il primo computer indossabile, dalla taglia di un pacchetto di sigarette e che veniva posizionato in una scarpa speciale, dove poteva essere attivato e disattivato con le dita del piede. Il metodo si rivelò un successo e i due lo utilizzarono per anni in vari casinò di Las Vegas fino al 1966, quando Thorp decise di pubblicarlo e renderlo noto al mondo intero. La generazione successiva di “maestri scientifici della roulette” giunge negli anni Settanta, quando lo statistico Norman Packard e l’astrofisico Doyne Farmer decidono di guidare un gruppo di studenti della UC Santa Cruz e fondano il cosiddetto “Progetto Rosetta Stone”. Partendo dal modello di Thorp, apportarono delle modifiche sostanziali al computerino, adesso in grado di funzionare con meno collegamenti e di inviare input più rapidamente del suo predecessore. Usando il sistema in maniera discreta generarono un profitto del 44% circa su ogni dollaro scommesso e divisero equamente tutte le vincite tra i membri del gruppo.
La reazione naturale dei casinò fu ancora una volta quella di aggiornare la loro attrezzatura, uno sforzo reso vano dal “MIT Blackjack Team”, che durante gli anni Novanta implementarono un nuovo, efficiente metodo spiegato in maniera dettagliata sul libro Bringing Down The House. Da Hobbs e Walford, passando da Thorp e Shannon fino ad arrivare a Farmer e Packard, l’interesse della scienza nei confronti del gioco è cresciuto sempre di più nel corso degli anni, portando risultati straordinari. Un incentivo in più per chi ancora dubita se intraprendere una carriera scientifica o meno!
Carmela Carnevale
(LucidaMente, anno XIII, n. 150, giugno 2018)