Le articolate idee del Psi bolognese su Città metropolitana, Quartieri e dintorni
Nel giugno dello scorso anno il Comitato direttivo della Federazione del Partito socialista italiano di Bologna ha varato il suo programma elettorale da confrontare con le istanze politiche, economiche e sociali in previsione delle prossime elezioni amministrative del 2016. Una parte importante è stata occupata dal ragionamento sulle prospettive della Città metropolitana, sull’esigenza di prevedere sostanziosi accorpamenti dei troppi Comuni del nostro territorio provinciale, sull’elevazione delle circoscrizioni comunali in veri e propri Comuni: non rimane che riportare integralmente il testo delle determinazioni assunte.
Il nostro paese è in piena rivoluzione amministrativa, ma spesso il cittadino non ne è coinvolto, ciò determina un distacco crescente e una mancata partecipazione al voto da parte dei cittadini. Le ultime elezioni nella nostra regione e quelle svolte il 31 maggio 2015 confermano questa disaffezione ed esplicitano sempre di più la lontananza tra istituzione e cittadini. Noi socialisti riteniamo la partecipazione fondamentale per la democrazia. Per queste ragioni siamo fortemente impegnati a contrastare ogni azione o decisione tendente a escludere o ridurre gli spazi di partecipazione sia del singolo cittadino sia delle associazioni che compongono il tessuto sociale ed economico del territorio.
Ecco perché siamo contrari alla nomina del sindaco della Città metropolitana e ci impegneremo insieme a chi come noi ritiene che il sindaco della Città metropolitana sia eletto direttamente dal cittadino. Il sindaco deve rappresentare l’intero territorio provinciale e in sintonia con chi l’ha eletto. Oggi la Città metropolitana è un ente di secondo grado. Ciò significa che gli elettori non possono votare il Sindaco che vorrebbero. Questa è una palese violazione di democrazia e frode del diritto universale di libera espressione.
Siamo contrari al recente riordino dei quartieri e sosteniamo che, in virtù della legge 56 (cosiddetta Delrio), sarebbe una vera riforma attuare l’importante opportunità contenuta nella legge stessa, e cioè l’elevazione dei quartieri a veri e propri comuni (riducendoli da 9 a 5 o 6 e con un unico comune del centro storico), pervenendo a un riequilibrio e a una parità istituzionale con gli altri Comuni della stessa Città metropolitana, con ciò avviando la formazione dei suoi organi (Consiglio e sindaco metropolitani) da nominati a direttamente eletti dai cittadini creando così un ente autorevole, forte e rappresentativo di un’intera comunità, evitando il rischio che divenga una semplice espressione territoriale.
Burocrazia e tributi. Nel territorio della nostra ex Provincia vi sono diverse aliquote di tassazione, riguardanti i singoli tributi, che ogni cittadino deve versare alle casse dei Comuni. A questo si aggiungono richieste di documentazioni differenti tra Comuni per aprire un’attività commerciale, industriale o per ristrutturazioni e edificazioni. Questo sistema non fa altro che creare confusione e disparità tra cittadino di Comuni differenti. Con la Città metropolitana, noi proponiamo di uniformare il tutto e istituire specifici uffici metropolitani.
Fusioni. Attualmente nella provincia di Bologna esistono solo due fusioni di comuni, la Valsamoggia e, recentemente, Alto Reno Terme; i restanti Comuni sono aderenti a diverse Unioni comunali. Noi siamo per il superamento delle Unioni comunali e per un’accelerazione del processo di fusione, processo che dovrebbe procedere per omogeneità e affinità territoriale, amministrativa, scolastica, sanitaria, culturale, ecc.; il tutto volto a un miglior utilizzo delle risorse umane ed economiche. Le fusioni sono un’opportunità purché tutto il tessuto cittadino sia coinvolto. Occorre: 1) eliminare le Comunità Montane; 2) istituire comuni con una popolazione di almeno di 15.000 abitanti riducendo ad un terzo il numero di comuni; 3) avere una unica Usl metropolitana con accorpamento di Bologna e Imola; 4) ridurre le società e le agenzie comunali, intercomunali e regionali. In senso generale occorre legiferare unificazioni obbligatorie dei piccoli comuni pervenendo così alla diminuzione radicale del numero di sindaci, assessori, consiglieri. Le società partecipate comunali e regionali che presentano deficit gestionali vanno liquidate e in determinati casi unificate tra loro, eliminando costi di gestione per consiglieri, presidenti, consulenti.
