La raccolta degli interventi del direttore nel primo trimestre del dodicesimo anno di pubblicazione di “LucidaMente”
Marzo 2017 (n. 135) – Se cinque figli vi sembran pochi…
Il presidente turco Erdogan e i suoi ministri all’attacco: scontro di civiltà, guerra santa, distruzione dell’Europa. Ma gli intolleranti sarebbero gli “islamofobi”…
Intolleranza. Richiamo alla violenza. Ovviamente, da parte di xenofobi, razzisti, islamofobi… ovvero, i populisti. O, se vogliamo allargarci, l’istigazione sarà partita del Movimento 5 stelle, in particolare del deputato Luigi Di Maio, come denuncia l’Unità. O no?
Fatto 1. Italia, Napoli, 11 marzo 2017. Il leader della Lega, Matteo Salvini, organizza nella città partenopea un proprio “comizio”, peraltro “al chiuso”, presso la Mostra d’Oltremare. Si scatena l’inferno. Prima i “tolleranti”, pacifisti, antirazzisti, “accoglientisti”, multiculturalisti e multietnicisti, chiedono che l’evento sia annullato. Poi, una volta che il discorso è confermato (siamo ancora in democrazia, no?; ognuno è libero di esprimere le proprie idee?), tentano direttamente di impedirlo. Come? Con una pacifica manifestazione nel corso della quale mettono a ferro e a fuoco ciò che incontrano nella loro tranquilla passeggiata per Napoli. Il sindaco del capoluogo campano, Luigi de Magistris, pur con qualche successivo distinguo, aveva appoggiato la protesta.
Fatto 2. 16 marzo 2017. Dopo il rifiuto dei Paesi bassi di consentire sul proprio territorio l’effettuazione di manifestazioni rivolte a cittadini turchi, con la presenza di loro ministri, in appoggio al referendum sulla svolta autoritaria della Costituzione del paese anatolico, si scatena un’aggressiva raffica di dichiarazioni. Il ministro degli Esteri anatolico Mevlüt Çavuşoğlu parla apertamente di guerra di civiltà, di guerra di religione e jihad contro l’Europa, col conseguente annientamento di quest’ultima. Insomma, si dovrebbero permettere comizi rivolti a cittadini stranieri o di origine straniera, aventi come scopo di indurli ad appoggiare una svolta dittatoriale dello stato turco-islamista…
Non è da meno lo stesso presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, in piena deriva autoritaria e islamista, dopo lo strano, fallito, colpo di stato della notte del 15 luglio 2016. Il neodittatore non sopporta una sentenza della Corte di Giustizia europea, che ha dichiarato legittima la scelta di alcune aziende di vietare il velo islamico alle proprie dipendenti. E, allora, dopo le precedenti, farneticanti accuse di nazismo e fascismo rivolte agli olandesi, chiama in causa le crociate. E, soprattutto (17 marzo), minaccia più realistica e seria, Appello di Erdogan ai turchi in Ue: “Fate almeno 5 figli, il futuro è vostro”. Del resto, i poveri europei, e in particolare gli italiani, genitori responsabili e spesso afflitti dalla miseria e dalla precarietà, generano a malapena uno, massimo due figli a coppia. Riassumendo: intolleranza, prepotenza, guerra di civiltà, jihad. E una strategia che è già molto avanzata e vincente: la bomba demografica, agevolata dal welfare pro immigrati.
Rimaneggiando il celebre canto di inizio Novecento delle mondine di Novellara (Reggio Emilia), oggi esso potrebbe suonare così: “Se cinque figli vi sembran pochi, / provate voi a partorir. / E capirete la differenza / tra l’essere europee o mussulman…”. Ebbene, da anni esistono coraggiosi pensatori, movimenti culturali, pubblicazioni, che denunciano tutto questo. Ovvero, documentano l’intolleranza di fondo dell’islam in toto, anche di quello moderato, l’intento espansionistico, specie attraverso le migrazioni e il conseguente futuro squilibrio demografico, la volontà ultima di sostituirsi alle civiltà, alle culture e ai popoli europei. Anche sfruttando lo stato sociale e assistenziale europeo, dalla sanità agli alloggi popolari, dalle scuole ai sussidi di disoccupazione…
Tuttavia, proprio questa minoranza che, da Bat Ye’Or e Oriana Fallaci in poi, ha aperto gli occhi, è accusata di essere intollerante e aggressiva. Non i centri sociali di Napoli. Né lo scatenato Erdoğan. Ma non c’è cieco peggiore di chi non vuol vedere (o di chi si è venduto al verbo della globalizzazione capitalistico-finanziaria). Così poteri forti mondiali (1° livello), Unione europea (2° livello), politici locali (3° livello; in Italia i cattocomunisti), con i loro ben ammaestrati mass media didattico-repressivi, continueranno a blaterare di accoglienza indiscriminata dei migranti-risorsa come dovere, di multiculturalismo e di multireligiosità (“tanto, le culture e le religioni son tutte uguali”). I cattivi resteranno sempre i cosiddetti populisti e chi si sottrae al conformismo totalitario globale del pensiero unico buonista e politicamente corretto.
