Anche in novembre sono usciti alcuni dischi contraddistinti dall’uso della nostra madrelingua. Ecco quelli di Lebowski e Paolo Tocco
Nello scorso numero (ottobre 2017) di LucidaMente, recensendo le uscite discografiche di Giovanni Succi, Malmö, Luciano Panama e Giacomo Toni, avevamo parlato di Musica indipendente: il ritorno dei testi in italiano. Anche in novembre abbiamo avuto la possibilità di ascoltare sulla scena indipendente un paio di novità nelle quali si canta nella nostra madrelingua. Ecco Lebowski e Paolo Tocco.
Son passati due anni dal loro precedente lavoro (Disadottati). Ora è la volta delle dieci tracce di Cura violenta (produzione Area51 Records), quarto album del quintetto marchigiano Lebowski. Ossia: Nicola Amici (sax, chitarra, basso); Riccardo Franconi (chitarra, basso); Riccardo Latini (batteria, percussioni); Marco Mancini (basso); Simone Re (voci, synth). Il disco si apre con un affascinante pezzo jazz-rock solo strumentale che dà il titolo all’intero lavoro: suoni e ritmi fluiscono rapidi e magnetici travolgendo l’ascoltatore. Ma anche gli altri brani “parlati” sono impregnati di musiche trascinanti e tutt’altro che banali. In esse è sempre presente una certa originalità e largo spazio viene offerto agli strumenti, che possono librarsi negli arditi virtuosismi dei talentuosi musicisti.
Una spiritualità ribelle, individualista e anarcoide contrassegna Cura violenta. Il secondo brano del disco, Animali, è un inno alla libertà selvaggia: è l’uomo a essere in gabbia; il finale col suo crescendo vuol essere caoticamente libertario. Lo stesso grido di rabbia feroce che troviamo ne L’antagonista e nel suo sax ipnotico, o in Universi paralleli (il bigottismo e il conformismo che discriminano la diversità), o in Mi sento uh. Giorno zero è una mimesi della quotidiana lotta quotidiana contro il tempo che non c’è. Little B si differenza per il suo ritmo lento e trasognato e il lirismo del testo. L’ultimo componimento, Journal Noir, voce femminile in francese, riecheggia La voix humaine (1930), celebre opera teatrale di Jean Cocteau.
È al suo terzo disco il cantautore abruzzese Paolo Tocco. Dopo Il mio modo di ballare, a metà novembre è uscito Ho bisogno d’aria (Irma Records). Undici composizioni davvero cantautorali, nelle quali le parole rivestono un’importanza fondamentale, tanto che il cd contiene il libretto con tutti i testi. Dunque, musiche lente e soffuse, ma, soprattutto, lirismo, metafore, analogie e immagini poetiche: «hai fatto caso che sotto le macerie / non arriva mai la luce» (Bella Italia); «c’è un soldatino nero nelle tasche / che ride e non sa niente» (Traditional Love Song); «ci vedranno danzare / sulla schiena del mare» (Tom Waiz); «tracciare una rotta / nel cuore delle onde» (Non vi riconosco); «sono mie leggende / le bolle di sapone» (Bolle di sapone).
Ma non pensate a un autore ripiegato su se stesso. Al contrario, molte composizioni di Tocco parlano, con sensibilità, di corruzione politica (Bella Italia), sbarchi di migranti (Arrivando alla riva), prostituzione (Mary), miserie della provincia italiana (La città della camomilla), ecc. Ma senza urla o musica frastornante. Infine, ricordiamo che anche un romanzo di Tocco, in uscita per Lupi Editore, si intitolerà Ho bisogno di aria. Perché la necessità di essere liberi, di spaziare in ambito intellettuale e spirituale, non soffocati dalla mentalità repressiva e provinciale, ha la stessa impellenza di quella di respirare aria pura.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 144, dicembre 2017)
Recensioni discografiche del direttore Tripodi: Musica indipendente: il ritorno dei testi in italiano. 2 Musica indipendente: il ritorno dei testi in italiano Godblesscomputers, tanti “Solchi” avvolgenti Claudio Lolli e la ricomparsa delle sue ombre Pier Bernardi, 40 minuti di sano e solido rock strumentale Giuliano Vozella incontra la vita Giovanni Dal Monte lo rifà ancora Quattro segnali musicali da Angela Kinczly Il viaggio cosmico di Nevica su Quattropuntozero Il limpido jazz di Tiziano Bianchi Junkfood & Enrico Gabrielli: film, colonne sonore, jazz Baba Sissoko, Nicodemo, Lilies on Mars: la fusione di tre ispirazioni musicali Collettivo Ginsberg: canzone d’autore, alta poesia dialettale e voglia di ballare Le cover secondo Stella Burns Il jazz ben temp(e)rato di Evan Le armoniose schegge musicali dei Dropp Pin Cushion Queen: il canto come melodia Manuel Volpe intimo e visionario La versatilità musicale di Capvto La magia elettronica dei Torakiki La forza della voce di DonnaKatya, la musica dei The SuperFeed Piccola orchestra Vale & The Varlet La musica e le parole degli Ono La misteriosa voce di Armaud I nuovi merletti vocali di Suz «Questo profumo dei nostri anni morti» La musica e le immagini di Giovanni Dal Monte La bella vita di Guido Elmi L’opzione rock dei The Maniacs I Pristine Moods e la magia del theremin Il vortice vocale di Rocío Rico Romero La fine della “Chimera” del XX secolo e la crisi dell’Occidente Un disco senza “Failing” Godblesscomputers, Johann Sebastian Punk, K-Conjog, Portfolio Il disco imbullonato dei The Gentlemen’s Agreement Suoni antichi, eppure nuovi… comunque freschi e morbidi Il nuovo immaginario musicale dei Junkfood Saluti da Saturno, ovvero l’optigan d’autore L’avvincente viaggio musicale del signor Rossi La seconda primavera di Simona Gretchen, Eterea e Crimea X Sophisticated Suz Dissonanti armonie dal XXI secolo