Sulla Città metropolitana, nella speranza di una rivisitazione dell’attuale legge che consenta l’elezione diretta dei suoi organi, esprimiamo solo alcune proposte per un dispositivo elettorale che ricalchi quello per l’elezione degli organi dell’ex Provincia, cioè un sistema misto uninominale e proporzionale che garantisca la governabilità assieme a una presenza pluralistica. La divisione del numero degli abitanti per il numero ritenuto idoneo dei componenti il Consiglio metropolitano determinerebbe i collegi uninominali e gli eletti sarebbero individuati in modo proporzionale. Altra soluzione sarebbe quella prevista per i Comuni sulla base dell’attuale legge elettorale che contempla il numero degli abitanti: per la Città metropolitana, e cioè avente oltre 1 milione di abitanti (si veda la tabella in fondo), gli organi sarebbero così determinati: 48 consiglieri,12 assessori e naturalmente il sindaco metropolitano.
Lo scorso 12 gennaio il senatore socialista Enrico Buemi, assieme ad altri, ha presentato un disegno di legge per l’elezione diretta del sindaco e del Consiglio della Città metropolitana: un’utile e interessante base di discussione per una rapida approvazione che rispetti così la Carta europea delle amministrazioni locali firmata il 15 ottobre 1985 dagli Stati che aderiscono al Consiglio d’Europa, resa esecutiva con legge 30.12.1989 n. 439, la quale recita espressamente di «Consigli e Assemblee costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto e universale, in grado di disporre di organi esecutivi responsabili nei loro confronti».
Per quanto riguarda l’accorpamento dei Comuni, si ritiene opportuna una premessa per dimostrare come anche le successive proposte non rilevino nulla di nuovo ed eccezionale. Sull’ultimo numero di Mondoperaio (n. 11/12, novembre-dicembre 2015) sono riportate alcune considerazioni desunte dalla relazione e mozione (approvata ma non discussa) che il Massimo Severo Giannini presentò a Firenze al XXIV congresso del Psiup l’11-14 aprile 1946 (il 10 gennaio 1947 si ritornò alla vecchia denominazione Psi): due atti nei quali si definivano le linee del partito all’Assemblea costituente (dal 18 agosto 1945 al 13 luglio 1946 il Giannini fu capo di Gabinetto di Pietro Nenni, ministro per la Costituente).
In sintesi: organizzazione territoriale con netta separazione di funzioni locali e statali, un limite minimo di 100 mila abitanti per i Comuni (definiti comunità), federazioni di Comuni e aree metropolitane, un massimo di 12 regioni, soppressione delle province «troppo ampie sotto certi aspetti e troppo piccole sotto certi altri», sistema monocamerale, modello presidenziale e sistema elettorale maggioritario. A riprova della lungimiranza (e, purtroppo, della non accoglienza) delle proposte di Giannini, è opportuno ricordare anche il contributo che lo stesso produsse quale capo dell’Ufficio legislativo (14 luglio 1946-1° giugno 1947) del Ministero dell’Industria retto da Rodolfo Morandi sui Consigli di gestione, ritornato ultimamente di moda; ma questa è un’altra storia.
