Fino a ottobre si svolgerà una lunga campagna elettorale per la consultazione diretta sulla riforma costituzionale. Ecco alcune riflessioni del Psi bolognese sui contenuti del quesito
La differenza tra referendum abrogativi di leggi e quelli di modifiche costituzionali è che, per essere validi, i primi devono essere votati dalla metà più uno degli aventi diritto, mentre per i secondi non esiste il quorum. Da qui la posizione assunta nella recente consultazione sulle trivelle, con l’astensione dalle urne quale mezzo per affossarla. Nel prossimo referendum, invece, la partecipazione al voto (non l’obbligo) assume rilevanza sia per il “Sì” sia per il “No”, cioè per mantenere l’attuale assetto costituzionale o rinnovare la seconda parte della nostra Carta.
Partiamo da un presupposto: in entrambi gli schieramenti esistono posizioni in perfetta buona fede, al di là dei ricatti “o con me o contro di me”, delle demonizzazioni, delle offese, delle minacce di espulsioni, delle personalizzazioni sbagliate che producono simpatie, amori, considerazioni benevole oppure rancori, odi e risentimenti. Democraticamente e opportunamente il Partito socialista italiano ha uno statuto, da poco confermato al Congresso di Salerno, che permette, a ogni iscritto, di «esprimere e sostenere in ogni sede, di partito o pubblica, le proprie posizioni ideali, religiose culturali e politiche, anche difformi da quelle sostenute dalla maggioranza determinatasi nel Partito». Davanti alla recente presa di posizione dei legittimi organi di partito di promuovere comitati favorevoli al “Sì”, la norma consente quindi di dissentire e di aprire un dibattito sull’argomento, sia per portare a conoscenza i contenuti delle modifiche costituzionali sia per una partecipazione consapevole al voto referendario.
Com’è sempre stato nella nostra natura di socialisti davanti a problematiche importanti, certezze e dubbi si accompagnano nelle scelte da compiere. Occorre dare atto delle tante positività contenute nella proposta di riordino costituzionale: verrebbe spontaneo assentire, nello spirito riformista che ha sempre caratterizzato la nostra azione, per ottenere un primo risultato quale posizione ravvicinata a ulteriori traguardi, al contrario dei massimalisti che chiedono la realizzazione integrale e immediata delle loro idee, spesso utopistiche, finendo per trasformarsi, di fatto, in conservatori incalliti.
Diverse sono le critiche da addebitare alle proposte in discussione, ma la principale riguarda la facile previsione di un surrettizio sistema presidenziale (superando di fatto l’assetto di democrazia parlamentare con un rafforzamento del potere esecutivo), senza la possibilità di una libera scelta tra vari candidati. Il tutto favorito da una legge elettorale, l’Italicum, che contiene un abnorme premio di maggioranza accompagnato da una contraddittoria alta aliquota per accedere ai seggi del Parlamento. Una legge elettorale così concepita, che farebbe del vincitore alle elezioni il partito “prendi-tutto”, segna la fine delle piccole formazioni politiche e quindi anche del nostro partito.
Dobbiamo chiedere, con forza, la modifica dell’Italicum, riportando il premio di maggioranza dalla lista alla coalizione (forse il sistema elettorale per i Comuni sarebbe il più idoneo) e prevedere, una volta garantita la governabilità, la suddivisione della rappresentanza delle forze di minoranza sulla base di un conteggio proporzionale puro, così da arricchire la Camera di molteplici voci e consentendo a molti almeno il diritto di tribuna.
Tanti sono stati i pronunciamenti a favore dell’una o dell’altra posizione. Nel metodo, desideriamo ricordare negativamente la condotta dell’Anpi, con le inaccettabili minacce di espulsione a chi non aderisce al “No”. Altra posizione quasi ridicola, quella delle minoranze Pd, che, dopo aver approvato le modifiche costituzionali, minacciano in parte di bocciarle e in parte di confermarle, ma a condizione di un improbabile patto da stipulare, prima del voto, per la rivisitazione della legge elettorale con un sistema a doppio turno di collegio (assieme a un impegno per l’elezione diretta del nuovo Senato), con la facile previsione di un rientro di tutte le richieste e di un adeguamento per la salvaguardia delle proprie posizioni di potere. Infine gli industriali, che promettono un “Sì” accompagnato dal richiamo al Governo per il reiterato taglio delle tasse (ovviamente a loro favore).
Almeno il Psi ha presentato una proposta di legge di modifica dell’Italicum: riteniamo necessario chiedere, assieme a tutte le forze politiche che in Parlamento si sono espresse in tal senso, la calendarizzazione della discussione, superando le resistenze del segretario del Pd e del suo “cerchio magico”. Per il momento, né aderire né sabotare, né con il “Sì” né con il “No”, ma discutere sempre, nella certezza che una modifica alla legge elettorale aiuterebbe una scelta piuttosto che un’altra.
Franco Ecchia – Partito socialista italiano, Federazione di Bologna
(LucidaMente, anno XI, n. 126, giugno 2016)