Il terzo album solista di Daniele Carretti, “Tregua” (autoprodotto), alterna canzoni cantautorali a cristallini brani completamente strumentali
Un disco di canzoni in italiano, che si apre e si chiude circolarmente, con due splendide composizioni strumentali complementari: Svegliarsi e Dormire. E ve n’è una terza, Onde, che ci porta davanti agli occhi un orizzonte sconfinato di acque marine.
Sono tre delle otto tracce che compongono l’autoprodotto Tregua, uscito lo scorso febbraio, terzo album di Felpa, progetto solista di Daniele Carretti (Magpie, Offlaga Disco Pax), a completare un’ideale trilogia, dopo Abbandono (2014) e Paura (2015). Come spiega lo stesso autore, Abbandono era «un disco dedicato a quel caos emotivo che ci prende quando perdiamo qualcuno, affrontato però senza le derive del vittimismo o dell’autocommiserazione», mentre Paura raccontava «lo sgomento che ci assale quando realizziamo di essere rimasti effettivamente soli». Tregua è, invece, «il momento della calma, dell’equilibrio, del ritrovato respiro. Nel raccontare a noi stessi il passato, nel guardare verso orizzonti nuovi, si accende uno spettro di colori, di certo meno cupi, ma non per questo meno veri o meno intensi».
Frammenti di emozioni, gli incontri casuali, i rapporti difficili, i silenzi, saper osservare, amare, abbandonarsi, dirsi addio. Le classiche tematiche cantautorali, affrontate e sviluppate musicalmente attraverso parole e suoni puliti, cristallini, limpidi arpeggi (si ascolti la solare e spaziata Distante). Si vengono a creare atmosfere illimitate e trasognate, del resto già evocate da titoli suggestivi come Illumina o Polare. Un pacato viaggio in malinconie dalle quali scaturiscono fruscii di emozioni, fioche voci, musiche sofficemente ricamate, sibilline blandizie. E lacrime. Trattenute.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 148, aprile 2018)