Sulla base di quanto ricordato, si è formulata un’ipotesi (si veda l’apposita tabella) che, peraltro travalicando l’indicazione dei 15 mila abitanti, prevede la suddivisione dell’intero territorio in 9 comuni sia mantenendo inalterato quello di Bologna sia prevedendo per esso lo scorporo in veri e propri Comuni. I criteri di massima si possono così sintetizzare: omogeneità per il sistema elettorale: uniformità nella composizione degli organi; contiguità territoriale; rispetto dei confini comunali; facilità nei collegamenti viari; possibilità di svolgere funzioni in capo ad altri enti; possibilità di dotarsi di strutture tecniche, giuridiche e operative autosufficienti superando il ricorso alle troppe consulenze cui sono costretti soprattutto i piccoli comuni; equilibrio, per quanto possibile, nel numero di abitanti; superamento di altri enti esistenti e delle unioni comunali; miglior utilizzo delle risorse e soprattutto del personale. Come si evince dalla citata tabella, si riduce notevolmente il personale politico con una riduzione di ben 46 sindaci, 548 consiglieri e 38 assessori.
L’ultima proposta riguarda, invece, la speranza di un’elevazione delle circoscrizioni bolognesi in veri e propri comuni. Due ne sono gli obiettivi: da un lato avviare un processo, peraltro previsto nella legge 56/2014, propedeutico all’elezione diretta degli organi metropolitani, processo lungo e complicato, e, dall’altro lato avere un quadro complessivo post ristrutturazione raggiungendo un equilibrio tra enti, almeno per il numero di abitanti e sistemi elettorali.Per Bologna sono previsti 5 quartieri con uno unico nel centro storico, superando quell’anomalia che non è stata superata con la recente ristrutturazione che troverà applicazione dal prossimo anno.
La fusione, diversamente dalle altre forme di associazionismo, comporta l’integrazione dei comuni preesistenti e la costituzione di un unico ente, nel quale sono aggregate le risorse finanziarie, umane e tecnologiche, che possono consentire l’ottimizzazione dei servizi esistenti e, talora, anche il loro ampliamento. Si ritiene, inoltre, che le fusioni non abbiano i limiti evidenziati per le unioni, poiché, costituendo un ente unico, non dovrebbe esserci il rischio di eventuali duplicazioni di atti, procedure e banche dati. La stessa rappresentanza politica, espressione di un territorio più vasto, farebbe aumentare la forza contrattuale nei confronti dei fornitori, accrescere la potenziale capacità di negoziazione istituzionale con amministrazioni locali di pari livello e di livello più elevato, acquisire un nuovo ruolo verso gli utenti. La maggiore dimensione e le conseguenti economie di scala dovrebbero consentire risparmi sui costi, sia della struttura comunale, grazie alla razionalizzazione dei servizi e all’accorpamento degli uffici, sia della politica, dovuti alla diminuzione dei consiglieri comunali, assessori e sindaci.
Mentre sulle economie teoriche derivanti dall’accorpamento dei comuni di piccole dimensioni sono stati prodotti studi e ricerche (Ministero dell’Interno, febbraio 2015 e Regione Emilia-Romagna) che ne attestano la fattibilità, più complesso è determinare i risparmi economici per gli accorpamenti proposti, risparmi che devono essere conteggiati al netto dei “premi” erogati dallo Stato e dalla Regione. Si coglie l’occasione per evidenziare che la minore spesa per la riduzione degli amministratori locali deve essere valutata sia con la previsione degli organi metropolitani direttamente eletti, sia con l’istituzione delle presidenze dei Consigli Comunali, al netto di quelle operanti nei Comuni sopra i 15 mila abitanti, sia in quelli, previsti dagli statuti, minori.
La strada da seguire è quella di sollecitare le istituzioni e le associazioni a promuovere iniziative per l’accorpamento dei Comuni sulla base dei previsti studi di fattibilità da sottoporre poi ai cittadini per il loro pronunciamento referendario. A questo riguardo è importante giungere al convincimento degli abitanti delle zone interessate sulla base non solo della necessità di razionalizzazione della spesa pubblica e il carico burocratico sempre più articolato in capo ai Comuni, assieme a una nuova visione meno frammentata del territorio, ma con progetti di fattibilità che dimostrino la maggiore efficienza, migliori servizi e quindi un risparmio concreto che può essere instradato verso benefici evidenti per la comunità.
