Cosa significa per una “lei” ricoprire una carica importante? Le difficoltà e le discriminazioni non mancano, anche se si sta affermando un nuovo modello femminile. Ecco qualche esempio
Diverse sono state nel corso della storia contemporanea le donne che hanno rivestito ruoli importanti: Matilde Serao è stata la prima ad aver fondato un quotidiano, Il Mattino; Maria Montessori fu la prima laureata in Medicina dopo l’Unità d’Italia; Susanna Camusso è la prima donna a guidare la Cgil. Allora, il problema dov’è? È presente perché molte donne ancora faticano a rivestire una posizione di potere.
Poteva sembrare un problema ormai superato, appartenente al passato, a qualche paese dell’area mediorientale, eppure non lo è. Oggi sono tantissime le donne che subiscono discriminazioni in ambito lavorativo, che faticano a rivestire un ruolo importante; anzi, alcune si fermano proprio alla partenza. Il genere femminile appare più esitante a puntare a posizioni lavorative di rilievo, perché spesso è già consapevole fin dall’adolescenza che dovrà gestire non solo un’eventuale carriera, ma un futuro che comprenda anche figli e famiglia, con un carico di impegni maggiore rispetto al genere maschile. Il quadro italiano rischia di essere sconfortante per il nostro Paese. Infatti, le regioni del Sud Italia sono – dati alla mano – la parte d’Europa nella quale le donne hanno in assoluto minori opportunità di ingresso nel mondo del lavoro.
Mentre la Slovenia, entrata a far parte dell’Unione europea nel 2004, ha un tasso di occupazione femminile prossimo al 70%. Le difficoltà sono molteplici; in sociologia viene definito il “soffitto di cristallo”; metafora per descrivere quella barriera invisibile che impedisce alle donne di raggiungere posizioni apicali. A volte è così, ma, per fortuna non sempre, perché alcune “lei” sono motivo di grande orgoglio.
È stata la prima donna candidata alla presidenza Usa, facendo la storia: parliamo di Hillary Clinton. In questi mesi la sua campagna elettorale ha ispirato milioni di persone, ma soprattutto le donne: l’ex first lady ha dedicato infatti la sua vittoria «a ogni piccola ragazza che ha grandi sogni. Sì, potete diventare tutto quello che volete – ha detto – anche presidente, questa notte è per voi». Un’altra grande donna è colei che ha alle sue dipendenze 750 militari di 28 paesi diversi, e ben settemila soldati americani. L’ammiraglio Michelle Howard è la prima donna afroamericana con quattro stelle a guidare, da inizio giugno, una delle principali basi della Nato, il Comando interforze di Napoli.Carattere e ferrea determinazione l’hanno portata a ricoprire un ruolo così importante, solitamente associato al genere maschile.
Nel nostro Paese, in questi mesi, le abbiamo viste come candidate sindaco per la città di Roma: Virginia Raggi e Giorgia Meloni. Che cosa hanno in comune? La volontà di rendere migliore una città intrisa di problemi, la nostra capitale. E che dire della sorprendente vittoria di Chiara Appendino, neosindaco di Torino? Un’importante testimonianza è quella di Sheryl Sandberg, attuale Coo (Chief operating officer) di Facebook. È una donna che ha ricoperto posizioni importanti nelle imprese tra le più influenti al mondo. Si è fatta portavoce di tutte quelle donne ambiziose che come lei vogliono avere successo nel mondo del lavoro.
Il suo obiettivo è quello di dare maggiore consapevolezza, invitare le donne a essere più sicure di sé nelle scelte di tutti i giorni. Negli Stati Uniti il 9% delle donne aspira a diventare Ceo (Chief executive officer, amministratore delegato) di un’azienda, al contrario del 19% degli uomini. Secondo l’esperienza di Sandberg, alle donne non manca per niente un carattere forte e imprenditoriale alle donne: le difficoltà che esse incontrano sono connesse ai pregiudizi maschili. Uno di motivi di sconforto femminile è la cattiva reputazione che spesso si assegna alla donna di successo. Mancano le condizioni ideali affinché ogni donna possa scegliere in modo autonomo, senza essere influenzata da fattori economici, sociali o sensi di colpa. Occorre accorgersi della mancanza di presenza femminile nei cosiddetti “piani alti” e attivarsi per raggiungere la lunga e difficile strada della parità.
Nancy Calarco
(LucidaMente, anno XI, n. 127, luglio 2016)