I maledetti populisti che vengono accostati ai movimenti fascisti e nazisti degli anni Venti e Trenta del XX secolo, coi quali si tenta di trovare incredibili analogie. Discorso che si può smontare facilmente con una sola argomentazione: non vi è un solo episodio di violenza e intolleranza nel quale siano coinvolti esponenti o anche semplici aderenti ai movimenti populisti o antisistema. La calunnia e la faziosità, l’insofferenza fino all’aggressione, verbale e non solo, sono, invece, rivolte contro di loro, praticate quotidianamente dagli avversari.
Passando brevemente al numero di marzo di LucidaMente, un interessante e ben strutturato approfondimento è costituito dall’articolo di Christian Corsi Il lavoro non tornerà più. Scritto che ben si collega ai violenti sconvolgimenti mondiali, di uno dei quali abbiamo fin qui parlato, aventi come conseguenze, tra le altre, il netto scadimento della qualità della vita, la disumanizzazione delle persone, l’immiserimento complessivo. Disoccupazione tecnologica: cosa accadrà nel futuro? Non è un fenomeno nuovo, ma stavolta il cambiamento sembra non lasciare spazio all’ottimismo della conversione e della riottimizzazione. Ancora delle ricadute negative dei cambiamenti tecnologici ha scritto Dora Anna Rocca nel suo Il cyberbullismo e la sicurezza in rete. I recenti dati su tale problema sempre più diffuso e di difficile soluzione sono allarmanti; a esso si cerca di far fronte con iniziative mirate alla sensibilizzazione, soprattutto dei più giovani.
Giocando con gli episodi storici riportati nel libretto di Matteo Sacchi, Il diavolo nelle parole, edito da il Giornale, abbiamo proposto una hit parade de I sette discorsi più ingannevoli della storia, dal processo a Socrate fino a Togliatti e Obama. Per finire con un messaggio di speranza, segnaliamo Le lingue contro l’Alzheimer di Maria Daniela Zavaroni: uno studio italiano rivela che parlare costantemente un idioma straniero o il proprio dialetto contrasta l’insorgere della nota quanto devastante forma di demenza degenerativa, posticipando i primi sintomi fino a cinque anni. E ricordiamo che a fine mese partirà la nona edizione del nostro Seminario di scrittura giornalistica e comunicazione audiovisiva. L’appuntamento è per mercoledì 29 marzo, a Bologna, presso Unci Formazione, in via Cincinnato Baruzzi 1/2.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 135, marzo 2017)
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Febbraio 2017 (n. 134) – Tradimenti
Come e da chi gli italiani e gli europei sono stati e sono ingannati. Intanto, Renzi si trasforma da rottamatore a ducetto distruttore e, 25 anni dopo, il tempo galantuomo mostra Tangentopoli sotto una nuova luce
Un tempo quelli che vedevano traditori dappertutto erano i veterofascisti e nipotini vari. E anche recentemente molti di loro hanno definito così il povero Gianfranco Fini attribuendogli tale nomea. È singolare, pertanto, che oggi tale termine venga usato da due personaggi che certamente non appartengono a quell’area politica con le sue manie persecutorie. Ci riferiamo al giornalista Federico Rampini e all’antropologa Ida Magli, che abbiamo inteso celebrare, a un anno preciso dalla sua morte, rileggendo, uno al mese, i suoi tre ultimi, più polemici libri.