Nel nostro territorio non si parte da zero: il pregevole studio di fattibilità, contenuto nelle 280 pagine elaborate per la fusione dei Comuni dell’Unione Reno Galliera, da aggiornare con dati più recenti, può essere sviluppato in tutti gli altri ambiti territoriali. Un buon supporto è senz’altro la già iniziata esperienza del Valsamoggia per la quale c’è da fare una sola precisazione: davanti alle molte possibili resistenze alla fusione, la prima fra tutte, quella che a lungo ha impedito l’adozione di questo strumento di riordino, riguarda la soppressione dei Comuni preesistenti e la conseguente perdita d’identità (politico-istituzionale, sociale e culturale) della relativa popolazione. La possibilità della facoltativa creazione di Municipi che possono ridimensionare tali criticità si ritiene non idonea se si creano aspettative ingiustificate caricando questi organi di compiti ambigui e burocratici che corrono il rischio di confondere decentramento dei servizi con decentramento politico, megafoni delle maggioranze (o delle minoranze). Più che con regolamenti farraginosi (con l’unica prospettiva di produrre le frustrazioni per i troppi pareri, ancorché obbligatori, mai vincolanti), forse con il buon senso è possibile raggiungere un miglior rapporto tra cittadino e amministratori, con incarichi ad assessori o consiglieri quali referenti delle vecchie zone, con i quali rapportare i sempre più numerosi comitati che nascono, vivono e si esauriscono su problematiche specifiche.
Bologna, 8 febbraio 2016
Franco Ecchia e Marco Strada – Federazione provinciale del Psi di Bologna
(LucidaMente, anno XI, n. 123, marzo 2016; editing e formattazione del testo a cura di Gabriele Bonfiglioli)
Tabella proposta fusione dei Comuni della provincia di Bologna
Comune |
Abitanti* |
Composizione
Consiglio comunale |
Sindaco
|
Assessori
Comuni + 15.000 |
Assessori
Comuni -15.000 |
A
– Imola – Mordano – Fontanelice – Borgo Tossignano – Casalfiumanese – Castel del Rio |
84.277
69.614 4.691 1.948 3.332 3.469 1.223 |
24
24 12 10 12 12 10 |
1
1 1 1 1 1 1 |
7
7 |
4 2 4 4 2 |
B
– Castel S.P.T. – Ozzano dell’Emilia – Medicina – Dozza – Castel Guelfo |
61.925
20.815 13.345 16.774 6.546 4.445 |
24
16 16 16 12 12 |
1
1 1 1 1 1 |
7
5
5 |
5
4 4 |
C
– San Lazzaro di S. – Pianoro – Loiano – Monghidoro – Monterenzio – San Ben. V.d.S. – Monzuno |
74.244
31.851 17.377 4.393 3.842 6.030 4.364 6.367 |
24
24 16 12 12 12 12 12 |
1
1 1 1 1 1 1 1 |
7
7 5
|
4 4 4 4 4 |
D
– Vergato – Marzabotto – Castiglione d.P. – Gaggio Montano – Porretta Terme – Granaglione – Grizzana Morandi – Castel di Casio – Lizzano in B. – Camugnano – Castel d’Aiano |
46.004
7.725 6.856 5.826 5.002 4.789 2.244 3.921 3.462 2.285 1.967 1.927 |
24
12 12 12 12 12 10 12 12 10 10 10 |
1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 |
7 |
4 4 4 4 4 2 4 4 2 2 2 |
E
– Casalecchio di R. – Sasso Marconi |
50.938
36.295 14.643 |
24
24 16 |
1
