Giuseppe Rossi, capolista di Bologna Viva e vicesegretario della Federazione del Partito socialista italiano del capoluogo emiliano, interviene sulla condizione del lavoro e dell’economia bolognese
Ci sono molte questioni importanti ma si può ben dire che il problema del lavoro sia al primo posto. Tra i cittadini le preoccupazioni prevalenti sono la salvaguardia dell’occupazione e la qualità della vita che risulta insoddisfacente per molti a causa di retribuzioni inadeguate, precarietà, disoccupazione.
A Bologna la situazione è solo apparentemente meno grave che in altre città italiane. Tra l’altro, si può rilevare che i sintomi che hanno preceduto la crisi economica abbiano colpito la nostra città in anticipo. Ne è un esempio il processo di deindustrializzazione. Fabbriche con nomi famosi e affermati sono scomparse e si è trasformato lo scenario economico-produttivo della nostra città. È vero, in cambio è aumentato il terziario, ma in grandissima parte si tratta di un terziario sostanzialmente tradizionale (pure la grande distribuzione lo è). Il terziario avanzato – quello dell’innovazione, quello propedeutico allo sviluppo che programma il futuro – ha segnato il passo, addirittura riducendo una diffusione imprenditoriale qualificata che sembrava trovare a Bologna un terreno fertile.
Il lavoro non è da considerare una specie di merce, subalterno alla logica domanda/offerta. È invece un bene collettivo, un diritto per i cittadini, un patrimonio da tutelare. È la leva essenziale per contrastare le diseguaglianze, per mettere le persone al riparo dalla povertà, per promuovere la solidarietà. Ed è soprattutto la garanzia per un futuro migliore. A Bologna la disoccupazione giovanile continua ad essere elevata. E i giovani che trovano un lavoro sono costretti alla precarietà e a sottostare a condizioni retributive penalizzanti.
Va rimarcata inoltre la situazione delle donne. Rispetto alla media europea, l’occupazione femminile è a livelli insoddisfacenti. Si potrebbe ricordare che le logiche tecnocratiche dell’Europa e la rigidità delle politiche di austerity non aiutano la ripresa economica dell’Italia e la conseguente crescita occupazionale. Occorre dire, tuttavia, che non si è fatto abbastanza per monitorare attivamente l’espansione della crisi e tanto meno per mettere in campo tutti gli interventi possibili, evitando semmai quelli pressoché simbolici. C’è stata una debole capacità incisiva e autorevole. Soltanto nei casi di alcune importanti aziende è sembrato prevalere una efficace capacità d’intervento, anche se a volte poco immediata”.
Ho la convinzione che la prossima amministrazione pubblica di Bologna possa e debba cambiare i termini di confronto con le situazioni di crisi economica e con la persistente condizione generale di difficoltà occupazionale e di sotto occupazione. I Comuni possono fare meglio. Non servono gli interventi a posteriori, né la ritualità dei tavoli in cui la discussione tra le parti è soprattutto, se non soltanto, formale. Bologna deve ritornare un territorio di attrazione per l’imprenditorialità più evoluta. I cittadini bolognesi devono essere concretamente aiutati a sottrarsi dalle sabbie mobili di un lavoro carente o instabile.
Giuseppe Rossi – candidato al Consiglio comunale come capolista nella lista civica Bologna Viva
(LM EXTRA n. 34, 19 maggio 2016, Speciale scomparsa di Pannella, supplemento a LucidaMente, anno XI, n. 125, maggio 2016, editing e formattazione del testo a cura di Gabriele Bonfiglioli)