In “1913. L’anno prima della tempesta” (Marsilio) lo storico dell’arte Florian Illies offre, in una sorta di agenda-diario, l’affresco storico, sociale, culturale di un’epoca e le vite incrociate di famosi personaggi, soprattutto scrittori e artisti mitteleuropei. Ma nessuno pensava che l’anno dopo sarebbe iniziata l’«inutile strage» che neppure papa Benedetto XV riuscirà a fermare
Esattamente 100 anni fa, il 1° agosto 1917, al terzo anno dall’inizio della Prima guerra mondiale, ormai già sanguinosissima, papa Benedetto XV decise di inviare una Lettera ai capi dei popoli belligeranti. Come tutti i messaggi dei papi del XX secolo, bella, ragionevole, astratta. E come sempre, inascoltata. L’«inutile strage» si protrarrà ancora per più di un anno e, alla fine, le vittime saranno 10 milioni. Come si era arrivati a tale orrore?
Torniamo indietro, a un anno prima dello scoppio della guerra. Era davvero una belle époque. Un clima ottimista: «Ad agosto si inaugura all’Aia il Palazzo della Pace, costruito grazie alle donazioni pervenute da tutto i mondo […]. Incominciano i preparativi per una nuova conferenza di pace da tenersi all’Aia nel 1915». A Detroit, nelle Officine Ford, viene introdotta la catena di montaggio. Passeggiate, viaggi, città pullulanti di energia e vivacità. E, d’altro canto, ancora immensi spazi di natura incontaminata: boschi, campagne, mare, isole. E, poi, una fioritura artistica e culturale straordinaria, protagonisti tanti ebrei. Amori che nascono e si spengono, come sempre. Eppure, siamo nel 1913, un anno prima dell’inizio del tragico conflitto europeo. Solo Carl Gustav Jung, in giugno, fa un terribile incubo: «Si era svegliato madido di sudore alla visione dell’Europa intera che affondava sotto le onde di una gigantesca marea. Ovunque morte, cadaveri, devastazioni».
Questo è quanto riporta lo storico dell’arte tedesco Florian Illies nel suo libro 1913. L’anno prima della tempesta, ora in edizione economica Tascabili maxi Marsilio (pp. 304, € 13,00). Uno dei tanti episodi, aneddoti, ma anche pettegolezzi, soprattutto di area mitteleuropea, riportati nella pubblicazione, una sorta di agenda-diario, che ripercorre quell’anno da gennaio a dicembre, mese per mese, se non giorno per giorno. Con stile ironico, vivace, attraente, l’autore annota i grandi e piccoli avvenimenti del 1913, un po’ come fa Robert Musil in certe pagine de L’uomo senza qualità, la cui azione prende avvio proprio in quell’anno.
Un quadro di grande, disordinata, incredibile vitalità: un pullulare di correnti artistiche, mostre, eventi musicali e teatrali e, sul piano personale, amori, tradimenti, gelosie, rapporti irregolari e morbosi, vicende erotiche e sessuali estreme (altro che oggi!). Quando trascrive i propri gossip da Novella 2000, Illies commenta entusiasta: «Che splendida confusione!». Tutti nevrotici, anzi affetti da nevrastenia, che è il male del tempo. Franz Kafka agisce in modo insopportabilmente contorto con la paziente e spaesata Felice Bauer. Oscar Kokoshka soffre per l’amore verso la bella quanto fatale Alma (vedova) Mahler, La sposa del vento. Rainer Maria Rilke, «amante appassionato della dolce infelicità», ciondola tra Lou Andreas-Salomé ed Helene von Nostitz. Thomas Mann è seriamente sposato con figli ed… è celatamente gay . Rapporti infelici e tortuosi, cui si cerca sollievo anche accompagnandosi a prostitute. Tutti sono la sintesi dell’assolutezza irrealizzabile dell’amore: «L’impossibilità di fondo, per un artista, di restare se stesso all’interno del matrimonio e della società».
Resta il solito dubbio se siano in particolare gli artisti a essere degli irregolari del sesso… oppure lo siano tutti, ma solo dei primi si sa e se ne parla. Del resto, è il trionfo delle teorie psicanalitiche di Sigmund Freud e il già citato Jung (i cui rapporti personali sono ormai pessimi e rovinati per sempre). Paradossalmente, potremmo affermare che siamo più fortunati noi oggi, circa cento anni dopo. Economia a pezzi e povertà in aumento, disordine globale e guerre sparse, immigrazione selvaggia e terrorismo islamico, bruttezza diffusa in quasi ogni opera artistica o presunta tale, pessimismo e depressione dilaganti. Dunque: nessuna illusione, nessuna brutta sorpresa…
Tuttavia, alcuni presagi del futuro massacro c’erano. Gli al tempo miserabili Adolf Hitler e Stalin si sono forse sfiorati a Vienna, passeggiando nel parco del castello di Schönbrunn. Monarchi e aristocratici massacrano migliaia di animali al giorno in altre “inutili stragi”, che definiscono battute di caccia e che attuano standosene belli e seduti, in attesa che i battitori spingano le povere prede a poche decine di metri dai loro fucili. Lungimirante, se guardiamo alla realtà odierna, ciò che afferma l’economista Walther Rathenau sui «pericoli della tecnica e della meccanizzazione» o il filosofo Ludwig Klages («la modernità è il pericolo maggiore»). Soprattutto, vi sono “sguardi lunghi” che prevedono ciò che sarà alla base della nostra infelicità attuale.
Secondo Illies, il coloratissimo pittore espressionista Ernst Ludwig Kirchner «sente che la corporeità delle donne e dei bambini, che nell’isola di Fehmarn aveva potuto cogliere e dipingere come purezza, natura sincera, non è più possibile nello spazio urbano dell’era moderna, in mezzo al rumore, sotto gli abiti, gli sguardi altrui e le altrui aspettative. L’unica forza motrice della metropoli è la velocità, il suo spingersi sempre avanti, l’oblio del presente. […] L’artista riesce a creare immagini uniche della modernità, in cui il corpo della metropoli è costituito ormai solo di tendini e nervi, ma non più di carne e sangue». Guerra non prevista, catastrofe sociale, umana e ambientale del XXI secolo, sì.
Le immagini: due copertine del libro (edizione italiana tascabili Marsilio, 2015; edizione tedesca Fischer Verlag, 2013), Autoritratto come soldato (1915, pittura a olio, 69×63,3 cm, Allen Memorial Art Museum, Oberlin), in apertura di articolo, e Nollendorfplatz (1912, olio su tela, 69×60 cm, Stiftung Stadtmuseum, Berlin), entrambi di Ernst Ludwig Kirchner (Aschaffenburg, 6 maggio 1880 – Davos, 15 giugno 1938).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 140, agosto 2017)