1 1 |
7
7
|
5 |
F
– Zola Predosa – Valsamoggia – Monte San Pietro |
59.670
18.593 30.149 10.928 |
24
16 24 16 |
1
1 1 1 |
7
5 7 |
5 |
G
– S. Giovanni in P. – Anzola dell’Emilia – Calderara di Reno – Sala Bolognese – Sant’Agata B. – Crevalcore |
82.519
27.721 12.227 13.360 8.362 7.291 13.558 |
24
16 16 16 12 12 16 |
1
1 1 1 1 1 1 |
7
5
|
5 5 4 4 5 |
H
– Castel Maggiore – Argelato – Castello d’Argile – Pieve di Cento – San Giorgio di P. – Bentivoglio – San Pietro in C. – Galliera |
72.533
17.914 9.750 6.521 7.008 8.440 5.489 12.025 5.431 |
24
16 12 12 12 12 12 16 12 |
1
1 1 1 1 1 1 1 1 |
7
5 |
4 4 4 4 4 5 4 |
I
– Budrio – Molinella – Castenaso – Granarolo – Minerbio – Baricella – Malalbergo |
84.833
18.354 15.907 14.669 11.258 8.730 6.923 8.992 |
24
16 16 16 16 12 12 12 |
1
1 1 1 1 1 1 1 |
7
5 5 |
5 5 4 4 4 |
Totale |
616.988 |
216 |
9 |
63 |
|
Bologna ** | 384.202 | 36 | 1 | 10 | |
Totale generale |
1.001.190 |
252 |
10 |
73 |
|
Totale | – | 800 | 56 | 78 | 169 |
** Si è ipotizzato il Comune di Bologna senza l’elevazione dei quartieri in Comuni (si veda il prospetto più avanti).
Tabella riassuntiva
Descrizione | Sindaci | Consiglieri *** | Assessori**** |
Comuni attuali | 56 | 800 | 111 |
Comuni dopo riduzione | 10 | 252 | 73 |
Totali | – 46 | – 548 | – 38 |
**** Nei Comuni sopra i 15.000 abitanti gli assessori sono incompatibili con l’incarico di consigliere. Nei Comuni inferiori ai 15.000 abitanti gli assessori sono stati indicati nel numero previsto dalla L. 56 c.s. Poiché non esiste incompatibilità con l’incarico di consigliere comunale e perché quasi tutti gli statuti prevedono la possibilità di nominare assessori non consiglieri, del numero totale degli assessori nei Comuni inferiori a 15.000 abitanti si è calcolato solo un 20 % (assessori nei Comuni sopra i 15.000 abitanti 78 + 20 % di 169 assessori Comuni inferiori 15.000 abitanti =33 Totale 111).
Proposta trasformazione quartieri di Bologna in Comuni*
Quartieri | Abitanti | Consiglieri | Sindaci | Assessori |
Centro Storico | 52.692 | 24 | 1 | 7 |
Nord | 83.395 | 24 | 1 | 7 |
Sud | 83.395 | 24 | 1 | 7 |
Est | 83.395 | 24 | 1 | 7 |
Ovest | 83.395 | 24 | 1 | 7 |
Totale | 386.272 | 120 | 5 | 35 |
* S’ipotizza un unico Comune del centro storico e la suddivisione in altri 4 Comuni.
Raffronto con l’attuale situazione
Descrizione | Consiglieri | Sindaci | Assessori |
Proposta | 120 | 5 | 35 |
Previsioni 2016 | *126 | **7 | ***10 |
Differenza | -6 | -2 | +25 |
* 36 Consiglieri comunali + 90 consiglieri di quartiere.
** 1 Sindaco + 6 presidenti di Quartiere.
*** Assessori Comune di Bologna.
Riepilogo complessivo post ristrutturazione
Descrizione | Consiglieri | Sindaci | Assessori |
Comuni accorpati | 216 | 9 | 63 |
Comuni/quartieri | 120 | 5 | 35 |
Totale amministratori | 336 | 14 | 98 |
Attuali | 800 | 56 | 111 |
Differenza | -464 | -42 | -13 |
Città metropolitana | 48 | 1 | 12 |
Differenza | -416 | -41 |
-1 |