In un’intervista televisiva l’attrice e regista confessa di non sopportare più il clima creatosi in Italia a seguito della sua denuncia di stupro contro il produttore cinematografico statunitense
«Non vedo cosa ci sto a fare in Italia adesso, tornerò quando le cose miglioreranno per combattere le battaglie con tutte le altre donne», così parla Asia Argento a #Cartabianca in collegamento da Berlino. Già vittima dell’ormai tristemente noto produttore cinematografico Harvey Weinstein, oggetto di due inchieste shock pubblicate agli inizi di ottobre, ora si ritrova il dito dell’opinione pubblica puntato contro. E si sente «doppiamente crocifissa».
Le indagini giornalistiche, una condotta dal The New York Times e l’altra dal The New Yorker, hanno portato alla luce gli abusi, protrattisi per quasi trent’anni e sistematicamente insabbiati, del numero tre di Hollywood. Come recita Ronan Farrow nel suo articolo per il The New Yorker, «fin dalla nascita dei primi studios, un secolo fa, ci sono stati pochi produttori esecutivi più autorevoli, o autoritari, di Harvey Weinstein». Cofondatore della Miramax, ha all’attivo più di trecento film candidati agli Oscar ed è più citato di Dio nei discorsi di ringraziamento degli Academy awards. Non solo, egli ha anche fortissimi agganci politici, essendo uno dei più grandi finanziatori del Partito democratico, in particolare delle campagne di Barack Obama e di Hillary Clinton. Si può solo immaginare quanto possa essere efficace una frase come «è la mia parola contro la tua» pronunciata da chi è tanto potente.
Le vittime – per ora se ne sono fatte avanti ottantadue, ma il numero sale ogni giorno – quasi tutte, all’epoca dei fatti, giovani attrici emergenti, raccontano dinamiche simili: venivano attirate con delle scuse e spesso con l’aiuto di un «facilitatore», secondo le parole di Asia Argento. Una volta sole con lui, dopo un principio di conversazione normale, vedevano Weinstein uscire dalla stanza per poi rientrarvi vestito con solo un accappatoio, chiedendo un massaggio. Infine, la violenza.
Un vero e proprio modus operandi di un criminale seriale, impresso sulla pellicola dall’attrice italiana nel suo esordio alla regia: Scarlet Diva, uscito nel 2000, tre anni dopo la molestia sessuale subita. Il film ruota tutto intorno alla protagonista, l’attrice italiana Anna Battista, interpretata dalla Argento, alle prese con il desiderio di essere amata e di emergere come artista. Fin da subito è chiaro quanto la spirale di sesso, droga e violenza generata dalla notorietà sia insuperabile e lei ne venga inghiottita. Del resto, come le rimarca un suo amico, J-Bird, interpretato da Justinian Kfoury, «ogni artista è un po’ una prostituta». Attraverso Anna, Asia rivive il proprio trauma, lo inscena nei minimi particolari, tanto che lo stesso Weinstein si sarebbe riconosciuto nel personaggio di Barry Paar. Tuttavia, nella finzione, la donna riesce a fuggire. Scappa lontano per non sentirsi più vittima, per sentirsi forte almeno nella sua arte. E questo, a suo dire, è il motivo che l’ha spinta al silenzio tanto a lungo, molto più del timore per la sua carriera: la sensazione di debolezza e responsabilità.
Debolezza, per non aver saputo reagire, per non esser riuscita, a soli 21 anni, a dare un «calcio nelle palle» a quell’uomo, come le aveva insegnato sua madre. Per non essere riuscita a scappare. Responsabilità, perché c’è qualcosa nella mente delle donne – confessa a Bianca Berlinguer a #Cartabianca – che porta sempre a pensare che ci sia una parte di colpa nella violenza: colpa di aver messo un vestito troppo corto, di essere troppo belle o provocanti, di tirare fuori l’animale che c’è dentro l’uomo. Per questo ha denunciato ora, dopo vent’anni: perché è stanca di sentirsi così.
È quindi partita una campagna d’odio, fatta di risatine maligne e mos maiorum, rivolta alle vittime. In pratica, prostitute arriviste e d’alto bordo, che usano il loro corpo per fare carriera e poi si lagnano. Senza bisogno di arroccarsi sul discutibile articolo di Renato Farina, apparso su Libero, dal titolo esplicativo Prima la danno poi frignano e fingono di pentirsi, il molto più “politicamente corretto” Huffington Post firma il seguente pezzo: Le vere vittime del lupo cattivo Weinstein sono quelle che non si sono fatte mangiare. La teoria di Deborah Dirani – che si definisce «donna, prima. Giornalista, poi» – è che un uomo che ricatta una donna per un lavoro è un «delinquente ancor prima che un pervertito»; però, se la donna porta a termine quel lavoro, è un’ipocrita. «Le vere vittime di questo lupo cattivo sono quelle che non si sono fatte mangiare, che, anche se hanno subito un abuso, non sono rimaste nei paraggi a sgranocchiare le briciole di successo che lui elemosinava loro». Le vere vittime.
Piccolo ripasso del Codice penale: la violenza sessuale è un delitto contro la persona che, commesso da «chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali» (articolo 609 bis, comma 1). Quindi, mentre è ben chiaro e definito chi si possa considerare vittima, e Asia Argento e le sue colleghe lo sono a pieno diritto, manca la definizione di ipocrita. Mancano, a ben vedere, anche i criteri per stabilire chi sia una vera vittima e chi no.
Un’assenza imperdonabile che però, per ora, ci costringe a vedere tutte le donne – e gli uomini – che hanno subito sopruso per quello che sono: ovvero vittime e basta. E, poi, parliamoci chiaro, Asia Argento è anche peggio delle altre, la più sgualdrina di tutte: ha un padre famoso, non le serve nemmeno fare sesso con il produttore noto. Una volta ha fatto una foto dove limona con un cane, figuriamoci se una così può avere un confine, una decenza, una morale. Sfortunatamente, lo stupro non è più dal 1996 un reato contro la morale ma contro la persona, perciò pare che si dovrà fare tutti lo sforzo di vedere la Argento in quanto tale, a prescindere dalla sua carriera e dalla sua vita, dalla sua bravura e dalla sua simpatia. Nel frattempo, Asia, hai fatto bene ad andartene, questo non è un paese per donne.
Le immagini: l’attrice, regista e sceneggiatrice italiana Asia Argento; il produttore cinematografico Harvey Weinstein travolto dallo scandalo; la locandina del film Scarlet Diva (2000) e una scena tratta dalla pellicola.
Ludovica Merletti
(Lucidamente, anno XII, n. 143, novembre 2017)