I pareri della deputata Susanna Cenni del Pd e di Maria Laura Cattinari di LiberaUscita
Lo scorso 20 aprile, con una maggioranza ampia e per certi versi trasversale, è stato approvato il testo unico riguardante le Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, meglio noto come “legge sul testamento biologico”. Ora, per l’approvazione definitiva, la norma dovrà passare al vaglio del Senato della Repubblica, dove la maggioranza di sì sarà forse meno sicura.
Canta vittoria il Partito democratico, la forza politica che, insieme al Partito socialista italiano, si è maggiormente impegnata per la stesura del testo approvato. Infatti, ha affermato la deputata Pd Susanna Cenni: «Dopo una lunga e seria discussione, abbiamo approvato una legge di civiltà. Con il biotestamento si garantisce a ogni cittadino il diritto di poter decidere, qualora si trovasse in condizioni di salute irreversibili, o improvvisamente, o in conseguenza di malattia, di rifiutare quelle prestazioni sanitarie non più utili a curare, ma solo a prolungare uno stato di agonia. Una decisione presa in fase di piena lucidità e possesso delle proprie facoltà, ma consegnata con strumenti ben definiti, al contesto di fiducia della persona stessa, i propri cari, i medici di fiducia. Uno Stato civile e laico ha il dovere di lasciare alle persone, alle loro famiglie e ai medici che hanno seguito le malattie e le cure, l’ambito in cui poter esercitare il diritto di scegliere come affrontare le ultime fasi della vita».
Esprime soddisfazione anche LiberaUscita, storica «associazione nazionale laica e apartitica per il diritto a morire con dignità», nata nel luglio 2001. E lo fa attraverso la sua presidente, la modenese Maria Laura Cattinari: «Da più di quindici anni la nostra associazione è impegnata per ottenere il pieno riconoscimento del diritto all’autodeterminazione terapeutica, come sancito dal 2° comma dell’art. 32 della Costituzione fin dal 1948. Avevamo già salutato con soddisfazione il testo unico Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento del 7 dicembre 2016, licenziato dal Comitato ristretto della Commissione Affari sociali della Camera. Ora, davanti al testo definitivo, approvato nella seduta del 20 aprile a Montecitorio, esprimiamo la convinzione che sia stato compiuto un significativo e importante passo avanti per migliorare le condizioni spesso disumane in cui oggi si muore nei nostri ospedali».
Il pensiero della Cattinari va a chi ha sofferto in passato per la mancanza di un’apposita legislazione sul fine vita: «Con questa legge tutti i casi che hanno riempito le cronache dei giornali (Welby, Englaro, Nuvoli, Piludu, Fanelli) avrebbero ricevuto pronta e dignitosa risposta. La legge approvata riconosce infatti tutte le terapie (alimentazione, idratazione, ventilazione artificiali comprese) rinunciabili, anche se già avviate. Il paziente può ottenere la sedazione continua profonda per non vivere coscientemente le sofferenze dell’agonia, in particolare in caso d’interruzione delle terapie». Anche per la deputata democratica senese «il testo sul fine vita è una buona sintesi che punta a ottimizzare la relazione tra il medico e il paziente. L’obiettivo è quello di dare libertà ad ognuno nel rispetto di quel principio di “appropriatezza della cura”, maggiori garanzie al personale sanitario cercando, al contempo, di garantire quel diritto alla vita, all’autodeterminazione e alla salute che sono principi al centro della nostra Costituzione».
Prosegue la Cenni: «Abbiamo trovato un giusto equilibrio in nome dell’idea laica dello Stato: la legge che compone un quadro capace di fermarsi sulla soglia delle scelte personali che riguardano il proprio corpo, la propria vita, la propria etica individuale. È una legge di libertà e di buon senso, che non introduce, come qualcuno strumentalmente continua a dire, sbagliando, l’eutanasia o la morte per sete e per fame. Non è così, anche se le vicende che abbiamo conosciuto in queste settimane e che hanno visto alcuni cittadini recarsi all’estero per concludere la propria agonia, ci consegnano riflessioni, almeno secondo il mio parere, importanti. Noi però oggi facciamo una scelta che non entra in quella sfera e che non ha nulla di eutanasico. Con la norma sul fine vita, e sulle Dat l’Italia è un Paese più laico, più civile. Non resta che procedere alla sua approvazione in tempi certi anche al Senato».
Comunque, qualche perplessità è espressa dalla Cattinari: «Il riferimento alla deontologia professionale (comma 6 art. 1) non risulta essere accettabile poiché nessun Codice deontologico può andar contro la Legge dello Stato. Altro limite grave che si ravvisa nel testo è il previsto ricorso al giudice tutelare nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico (art. 4 comma 5, che rimanda al comma 5 dell’art. 3). Si tratta di un grave limite al principio di autodeterminazione terapeutica poiché la decisione dovrebbe essere in ogni caso assunta dal fiduciario in ogni caso! L’art. 6 (norma transitoria) riconosce valore ai testamenti biologici già depositati presso i registri comunali o gli studi notarili. LiberaUscita, che dal 2009 si è impegnata nel dialogo con le amministrazioni locali e la cittadinanza per far crescere i registri comunali, non può che auspicare che l’esempio dei circa 2.000 Comuni virtuosi che hanno aperto il registro comunale dei testamenti biologici, sia subito seguito dagli altri» Insomma, per la presidente di LiberaUscita, «si poteva fare meglio, ma questa legge rappresenta un passo avanti importante e non possiamo che auspicare che il passaggio al Senato sia rapido e positivo».
daniela ferro
(LucidaMente, anno XII, n. 136, aprile 2017)