Entrambi usano la parola “tradimento”. Per il primo, è addirittura il titolo stesso del suo nuovo libro, edito da Mondadori. La seconda, invece, ha denominato con identico termine il secondo capitolo de La dittatura europea. Ma chi sono i nuovi traditori? Lo spiega chiaramente Rampini nel sottotitolo della sua pubblicazione: Le menzogne delle élite. Come scriviamo nella nostra recensione, «il capitalismo e le banche, che hanno rinunciato al loro storico ruolo positivo, rispettivamente di creatori e agevolatori di ricchezza, finendo per cadere nella speculazione finanziaria. Poi i politici, i vecchi partiti “storici”, che non hanno svolto il proprio compito di difensori degli interessi nazionali e popolari, lasciandosi irretire da miti astratti o facendosi proprio corrompere. Infine, gli intellettuali e i giornalisti, anche se “progressisti” e democratici, che hanno per lo più rinunciato al loro onesto mestiere di studiosi e critici delle storture, accontentandosi di blaterare gli illusori slogan buonisti del pensiero politicamente corretto».
La pensa allo stesso modo la Magli, che aggiunge all’elenco le grandi monarchie nazionali europee e le chiese, in particolare quella cattolica. Così, ecco Globalizzazione, immigrazione, crisi della democrazia: i grandi mali denunciati da Rampini, che, però, propone pure le ricette per curarli. A meno di non dare ragione a Benedetti populisti di Francesco Boezi, ovvero coloro che (forse) «salveranno la democrazia dai verticismi radical chic» (…E continuavano a chiamarlo populismo).
Intanto Matteo Renzi è passato dal ruolo di rottamatore a quello di distruttore (del Partito democratico). E, come tutti i dittatori del passato, il ducetto di Firenze, nonostante le scoppole subite, si dirige frenetico e fanatico verso la catastrofe, annientando con la propria arroganza tutto attorno a sé in un cupio dissolvi per fortuna meno tragico di quello di Hitler o Mussolini. Certo che il Movimento 5 stelle sta facendo di tutto per perdere consensi, per lasciarsi sfuggire una partita (quella delle prossime elezioni) già vinta per mancanza di avversari. Ludovica Merletti ha stroncato il libro A testa in su (Rizzoli) di un noto deputato pentastellato (Da Alessandro Di Battista una lezione di vita… tanto per essere modesti), nel quale esce sconfitta la politica, ma, soprattutto, la buona scrittura e l’autore stesso. La stessa Merletti ha trattato del ruolo del lessico nel raggiungimento della parità di genere (L’importanza di chiamarsi ministra).
Intanto, nella ricorrenza dei 25 anni dall’inizio (17 febbraio 1992) del repulisti giudiziario scaturito dall’inchiesta Mani pulite sulla cosiddetta Tangentopoli, quasi tutta la stampa nazionale ha rivalutato gli eventi e i loro effetti. Oggi la corruzione è di gran lunga maggiore e riguarda non tanto il finanziamento ai partiti, quanto loschi arricchimenti personali. E alla figura del povero Bettino Craxi, anche attraverso i suoi memoriali, viene dato nuovo valore.
Tralasciando tanti altri articoli di vario interesse, ci limitiamo a segnalare, in questo numero di LucidaMente, le riflessioni critiche di Maria Laura Cattinari, presidente di LiberaUscita, sulla puntata del programma di Bianca Berlinguer dedicata al “fine vita” (Il testamento biologico su #cartabianca), e l’intervista di Maria Daniela Zavaroni a una volontaria dell’associazione che, da oltre cinquant’anni, opera sul territorio italiano per garantire assistenza alle persone sordocieche e il loro reinserimento nella società (Il filo d’oro che unisce). Per concludere, vi invitiamo a due “eventi bolognesi”. Il primo è la Convenzione nazionale, promossa da Giovanni Negri, per creare le basi di «una nuova casa della politica»: La Marianna ricompare sotto le Due Torri (Bologna, 25-26 febbraio 2017), una ricchissima due giorni full immersion. Il secondo ci riguarda da vicino. È il consueto Seminario di scrittura giornalistica e comunicazione audiovisiva (Bologna, marzo-maggio 2017): nona edizione, che si terrà come al solito, presso Unci Formazione, in via Cincinnato Baruzzi 1/2. Vi attendiamo tutte/i.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 134, febbraio 2017)
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Gennaio 2017 (n. 133) – Il suicidio europeo
Tutto è iniziato almeno quarant’anni fa. Globalizzazione, migrazione, degrado economico-sociale, civile e culturale: nulla sarà più come prima
Non sappiamo se la strana coppia Putin-Trump, dopo l’assunzione dei pieni poteri da parte del neopresidente americano, costituirà un’alleanza di ferro. In tal caso, è probabile che non si ripeteranno i disastri della politica estera dell’amministrazione Obama e che la vita per il terrorismo islamico e per l’Isis in particolare sarà sempre più dura.
