Cinque raffinate poesie inedite di Margherita Versari, tra intimità e assoluto
Margherita Versari è stata docente di Letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Bologna, dove attualmente vive. La sua poesia, colta e raffinata, caratterizzata da un ritmo “metafisico”, tratta di figure e momenti famigliari, intimi scorci esistenziali, elegie del perduto. Questi, però, acquistano un significato assoluto che va ben oltre le contingenze personali e temporali dalle quali scaturiscono. Il risultato è una trasognata luce rivelatrice sugli arcani e sulle fenditure dell’esistenza. Di seguito pubblichiamo cinque sue liriche inedite.
Ritentare il prodigio “Ritentare il prodigio” non ha senso, né io so dirti dove tu sia andato. Salimmo verso un monte senza meta, selva d’ortensie circondava il lago. Ronzavano le api nel silenzio, col dito un cenno verso il cielo terso. Io ti seguivo, ti voltasti indietro. La soglia del tuo mondo è ora questa, lo schermo del computer che s’è spento (te lo comprasti nuovo a maggio scorso, oggetto sacro solo a te concesso)e un suono surreale a notte fonda.
Messa Requiem Dopo tre anni ascolto la Messa Requiem, tuo pezzo preferito. Era mia quella morte trasfigurata in canto. Ma fu la tua, letta in un geroglifico di note, presentita e sentita,come vento che soffia da lontano.
A Beatrice I Ti hanno messo gli occhiali nel cassetto (sui vetri ancora impronte delle tue dita incerte). Non serve dirti dove son riposti, né brontolarti per le lenti sporche. Quello che vedi è lì, fermo al traguardo della memoria, lo schermo del soffitto d’ospedale, lembo di mare al sud, lenta risacca, bianco silenzio di pianure acquose, orizzonte di fuga alla finestra – odore vago di Madame Rochas mentre ti appresti per l’uscita in centro con passo titubantesenza gli occhiali d’oro.
A Beatrice II Il bus numero nove che ti portava al centro non s’è ancora accorto che manca una signora. Pensionati salgono e scendono con routine quotidiana di formiche. Qualcuno ha chiesto dov’è Beatrice occhiali d’oro e il suo parlar toscano. Alla fermatasilenzio d’imbarazzo.
A Puccio Puccio, nei tuoi occhi misteriosi di giada trascorre lenta l’ombra d’un segreto che non ha nome. Tu non sai nulla dei mutamenti alchemici dell’oro, poco t’importa reincarnarti in altri e dell’arcana Rosa dei Beati. Inseguirai forse l’odore caldo di chi ti volle bene (tu di Beatrice estremo affetto) e ti dorrai di non trovare cibo al posto pattuito specchiandoti smarritonella scodella vuota.
(g.b.)
(LucidaMente, anno XI, n. 127, luglio 2016)