In “Galileo Galilei. Assolto in Cassazione” (Herkules Book), il giovane sacerdote Francesco Cristofaro immagina cosa avrebbe scritto il pisano in un’ipotetica autobiografia scritta dopo il suo celebre processo
Si può parlare del padre del metodo sperimentale Galileo Galilei sotto svariate forme e tanti sono i saggi e le opere su di lui. Tuttavia, ci vuole una buona dose d’ironia e preparazione per sostituirsi alla penna dello scienziato pisano e immaginarsi un’autobiografia basata sulla vicenda che caratterizzò la sua vita, ossia l’accusa di eresia con il relativo processo che, nonostante l’abiura, lo portò alla condanna e all’esilio. È quanto ha realizzato Francesco Cristofaro, trentaseienne sacerdote calabrese, con il saggio Galileo Galilei. Assolto in Cassazione (Herkules Book, pp. 136, € 8,50).
La teoria aristotelico-tolemaica o geocentrica,secondo la quale la Terra era al centro dell’universo e il Sole e i pianeti vi giravano attorno, era stata fatta propria dalla Chiesa e metterla in dubbio significava attentare a quella che era considerata allora una verità incontestabile dell’autorità ecclesiale. «Un errore» spiega in appendice al saggio il teologo Costantino di Bruno «non di rivelazione ma di lettura e interpretazione della stessa da parte di uomini». Processato e condannato all’esilio forzato nella sua villa toscana ad Arcetri, Galilei verrà assolto da papa Giovanni Paolo II dopo ben 350 anni dalla sua morte, il 31 ottobre 1992. Alla luce di questa riapertura del caso da parte della Chiesa, don Cristofaro ha inteso rivalutare con uno stile peculiare lo scienziato pisano, l’uomo, il credente e soprattutto il padre, immaginando un’autobiografia sulla famosa vicenda processuale composta proprio per i figli.
«La mia penna è stata la sua penna» commenta l’autore dell’immaginaria autobiografia. Una penna che il vescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone, considera «simpatica» e in grado di stimolare gli spiriti più “curiosi”. Si tratta di un testo accessibile perché scritto con un linguaggio moderno e semplice. Stimolante quel «dovevo difendere il mio metodo sperimentale, non potevo fare come gli struzzi, volevo far capire che scienza e fede potevano convivere senza litigare».
Da conoscitrice delle critiche e dei saggi su Galilei mi piace pensare che, quando si parla dell’abiura fatta per i figli, ci si riferisca non solo a loro ma all’intera generazione di discepoli che, grazie a essa, ha avuto la possibilità di ereditare grandi conoscenze. L’intento del libro pare essere proprio quello di riaccreditare a 360 gradi la figura dello studioso che, in realtà, come padre, qualche pecca di troppo sembrerebbe averla avuta. Secondo Bertolone, poi, «Cristofaro ha voluto far parlare il suo Galilei nel modo più coerente con il suo progetto». Progetto che, come scrive lo stesso autore nell’introduzione, evidenzia «la ricerca della verità» che spinse, nel 1979, Karol Wojtyla a porre fine alla condanna del filosofo e astronomo pisano, annunciando di aver costituito una commissione di scienziati per il suo caso specifico.
Le immagini: la copertina del libro, raffigurante Galileo Galilei, el’autore del saggio, nella stessa retrocopertina del volumetto.
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno X, n. 117, settembre 2015)