Tuttavia, anche se si annientasse il sedicente califfato islamico, per il mondo, e per l’Europa in particolare, nulla sarà come prima. Innanzi tutto sorgeranno sempre nuovi gruppi terroristici musulmani, come già ora ne esistono a decine. E, comunque, gli scenari economici, politici, sociali, civili, etnici, religiosi, culturali, urbanistici, sono stati, sono e resteranno modificati e alterati per sempre. La disoccupazione dilagante, la precarietà, lo sfruttamento economico, la miseria, l’immigrazione selvaggia, si sono diffusi e ormai sono pressoché passivamente accettati. Le nostre scenografie urbane, le nostre strade, i nostri quartieri e chi li abita non sono più gli stessi. Il nostro stile di vita è cambiato. Le misure di sicurezza per prevenire attentati terroristici hanno mutato le nostre abitudini. L’Isis e il retrogrado fanatismo islamico di un Medioevo che sembrava sepolto per sempre non sono mica sbarcati in Europa con navi d’assalto e paracadutisti. I suoi fanatici soldati e adepti vivono già da anni nel cuore del Vecchio Continente. La loro guerra è stata combattuta con le bombe della demografia, con la lenta occupazione, anche simbolica, del territorio, tra vittimismo e prepotenze.
E pochi se ne sono accorti perché tutto è avvenuto a piccoli, silenziosi passi, tanto più pericolosi proprio in quanto, appunto essendo piccoli (ma costanti) e silenziosi (ma dirompenti), celavano il cambiamento che si stava attuando. E nella complicità dei politici che dovevano difendere la propria nazione e i propri cittadini. Tutto è iniziato almeno trenta o quarant’anni fa, come ci viene spiegato da Éric Zemmour nel suo libro Il suicidio francese, ora tradotto in Italia da Enrico Damiani Editore. Il giornalista transalpino individua, anno per anno, le tappe della “decostruzione” di una nazione, una volta “grande”. E c’entrano il tanto celebrato Sessantotto e l’Unione europea (Dalla Francia all’Europa, come ci siamo ridotti così).
Di altre “grandi trasformazioni” scrivono Enrico Terzi e Fabio Vanacore nel loro esordio su LucidaMente. Il primo si occupa degli Iscritti all’università in calo: i motivi della crisi, causata anche dagli atenei on line. Il secondo di Una società senza contanti: pro e contro, sulla strada già intrapresa dalla Svezia; ovvero, come funziona il mental accounting e cosa comporta davvero il cashless? Viviana Viviani è tornata (Babbo Natale, io sto con Loprieno!) sulla polemica scoppiata dopo la frase pronunciata dal direttore d’orchestra al termine del concerto romano dedicato al film Disney Frozen. Trascurando le tante recensioni di mostre e libri (ad esempio, Cioran e Sgalambro, maledetti… vi amerò) presenti sull’attuale numero della nostra rivista, ci limitiamo a segnalare le nostre interviste del mese, che stavolta sono tre. Dora Anna Rocca ha sentito uno dei pubblici ministeri più famosi d’Italia (Guariniello, il magistrato: “Ecco come ho agito”) su molte famose inchieste che, negli anni, hanno tenuto banco nelle cronache italiane, tra le quali i processi Eternit e Thyssen e sul metodo Di Bella.
È possibile, attraverso un’associazione, tramandare la tragica storia recente del nostro Paese alle nuove generazioni? Sabina Leggio l’ha chiesto allo scrittore e giornalista bolognese Riccardo Lenzi, la memoria di chi non c’era. Rimanendo sotto le due torri, Donatella Swift ha seguito lo scrittore Massimo Fagnoni: da Bologna ad Auschwitz, parlando del suo ultimo romanzo, Il giallo di Caserme Rosse (Fratelli Frilli Editori), che getta uno spietato sguardo sul capoluogo emiliano, tra passato e presente. Infine, la narratrice ferrarese Antonella Chinaglia ci ha regalato un suo ingegnoso racconto inedito: Rivendico il mio autore, parola di manoscritto. Buona lettura a tutte/i.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 133, gennaio 2017)